Egocentrici

1.4K 65 2
                                    

La macchina scura girò nel vialetto sterrato, sbandando e facendo sbattere la fronte di Liv che si era addormentata con la testa appoggiata al finestrino, facendole fare un ciocco secco.
"Merda." sussurrò portandosi una mano sulla tempia e massaggiandola piano mentre gli occhi cominciavano a mettere a fuoco il quartier generale degli Avengers.
Egocentrici – pensò osservando lo stemma gigante su una facciata dell'edificio.
"Siamo arrivati." annunciò Maria voltandosi verso la ragazza mentre stava addentando un altro muffin.
Era ormai sera, la torre era illuminata artificialmente così come il vialetto che li stava accogliendo.
La ragazza si sedette composta, stiracchiandosi la schiena e dandosi una sistemata ai capelli con una mano. Non appena la macchina venne parcheggiata davanti alla porta di ingresso, aprì la portiera e scese dalla vettura, trascinando con sé la valigia scura. Entrarono nell'edificio e non appena le porte di vetro oscurato si aprirono riuscì a vedere in piedi che li attendeva Steve. Non era cambiato. Accanto a lui una ragazza.
Lasciò cadere il trolley e superò veloce i due agenti, correndo verso l'amico e buttandosi tra le sue braccia, stringendolo. Lui ricambiò immediatamente l'abbraccio facendo sprofondare il viso e le mani tra i ricci di lei.
"Steve!" gridò.
"Olivia!" rispose lui.
"Steve." ripeté lei, sciogliendo l'abbraccio e tirandogli uno schiaffo in pieno viso.
Lui si coprì la guancia con una mano, massaggiandola appena, mentre la ragazza dai capelli ramati che gli stava accanto si mise tra i due, portando una mano sulla fondina della pistola e guardandola con aria di sfida. Dopo pochi istanti l'uomo poggiò una mano sulla spalla della compagna di squadra, ridendo.
"Non preoccuparti, Nat. Me lo sono meritato. – scosse il viso facendo di nuovo un passo verso la giovane e scompigliandole i capelli. – Non ero sicuro avresti accettato."
La ragazza alzò un sopracciglio confusa.
"È uno dei tuoi stupidi piani?" domandò seria, incrociando le braccia al petto. Lui scosse il viso.
"Ma ero sicuro che se fossi venuto io a proportelo, avresti detto di no. – rispose – Io ho solo detto loro dove potevano trovarti."
L'ultima volta che Steve si era presentato da lei con una missione, avevano rischiato entrambi la vita, lei era finita in ospedale per circa un mese e poi in terapia per due anni. Lui aveva provato a farsi rivedere, ma ogni volta lei lo cacciò malamente, evitandolo.
"Ti sei presentato tu davanti a casa mia ieri sera? La mia vicina ti ha visto." chiese, cercando di risolvere il mistero.
Lui la guardò per alcuni istanti aggrottando la fronte confuso, ma non rispose.
"Ti presento gli altri." disse quindi prendendole la valigia e cominciando a salire le scale, seguito da Nat, poi da Olivia ed infine da Fury e Maria.

Raggiunsero una sala piena di persone dall'aspetto più o meno bizzarro. Non era abituata. Erano anni che viveva in posti normali, circondata da persone normali. Tutti si voltarono a guardarla.
"Ragazzi, lei è la ragazza di cui vi parlavo, Olivia!" annunciò Steve prendendola per le spalle e mostrandola a tutti quasi come se fosse uno strano esemplare di qualche animaletto selvatico. Lei fece un cenno con la mano.
Sui loro volti era stampata un'espressione confusa, quasi divertita. Pensavano fosse uno scherzo?
"Ripetici che cosa sa fare..." domandò uno di loro a Steve, alzando un sopracciglio.
"Manipolo gli elementi." rispose secca lei. Odiava quando le persone non si indirizzavano direttamente a lei, non aveva bisogno del papà che le rispondeva alle domande.
"Dimostrazione?" chiese un altro.
I loro volti scettici la stavano facendo innervosire.
Alzò una mano e la puntò verso una brocca d'acqua posizionata sul tavolo, facendo levitare il liquido al suo interno sopra alle loro teste e riportandolo poi nel contenitore.
Ancora poche reazioni. Solo qualcuno di loro sembrava appena colpito.
"Tutto qui? A cosa può servirci una che fa svolazzare l'acqua?" sbottò un uomo col pizzetto, incrociando le braccia al petto.
Alzò un sopracciglio nervosa. L'avevano fatta andare in quel posto da ricconi per prendersi gioco di lei?
Fece un passo verso l'uomo, puntandolo con una mano e chiudendo appena le dita. Questo in pochi istanti si portò le mani alla gola aprendo le labbra annaspando. Il suo volto diventò rosso.
"Può bastare, Liv." le disse Steve poggiando una mano sulla sua spalla. Lei riaprì la mano e la riportò lungo il proprio fianco mentre osservava quasi soddisfatta il volto dell'uomo che stava tornando di un colore normale, tossendo.
Ora sui volti della squadra era comparso un sorrisetto compiaciuto. E non avevano ancora visto che cosa poteva fare con il sangue.
"Olivia farà parte della squadra per la missione Ryan. Domani darò a tutti i dettagli che mancano. Buonanotte." disse Fury uscendo dalla stanza seguito da Maria. Tutta la squadra si sparpagliò e andarono ad uno ad uno a presentarsi alla nuova arrivata.

Sembrava una riunione di fenomeni da baraccone. Quello che poteva alzare un divano con una mano, quella che lanciava i coltelli, quella che faceva strane cose con le mani, quello che si rimpiccioliva o diventava enorme... Olivia passò quasi un'ora a cercare di ricordare i nomi di tutti e quello che sapevano fare, cercando di immagazzinare il maggior numero di informazioni da utilizzare poi in missione.
Nonostante non entrasse in azione da tempo, era una perfezionista, era così che le era stato insegnato dai sui mentori.
Fury l'aveva informata che Steve, dato che era l'unica persona che la conosceva, si era offerto di ospitarla nel suo appartamento non lontano dalla torre, così da non lasciarla sola in una città nuova come New York. Nonostante i numerosi traslochi, non era mai stata nella Grande Mela.

Intorno a mezzanotte, tutti tornarono a casa e così fecero anche Olivia e Steve, il quale insistette per portarle la valigia come un gentiluomo. Camminarono per non più di una decina di minuti fino a che non arrivarono a una palazzina dall'ingresso illuminato a giorno.
"Buonasera signor Rogers, buonasera signorina." li salutò un uomo dai capelli bianchi che stava in piedi sulla porta. Entrambi ricambiarono con un cenno della testa ed un sorriso, poi si diressero veloci verso il quinto piano, dove si trovava l'appartamento di Steve.
"Che lusso! È da molto che vivi qui? Quell'uomo sembrava conoscerti bene!" disse la ragazza entrando nell'ascensore.
Lui scosse la testa ridendo e premendo diverse volte il tasto con inciso il numero cinque.
"Mi conoscono molte persone, qui. Captain America è molto rinomato da queste parti, non so se nel tuo paesino sia lo stesso..." la canzonò lui, uscendo dall'ascensore e dirigendosi verso la propria porta, aprendola e facendo entrare la ragazza.
Si guardò intorno. Era tutto così ordinato. Non poteva essere di nessun altro se non di Steve.

Le mostrò la sua stanza, lasciando che si cambiasse e preparandole una tisana calda. Poi bussò di nuovo alla porta.
"Entra!" urlò lei mentre si trovava intenta a mettere via gli ultimi vestiti nell'armadio che il ragazzo le aveva preparato.
Lui le porse una delle due tazze e le fece cenno di uscire sul piccolo terrazzino che dava sulla città.
"Come ti senti?" le domandò, poggiandosi con la schiena contro al muro.
Lei alzò le spalle.
"Avevo detto che non sarei più tornata in missione e non avrei più utilizzato i miei poteri." sospirò la ragazza, facendo tintinnare l'anello argenteo che stava indossando sul corrimano in acciaio. Steve le cinse le spalle con un braccio e lei poggiò la testa alla sua spalla. Era così tanto tempo che non sentiva il calore di qualcuno.
"Mi sei mancata, piccolina." disse quindi lui, lasciandole un bacio tra i capelli. Lei si lasciò scappare un sorriso.
Ricordi le invasero la mente con la stessa velocità con cui i suoi occhi si riempirono di lacrime.
Si strinse a lui. Non era cambiato nulla. Il suo profumo, i suoi abbracci e le sue parole dolci.
"Anche tu, Steve." rispose a mezza voce.
Il ragazzo la guardò per alcuni istanti. La luce della luna che penetrava dalla vetrata le colpiva il viso dai lineamenti fini e le faceva brillare gli occhi e le labbra ricoperte da un gloss lucido. Anche lei non era cambiata molto. Si era fatta solo un po' più donna. Ora poteva osservare come il suo corpo aveva cambiato le forme e nei suoi occhi si era accesa quella scintilla di maturità che faticava a vedere quando l'aveva conosciuta.
In fondo aveva solo 16 anni, al tempo.

Keep Under WrapsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora