Un uomo lo si capisce dai suoi silenzi
~Oliver HerfordSono su una scala molto alta ad appendere festoni per un ballo al quale non andrò, il tutto è reso ancora più insopportabile dalla presenza di Miller che non sta facendo niente.
Il pomeriggio peggiore della mia vita.Sono quatto ore che preparo quasi da sola l'intero homecoming e sono molto stanca, già mi immagino tutti gli studenti ballare per la sala, provo pena per loro, si mettono tutti in tiro per fare un paio di belle foto con compagni di scuola che probabilmente odiano, patetici.
Miller sta 'tenendo ferma la scala' è tutto pomeriggio che in realtà non fa altro se non guardare il cellulare, ha spostato i tavoli su cui ci sarà il rinfresco mentre la preside lo guardava ma quando se n'è andata ha smesso di esser utile.
Mi sporgo pericolosamente in avanti per fissare l'ultimo festone ma non ci arrivo lo stesso, spero fermamente di non cadere, non lo ammetterò mai di fronte a nessuno ma ho paura delle altezze, anche stare su una scala mi da problemi.
Sento la scala muoversi pericolosamente, mi volto verso Miller per capire perché non sta tenendo ferma la scala. lo vedo salire appoggiandosi ai cigolanti pioli.
"Lascia fare a me" mi toglie il tutto di mano e allunga il braccio verso il punto dove non arrivavo ma in cui lui arriva senza il minimo sforzo.
La mia schiena entra in contatto con il suo corpo, sento un brivido su ogni centimetro di pelle, mi porta indietro i capelli e ci giocherella per dei secondi che mi sembrano interminabili.
Sento una pressione sulle spalle, ci ha appoggiato le mani, c'è una forte tensione nell'aria.
"Certo che sei uno gnomo" dice spezzando l'atmosfera che si era creata, toglie le mani dalle mie spalle e inizia ad andar giù, caccio fuori il l'aria che non sapevo di aver trattenuto.
Scendo silenziosamente la scala e mi avvicino ai pennelli sporchi di tempera con cui hanno fatto il cartellone appeso all'ingresso.
Mi avvicino lentamente a lui con le mani dietro la schiena, complice un enorme sorriso in viso estraggo la mia 'arma' e inizio a pasticciargli la faccia di tempera blu.
Non se ne sta fermo a subire, infatti corre verso gli altri pennelli e inizia subito la sua vendetta.
Iniziamo una vera e propria guerra, fregandocene delle mansioni che ancora dobbiamo svolgere, per la prima volta da tanto tempo non penso più a Fred, non penso alle insicurezze che si sono insinuate in me dopo l'accaduto, finalmente il mio unico pensiero è divertirmi anche se lo sto facendo insieme a Miller.
...
C'è voluta un'altra ora per pulire il casino delle tempere, ora per davvero siamo esausti. Sediamo sul pavimento e il silenzio tombale che avvolge la palestra è sempre più estenuante.
"Mi fa piacere" spezza il silenzio giocherellando con un pennello.
"Cosa?" non mi piace quando le persone lasciano le frasi così in sospeso, ti costa tanto specificare?
"Che ti sia tornato quel bellissimo sorriso" fa spallucce continuando a fissare un punto indefinito di fronte a lui. Osservo il suo profilo prima di arrossire e voltarmi dall'altra parte, è davvero bello.
"Non ho la minima idea di cosa possa averti fatta star male ma son felice tu abbia risolto" per un secondo mi passa per la mente di raccontargli tutto ma, per fortuna, scelgo subito di accantonare quella folle idea.
Seguono degli attimi di silenzio, vorrei dire qualcosa ma non so cosa, prendo coraggio e decido di rispondere a una sua vecchia domanda, sento che posso parlargliene, che non mi giudicherà come non mi ha giudicata quando ha visto quel brutto livido.
"Mi hai chiesto perché vivo da sola, ricordi?" annuisce portando la sua attenzione verso di me, mi sorride e poi fa un cenno con la testa per invitarmi a continuare a parlare.
"Semplicemente vivevo con la nonna fino a quando è andata in casa di riposo" è una spiegazione molto veloce, potrebbe addirittura chiedersi perché non gliel'ho detto prima, se qualcuno mi avesse tenuto in sospeso per così poco l'avrei mandato a quel paese, in verità ho paura di tutte le domande che può farmi.
"E i tuoi genitori?" ecco appunto.
"Papà è nella marina, sta nella base navale di San Diego" la parte meno traumatica è passata, adesso devo prendere un bel respiro per la prossima domanda.
"E tua madre?" sapevo che l'avrebbe chiesto ma sentirgli dire quelle parole mi fa perdere un battito. Respira Brooke.
"La sua... la sua gravidanza è stata molto travagliata, ci sono stati molti problemi fisici per lei, per un infezione grave alla placenta ha rischiato di perdermi e..."prendo un bel respiro, "successivamente è morta... molto presto a causa di un melanoma alla pelle quando avevo un'anno, a volte vorrei solo parlarle o... o sentirle dire che mi vuole bene, di lei mi restano solo delle foto e una collanina" allunga una mano verso il mio volto e mi asciuga una piccola lacrimuccia che non sepevo avesse iniziato a scendere libera.
Abbozzo un sorriso, nei suoi occhi ci leggo tanto dispiacere, con la mano ancora sulla mia guancia inizia a fare dei piccoli cerchi con il pollice, ho un forte bisogno di essere abbracciata, come settimana scorsa in auditorium.
Mi avvicino lentamente a lui e appoggio la testa sulla sua spalla, sembra sorpreso dal mio gesto ma poco dopo mi avvolge nelle sue possenti braccia, mi fa sorridere.
Non ho idea di quanto tempo sia passato ma dopo un po' sentiamo qualcuno tossire, così ci ricomponiamo e ci mettiamo in piedi. È la preside, la sua figura esile e autoritaria avanza verso di noi, in un momento mi vengono in mente le sue parole in merito a me e Logan, improvvisamente faccio molta fatica a sostenere il suo sguardo.
"Potete andare a casa ora" una bellissima sensazione di libertà si impossessa di me.
"Arrivederci" dico avvicinandomi all'uscita.
"Brooke aspetta un secondo, Miller tu puoi andare" so già quello che ha intenzione di dirmi, inizio a prepararmi mentalmente alla paternale.
"Avete fatto proprio un bel lavoro" annuisco in silenzio.
"Tuo padre ha chiamato oggi" sono sollevata perché forse mi sbagliavo sulla ramanzina ma questo mi preoccupa molto.
"Ha chiesto se continui ad andare alle sedute dalla signorina Gray, così sono andata dalla consulente" ho molta paura di quello che può aver detto alla preside."Sei ufficialmente libera di lasciare lo sportello d'ascolto!" sentenzia entusiasta. Se solo sapesse di tutto quello che ho omesso durante quelle sedute mi manderebbe da un vero e proprio psicanalista.
"Se non le dispiace vorrei continuare a partecipare" per quanto siano state inutili in passato voglio avere qualcuno con cui confidarmi che mi possa dare un parere neutrale, cosa che spesso non fanno gli amici.
"Oh, ok" sembra sorpresa, non posso darle torto. Mi congeda e mi affretto a uscire, ho bisogno di fare una passeggiata in riva al mare.
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Dal momento in cui ci siamo sfiorati
RomanceBrooke, una ragazza semplice ma con molte insicurezze, è cresciuta in una base militare sotto la rigida supervisione del padre e dei colleghi fino a quando, a dodici anni, decide di voler cambiare vita. Dopo pochi anni nella città nativa della madre...