A volte la cosa più difficile non è dimenticare, ma imparare a ricominciare da capo
~ Nicole SobonCon un paio di shottini che mi circolano in corpo vado a casa di Davis, volevo trovare il coraggio di fare quello che avevo in mente e l'alcol mi è sembrato un ottimo alleato.
Scavalco la recinzione e mi arrampico fino alla finestra di camera sua, spero di trovarla aperta, menomale che la fortuna è dalla mia parte.
La casa è vuota come sempre, non fa altro che alimentare la mia curiosità.Osservo la sua cameretta, è così piccola eppure così accogliente. Ci sono alcuni mobili un po' vecchi e altri che sembrano essere stati aggiunti in seguito a una recente ristrutturazione.
Mi siedo sul bordo del letto, mi torna in mente la sera della prima festa.
La portai in braccio su per le scale, la sua amica mi indicó la porta di una stanza così le feci cenno di aprirla, entrai per la prima volta in quella piccola cameretta.
Posai Brooke sul letto ma non volle sapere di lasciare la presa intorno al mio collo, mi fece sorridere. Spostai il più delicatamente possibile le sue braccia che subito andarono a stritolare il cuscino sotto la sua testa.
La guardai per un attimo, così piccola e indifesa, con addosso solo la mia maglietta, probabilmente il giorno seguente si sarebbe arrabbiata con me ma non mi interessava.
Le rimboccai le coperte e le accarezzai la testa, mi sorpresi del mio stesso gesto, così spontaneo da avermi fatto ritrarre velocemente.
"Buonanotte Davis" sussurrai piano piano mentre mi avvicinavo alla porta per uscirne.
"Buonanotte bellissimo pallone gonfiato" disse con la voce impastata dal sonno o dall'alcol, o forse entrambi.
'Bellissimo pallone gonfiato' continuo a ripensarci e sorridere, aiutarla l'ha addolcita anche se credo sia stata più la mancanza di razionalità.Sempre perché la fortuna è di casa per me, non tarda ad arrivare la ragazza per la quale sono qui, indossa soltanto una felpa oversize mi fermo a osservarla, forse troppo insistentemente.
"Che ci fai qui?" sembra arrabbiata, o forse solo troppo sorpresa di vedermi qui, so di non andarle molto a genio, per questo non mi aspettavo un'accoglienza col tappeto rosso.
"Sono qui per parlare" non so neanche di cosa ma mi sembrava giusto venire qui da lei.
Si siede sul letto, siamo distanti ma le nostre ginocchia si sfiorano, la sento deglutire rumorosamente segno che è in evidente imbarazzo, come lo sono io d'altronde.
"Da quando ti ho riportata a casa dalla festa di Aaron c'è uno strano clima tra noi" sono indeciso mentre pronuncio quelle parole, farei di tutto per sapere se la pensa come me.
"Mh" è tutto quello che le esce dalla bocca, per fortuna annuisce, con il linguaggio del corpo si capiscono davvero tante cose.
"So che mi hai chiesto di non parlare di quella sera, ma credo tu debba sapere, non può continuare a esserci questo imbarazzo fra noi" tra tutte le cose che potevo dire, come mi è venuto in mente di dire questo? Mi prenderei a pugni da solo.
"Nessun imbarazzo, non voglio sapere i particolari" fa per alzarsi dal letto ma la blocco per il polso, per una decina di secondi scarsa restiamo entrambi a guardare il contatto tra di noi, resto in silenzio ad ascoltare il suo respiro, per poi lasciarla andare malamente, non capisco come faccia a non sentire lo stesso imbarazzo che sento io.
"Non ti racconterò i particolari di niente perché niente è quel che è successo" devo raccontarle la verità prima che venga a conoscenza di quello che si dice a scuola.
"Non ti credo" mi innervosisce il fatto che non mi creda, che mi ritenga uno senza cuore il quale usa le ragazze, ha tutti i motivi per farlo, non nego di aver fatto cavolate in passato, ma volevo riconoscesse il modo in cui mi son preso cura di lei. Mi giro seccato e sbuffo, perché dev'essere così difficile quando si tratta di lei?
"Ti dirò lo stesso cos'è successo, ti dimostrerò che di me puoi fidarti" dico deciso creando un contatto visivo. Si morde il labbro, per la prima volta da quando la conosco è senza parole.
"Ti ho portata in una camera e ti sei levata il vestito, ti sei avvicinata a me e mi hai tolto la maglietta, ho fermato entrambi prima che fosse troppo tardi infilandoti la mia maglia e trascinandoti via da quel posto. Non mi approfitterei mai di te" dico tutto d'un fiato prima che possa interrompermi, allungo una mano verso il suo viso per accarezzarla ma mi prende il polso e riporta il mio braccio al mio corpo.
"Io che ci provo con te? Non hai avuto abbastanza tempo per inventarti qualcosa di meglio? Perche non sta ne in cielo ne in terra" è scettica e ne capisco il perché, non sono mai stato un bravo ragazzo.
"Non mi approfitterei mai di te" ripeto quelle parole sperando di convincerla anche se la mia voce spezzata non collabora molto.
"Se ti dico che ti credo te ne andrai?" adesso è lei a cercare un contatto visivo ma mi rifiuto alzandomi bruscamente.
"Non ce n'è bisogno, me ne vado da solo" mi ha fatto davvero arrabbiare, ho bisogno di andarmene e pensare con calma a quello che è appena successo, non posso continuare la conversazione in questo stato, potrei dire cose di cui mi pentirei.
In un attimo sono sulle scale, sento dei passi dietro di me e per un momento si accende la speranza che possa chiedermi di restare e di parlarne di nuovo ma con calma ma dalla sua bocca non esce alcun suono, così corro il più velocemente fuori da quella porta.
Mai ho fatto un'errore più stupido di venir qua oggi, ma ancor di più il pensare che avrebbe potuto starmi ad ascoltare: per lei sono solo un pezzo di merda e qualsiasi cosa faccia non servirà a farle cambiare idea.
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Dal momento in cui ci siamo sfiorati
RomanceBrooke, una ragazza semplice ma con molte insicurezze, è cresciuta in una base militare sotto la rigida supervisione del padre e dei colleghi fino a quando, a dodici anni, decide di voler cambiare vita. Dopo pochi anni nella città nativa della madre...