La mattina successiva sembrò non arrivare mai. La notte era diventata interminabile, il cielo non aveva alcuna intenzione di schiarirsi.
Solo quando sentì il rumore metallico della sveglia di Steve dalla stanza accanto riuscì a tirare un sospiro di sollievo. Finalmente poteva alzarsi e andare in missione, poi tornarsene a casa una volta per tutte. Presto sarebbe andata a Cork, in Irlanda. Magari lì sarebbe sfuggita da tutti e nessuno l'avrebbe più cercata.
Uscì dalla stanza ed entrò in cucina dove Steve era in piedi a preparare del caffè. Si voltò verso di lei.
"Buongiorno, piccolina." le disse sorridendole e versandosi una tazza di caffè, porgendone poi una alla ragazza. Lei la prese e poggiò le labbra al bordo di essa, bevendo un sorso del liquido amaro che conteneva.
"Mi dispiace per ieri..." disse poi, guardando distrattamente il liquido nero che stava bevendo. Le ricordava tanto quel maledetto siero.
Steve scosse il viso.
"Non preoccuparti, Buck mi ha detto che gli dispiace averti fatto questo effetto." la informò. Lei scosse le spalle. Non voleva parlarne di nuovo, una notte in bianco era stata più che sufficiente per farle iniziare male la giornata.Erano le nove e mezza e la squadra era pronta. Olivia era ferma al centro del parco, seduta in incognito su un telo a quadretti insieme a Peter ed un cesto di vimini. La trovava una situazione molto ironica che le riportò alla mente il suo primo appuntamento con Bucky, quando la fece camminare per almeno due ore per trovare il posto giusto per un pic-nic. Scosse il viso. Ricordare il passato la faceva sentire debole.
"Via libera." disse Tony attraverso il trasmettitore.
La ragazza avrebbe dovuto servirsi dei propri poteri per riconoscere e bloccare gli ipotetici sicari, attraverso la lettura del vento. Si trattava di una tecnica di meditazione per cui era in grado di modificare il vento per portare verso di sé tutte le parole pronunciate dalle persone nel parco, per trovare i killer.
"Tocca a te." la informò Peter.
"Lo so." sbottò lei, chiudendo gli occhi. Odiava quando le persone le davano ordini e in quel momento si stava ancora chiedendo perché chiamassero lei e non usassero delle stupide cimici. "Scusami." aggiunse poi, aprendo un occhio e guardando Peter con un piccolo sorriso. Non voleva essere scortese.
Inspirò profondamente e una serie di parole confuse le giunsero all'orecchio. Doveva ordinarle. Finalmente delle frasi di senso compiuto. Pochi istanti dopo riaprì improvvisamente gli occhi.
"Tutti." si limitò a dire.
"Tutti?" domandò Peter, guardandosi intorno. C'erano almeno un centinaio di persone solo nel loro raggio visivo.
La ragazza annuì veloce, alzando lo sguardo su Nat che stava nascosta su un albero non molto lontano da loro.
"E allora facciamoli fuori tutti. – disse lei, estraendo un coltello dalla cintura – Lo vedo."
Dall'entrata ovest si stava avvicinando il signor Ryan con la sua scorta. Non erano stati avvisati dell'attentato.
Steve e Peter si sarebbero occupati di portare in salvo l'uomo e i suoi agenti, mentre gli altri avrebbero combattuto con il nemico per poterli distrarre e mettere fuori gioco.
Non appena videro il primo movimento sospetto, tutta la squadra si buttò all'attacco contro i sicari. Sarebbe stato un colpo con il 110% di successo, erano stati chiamati i sicari più pericolosi del paese.
Liv si scagliò contro una donna con un passeggino vuoto al suo fianco, facendola fluttuare per alcuni istanti e scaraventandola poi contro ad un albero. La guardò per alcuni secondi, inclinando il viso di lato. Era ancora capace. Qualcosa, però, la colpì forte sulla nuca, facendola cadere per terra. Si voltò veloce e osservò per pochi secondi un uomo con un'enorme cicatrice sull'occhio sinistro ed una pistola in mano puntata verso il suo viso.Improvvisamente le sembrò di vedere intorno a sé il campo di battaglia. Era il 1944, in Francia. Lei era stesa a terra con un braccio ferito da una granata. Se lo stava stringendo forte, come se questo potesse alleviarle il male, ma il dolore lancinante le impediva di mantenere gli occhi aperti.
"Uccidetelo." disse una voce roca con un forte accento tedesco.
Cercò di riaprire gli occhi, mettendo pian piano a fuoco quello che le stava intorno. Davanti a lei con un fucile puntato sulla sua fronte, vi era un uomo dagli occhi stanchi. La stava guardando.
"Est une fille." disse il soldato, notando che si trattava di una ragazza.
Il generale si chinò su di lei e le strappò la maschera, buttandola lontano in mezzo alle macerie.
"Ancora meglio." rispose. Era così vicino che poteva sentire il suo alito pesante anche se respirava a fatica. Trattenne un conato di vomito e chiuse gli occhi di nuovo, pregando che qualcuno della sua squadra tornasse a prenderla.
Era stata affiancata alle tre ragazze che tanto la detestavano e, casualmente, una di loro non aveva urlato abbastanza alla vista di una granata nella loro direzione, così Liv ne rimase ferita in campo nemico. Non sarebbero tornate. Lo sapeva. Si sentì gli occhi riempirsi di lacrime e cominciava a sentire la mano del generale tastare sopra ai suoi vestiti.
Provò con i propri poteri, ma un dolore lancinante la fece bloccare.
Improvvisamente sentì una raffica di spari che le fecero chiudere gli occhi. Quando li riaprì tutti i nemici erano morti. La testa pesante del generale era riversa sulla sua pancia con un rigolo di sangue che gli usciva dalla bocca aperta. Cercò di urlare, ma era troppo debole per farlo.
"Liv." una voce familiare provenne dalla sua sinistra e pochi istanti dopo Bucky era chino su di lei. Spostò con forza l'uomo morto che le giaceva addosso e la prese in braccio, facendo attenzione a non farle male, riportandola verso il gruppo prima di tornare a casa.Come un dejà-vu, una scarica di colpi si scagliò sull'uomo davanti a lei, facendolo cadere per terra. Lei si guardò intorno, cercando Bucky con lo sguardo. Ma questo non arrivò. Ecco che cosa c'era di diverso.
"Tutto bene?" le domandò Clint avvicinandosi a lei e porgendole la mano. Lei la strinse e si alzò, annuendo.
– Devi smetterla di pensare al passato. Pensa al presente. – si ripeté nella mente mentre con alcuni rami intrappolò un altro nemico che stava per attaccarli.
Si voltò di scatto, guardando la scena intorno a loro. Il signor Ryan sembrava essere stato portato al riparo ed i sicari erano quasi tutti fuori gioco. Si incamminò lentamente verso un angolo del parco verso la strada principale.
Bucky era sopra ad un uomo, lo teneva fermo con le ginocchia e gli stava stringendo la gola, schiacciandogli la testa contro il marciapiede. Rimase immobile e per alcuni istanti fu in grado di vedere lei al posto dell'uomo asiatico dal volto tumefatto che stava ricevendo una scarica di pugni da Bucky. Cacciò un urlo, riuscendo a sentire sulla propria pelle il dolore di quella volta a Philadelphia. Bucky si voltò verso di lei. Aveva una mano chiusa a pugno in aria e stava stringendo un coltello. Il suo sguardo divenne subito preoccupato. L'aveva visto rifare la stessa cosa che, anni prima, aveva fatto a lei.
Abbassò veloce la mano e si alzò, facendo alcuni passi nella sua direzione.
La figura del ragazzo era mutevole. Per un istante vide il James che tanto amava. Subito dopo, questo si trasformò nel terribile assassino che voleva ucciderla. Poi tornò il venticinquenne in divisa. Quindi l'uomo con cui stava bevendo una birra la sera prima che diceva che, in fondo, i ragazzi italiani non sono adatti a lei.
Confusa, la ragazza gridò di nuovo, terrorizzata. Una voragine si aprì al centro della grande strada che stava davanti a lei. Il corpo quasi senza vita del sicario venne inghiottito e, con esso, anche numerosi civili vennero trascinati all'interno della voragine. Non appena si rese conto di quello che aveva fatto, si pietrificò.
"Olivia..." alle sue spalle, una voce flebile.
Si voltò di scatto. Tutta la squadra era dietro di lei, qualcuno provò ad aiutare le persone che stavano morendo per colpa sua. Il volto di Steve era deluso. Non vi era altra descrizione.
Tony fece un passo verso di lei. Il suo sguardo era arrabbiato, deluso e soprattutto schifato. La ragazza abbassò gli occhi.
"Credo tu debba andartene." le disse senza giri di parole. Poi la superò, in silenzio, correndo verso la voragine alle sue spalle e cercando di aiutare. Non riuscì a sentire altro se non urla strazianti, sirene e pianti.
Rimase immobile per pochi istanti prima di alzare lo sguardo verso il gruppo. Si avvicinò a Steve, alzando il viso verso il suo. Non la riusciva nemmeno a guardare in faccia.
"Mi dispiace. Per tutto." si limitò a dire, per poi voltarsi e camminare verso l'appartamento dell'amico per poter prendere le proprie cose.Entrò e si tolse i vestiti che indossava, mettendosi un paio di jeans ed una maglia nera, poi buttò tutto nella valigia e la chiuse con forza. Era arrabbiata e delusa. Delusa da sé stessa. Delusa dai suoi stupidi poteri. Delusa dal fatto che, nonostante la terapia e le medicine, non fosse in grado di superare la sua stupida paura per Bucky. E tantomeno era in grado di superare il suo ancora più stupido amore per James.
Poggiò le chiavi sul tavolino della sala ed uscì, in silenzio, dirigendosi verso la stazione per prender il primo autobus che l'avrebbe riportata a casa. A Wilmington.
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Keep Under Wraps
Science FictionLa cosa peggiore di un amore così intenso e proibito, è che ti lascia una cicatrice sul cuore che non si può rimarginare. E non è vero che il tempo guarisce. Solo un lavaggio del cervello può farlo. O forse, a volte, nemmeno quello. La storia prende...