Ricordi

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I cartoni sporchi della pizza erano impilati disordinatamente sul bancone ed il tavolo era costellato di bottiglie di birra vuote. Intorno ad esse il gruppo rideva e parlava tranquillo sotto la luce calda della lampada. Fuori dalla finestra, il cielo si era riempito di stelle.
I quattro si buttarono sul divano, stanchi. I ragazzi avevano fatto un lungo viaggio per raggiungerla.
"Venite, vi mostro dove potete dormire." disse ad un tratto la ragazza, notando i loro volti stanchi. Si alzarono a fatica e li guidò fino ad una stanza chiusa. Al suo interno un letto era appoggiato alla parete ed aveva messo a terra il suo vecchio materasso, in modo da farli stare comodi.
"Non è molto, ma non mi aspettavo ospiti." ridacchiò imbarazzata lei. Steve le cinse le spalle con un braccio e le lasciò un bacio tra i capelli.
"Non ti preoccupare, è perfetto." la rassicurò.
Diede loro la buonanotte, uscendo quindi dalla stanza e dirigendosi verso la propria, chiudendosi la porta alle spalle. Si mise una maglia rosa ed un paio di pantaloncini neri, poi si infilò sotto alle coperte. La sua testa non aveva alcuna intenzione di stare ferma, così come la stanza che continuava a girare.

Rimase a fissare il soffitto per più di mezz'ora, poi decise di scendere a bere dell'acqua. I piedi nudi facevano un leggero rumore a contatto con il pavimento in legno.
Prese dell'acqua dal frigorifero e riempì un bicchiere, poi bevve veloce. Molto meglio. Ripeté l'azione, poi si avvicinò alla finestra che dava sulla veranda, scostando lentamente la tenda con la mano.
Uscì dalla porta avvolta in una coperta di pile che giaceva sul divano, due bicchieri d'acqua in mano.
"Hey..." disse piano.
Bucky era seduto sul dondolo in legno con i gomiti appoggiati alle ginocchia. Si voltò verso di lei, la quale gli porse uno dei due bicchieri.
"Ciao..." rispose lui. La sua voce era bassa e calda. Il suo sorriso appena accennato. Le fece posto per sedersi accanto a lui.
"È tutto okay?" gli chiese mentre si sedeva, bevendo un sorso di acqua e appoggiando poi il bicchiere sul tavolino davanti a loro. Lui annuì, poi si voltò verso di lei.
"Tu?" domandò.
Si strinse nelle spalle, poi annuì piano. Gli era mancato e non sapeva come dirglielo. Era così diverso ora che lui era lì con lei. Ora che potevano parlare. Ora che non lo credeva più morto.
"Mi sei mancata, Olivia." disse poi lui, tutto d'un fiato. Non c'era stato bisogno di fare il primo passo. Lei sorrise.
"Anche tu, James."
Il rumore flebile dei grilli stava facendo loro da sottofondo, coprendo i lunghi silenzi che si andavano a creare tra una battuta e l'altra. Volevano essere cauti.
"Nessuno mi ha mai chiamato James, solo tu." la informò, accennando ad una piccola risata. Era buffo come nessuno usasse mai il suo vero nome. Lei rise ed abbassò lo sguardo. In quel momento si rese conto che, forse, le farfalle nello stomaco non le erano mai sparite.
Spesso, soprattutto i primi momenti dopo Philadelphia, le capitava di vedere Bucky per strada e sentire nel proprio stomaco una strana sensazione. Prima era paura. Poi rabbia. Dopo ancora diventò tristezza. Ma ora era quasi sicura che fosse amore, quello che sentiva.
Mentre pensava, qualcosa le sfiorò la mano. Vi rivolse lo sguardo e notò le loro dita che si stavano toccando. Sorrise di nuovo e alzò lo sguardo verso di lui. Le strinse piano la mano. Dopo anni riuscì a sentire ancora il cuore in gola.
Rimasero in silenzio ancora per qualche istante, prima che lei potesse prendere coraggio e fargli la fatidica domanda.
"Che cosa è successo, James?" gli chiese. Sentiva le mani inumidirsi, la schiena riempirsi di brividi gelidi. Lui abbassò lo sguardo e rimase in silenzio per qualche istante prima di spiegarle come fosse stato ritrovato, ancora vivo. Del lavaggio del cervello, delle stragi e della missione di Philadelphia per uccidere Fury. La sua voce era rotta, tanto che ogni manciata di parole doveva fermarsi per prendere fiato. La ragazza gli stava accanto, ascoltandolo in silenzio. Non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo braccio, poi dal suo viso.
"Non potevo riconoscerti, Liv. - disse lui dopo un istante di pausa, voltandosi a guardarla. - Ma quando mi hai chiamato James, ho sentito qualcosa... di diverso. Di strano. Ho rivisto il tuo vestito bordeaux." i suoi occhi ora erano lucidi, quasi si poteva vedere una lacrima bagnargli il viso.
"Per questo ti sei fermato?" gli chiese. Lui annuì ed abbassò lo sguardo. Giurava di aver visto una lacrima cadere sul pavimento.
Altro silenzio.
"Hai più pensato a me?" le domandò lui, stringendo le labbra. Probabilmente no.
"Ogni giorno." rispose. Lui assunse un'aria stupita.
Lei avrebbe dovuto andare avanti, soprattutto dopo quella missione. Invece aveva per tempo apparecchiato la tavola per due, dormito su un solo lato del letto e preparato il doppio della pasta, sperando lui tornasse dalla missione. Invece si erano rivisti su un campo di battaglia, nemici.
"E tu?" gli chiese curiosa.
Lui annuì piano, ora poteva vedere un piccolo sorriso sulle sue labbra.
"Prima non erano ricordi voluti. Non sapevo nulla del mio passato. Ma ti ho sognata così tante volte. - le strinse la mano di nuovo, una scossa le invase le gambe e le braccia - Poi, quando Steve mi ha liberato, sono stato mandato in Wakanda. Anche lì ti ho pensata. Steve mi ha raccontato tutto. E quando sono tornato a New York ti ho cercata per anni."
Lei sorrise. L'aveva trovata, ora.

La luna brillava in cielo tra le stelle e i due erano seduti nella penombra della veranda, illuminata solo dalla luce accesa nella cucina. Le loro mani erano ancora vicine ed i loro cuori stavano per scoppiare. Lui le raccontò della terapia, lei fece lo stesso, ridendo di quanto fossero odiose le loro psicologhe. Tuttavia, non parlarono più delle pastiglie che lui aveva visto sul suo comodino quella notte a casa di Steve.
Parlarono del loro passato, dei loro ricordi insieme. Della sera alla Stark Expo, di come Steve lasciò che lei rimanesse a dormire dopo aver promesso che non avrebbero fatto rumore. Di quando, al suo diciottesimo compleanno, le regalarono una collana con incisa in corsivo la parola Allies. Perché in fondo si erano ripromessi che sarebbero stati alleati per tutta la vita. Guardando il viso del ragazzo seduto accanto a lei, poteva dire che forse era vero. Lo sarebbero stati per sempre. Anche se lontani.
Ricordarono il pic-nic finito con un bellissimo temporale estivo che li obbligò a rifugiarsi sotto ad un albero. Ricordarono anche il mazzo di rose comparso sul suo letto, un pomeriggio. Thomas si era preso il merito, ma la ragazza sapeva che non erano suoi.
Tuttavia, James non aveva potuto chiedere al padre di Olivia di sposarla, quando lei fu grande abbastanza.
Pochi giorni dopo dal suo compleanno, il ragazzo fu dato per disperso e deceduto in missione. Steve lo cercò per giorni ma del suo corpo non vi era traccia. Quando tornò a dirlo a Olivia, lei cadde sulle proprie ginocchia, scoppiando in un pianto isterico. La terra sotto di loro cominciò a tremare così forte ed il vento si alzò così improvvisamente che furono costretti a sedarla.
Le loro parole erano accompagnate da emozioni contrastanti. Gioia, tristezza, rabbia, passione.
La mano di Bucky era scivolata dietro alla sua schiena e il viso di Olivia si era appoggiato alla sua spalla. Poteva sentire i polpastrelli del ragazzo accarezzarle delicatamente la schiena scoperta dalla maglia che le si era alzata.

Videro passare il furgoncino che portava il latte. Erano circa le tre e mezza. Si alzarono e rientrarono in casa, chiudendosi la porta alle spalle. In silenzio salirono le scale e si fermarono davanti alla porta della stanza del ragazzo. Si poteva sentire da fuori quanto i due ragazzi stessero russando. Risero piano.
"Vieni, non dormirai mai con quel rumore." disse lei, prendendogli un polso ed invitandolo a seguirla. Lui alzò un angolo delle labbra e la seguì, chiudendo poi dietro di sé la porta della camera della ragazza.
Improvvisamente si rese conto che avrebbero dormito insieme e lui non sapeva come comportarsi. Lo aveva invitato per secondi fini? O semplicemente perché davvero non voleva lasciarlo in balìa dei rumori dei due compagni? Se fosse successo qualcosa lei avrebbe preferito dimenticarlo? O rimanere in contatto? E se l'avesse ferita di nuovo? Voleva una relazione? La voleva davvero con lui? O magari era solo una cosa di una notte, poi ognuno come prima?
"James?" la sua voce lo richiamò presente. Era seduta su un lato del letto già sfatto e lo stava guardando con un sorriso confuso. Lui si avvicinò a lei e si mise al suo fianco. In silenzio. La ragazza gli prese la mano e se la portò sulle proprie gambe, cominciando a giocare distrattamente con le sue dita. Per un istante lui rivide intorno a loro il vecchio capanno.

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