13 - Brooke

494 20 1
                                    

*immagini forti*

È passata quasi una settimana dalla discussione con Logan e non ci siamo più neanche incrociati per i corridoi della scuola, in tutto ciò è quasi finito settembre e tra un mese ci sarà l'homecoming.
Fred riesede ancora da me, sono molto felice di passare del tempo con lui dato che negli ultimi due anni ci siamo visti a stento solo d'estate, nonostante questo ho notato che è strano certe volte, come se mi stesse nascondendo qualcosa, credo che sia colpa dell'aver passato tutto questo tempo distanti.

Oggi ho visto la signorina Gray anche se non è giorno di seduta, le ho raccontato di Fred, di come siamo tornati ad essere amici senza neanche mai parlare di quella fatidica notte, ho omesso qualsiasi cosa su Miller, non voglio pensarci neanche per sbaglio, figuriamoci parlarne con la Gray.

Sto tornando a casa da scuola e tutto mi sembra strano, la via è completamente vuota, non un passante, non un'auto, niente di niente. Sembra di stare in uno di quei film post apocalittici.

Entro in casa e c'è Fred ad accogliermi, è stato così per tutta la settimana ma ancora mi fa sorridere. Metto giù la giacca e lo zaino, levo le scarpe e torno da lui per raccontargli la mia giornata.

Non molto tempo dopo sento il telefono fisso della nonna squillare, mi volto verso il mio migliore amico che mi lancia un'occhiata che non capisco, vado a vedere chi è con una sensazione d'angoscia pressante.

"È papà!" mi volto sorridente verso il moro, che continua a guardarmi in malo modo, ho qualcosa tra i denti? Non ho neanche mangiato.

"Non rispondere" cosa gli prende? "Volevo dire, ci avrai già parlato oggi, no?" in realtà era da un paio di giorni che non chiamava.

"Che succede Fred?" dico con aria di supponenza anche se vorrei solo scappare, mi sta spaventando a morte.

"N-niente, r-rispondi pure" va in cucina mentre sollevo titubante la cornetta.

"Brooke?" la voce forte e decisa di mio padre suona molto preoccupata, mi spaventa sempre di più questa situazione.

"Papà!" esclamo entusiasta, a ripensarci è un po' fuori luogo dato il clima teso.

"C'è Fred con te?" passano degli attimi di silenzio nei quali mi chiedo se dovergli dire la verità o meno, perché dovresti mentire? Grazie coscienza.

"S-sì, perché?" la mano ha iniziato a tremare, il mio cuore batte talmente forte che credo possa averlo sentito attraverso il telefono.

"Te ne devi andare" prego con tutta me stessa che sia uno scherzo ma, conoscendo la severità di mio padre, aumenta soltanto l'ansia.

"Cosa?" domando con la voce talmente bassa che mi chiedo se l'ho detto veramente o l'ho solo pensato.

"Ascoltami attentamente e non dire niente" annuisco nonostante non possa vedermi. "Una settimana fa è stato cacciato dalla base, si è scoperto ci fosse un enorme giro di cocaina fra i nuovi cadetti, lui è risultato uno di quelli che più ne faceva uso, non ha superato gli ultimi test psicologici, anzi è apparso estremamente aggressivo" sono rimasta senza parole, non me lo sarei mai aspettata da lui.

"E me lo dite solo ora?" forse l'ho detto con un tono di voce troppo alto, sento addosso lo sguardo del mio migliore amico, mi chiedo come possa essere stato possibile, è sempre stato un bravo ragazzo attento alle regole.

"L'abbiamo rintracciato solo oggi, dal GPS del suo telefono, fino ad ora era rimasto spento" lo vedo sorridermi, questo spiega i comportamenti strani, cerco di sorridergli indietro e sembrare credibile ma è difficile dato che mi ha sempre letta come un libro aperto.

"Scappa, mettiti al sicuro, vai a dormire da qualche tua amica!" in una frazione penso a i pro e i contro di andare a stare da Pit o da Kim, non posso di certo presentarmi lì e pretendere di restare, dovrò inventarmi una scusa.

"Va bene pa', andrò a trovare la nonna" ho deciso che farò finta non mi abbia detto niente, sul momento mi invento una scusa plausibile, gli dirò che papà mi ha chiamata per comunicarmi che la nonna è stata male e di andare in casa di riposo a trovarla. Mi faccio i complimenti da sola per la fantasia.

Metto giù cercando di sembrare il più tranquilla possibile, mi avvicino all'appendiabiti e prendo la mia giacca.

"Dove vai?" la voce di Fred rimbomba per la casa vuota, un brivido di paura mi attraversa la spina dorsale.

"In casa di riposo, papà ha detto che la nonna è stata male" mi volto di nuovo verso la porta, appoggio la mano alla maniglia quando mi pone un'altra domanda.

"Sai tutto vero?" fingi di non sapere, fingi di non sapere, fingi di non sapere.

"In merito a cosa?" non mi volto per guardarlo in faccia, già non so mentire, figuriamoci se poi mi vedesse negli occhi.

Sento dei passi dietro di me, in un attimo si è messo tra me e la porta. "Non sei mai stata capace di mentire" dice allungando una mano verso il mio volto, mi ritraggo spontaneamente.

"Vuoi sapere perché ho iniziato con la coca?" dice avvicinando il suo viso al mio, faccio un passo indietro deglutendo, non mi piace questa situazione.

"Perché ho smesso di esistere per la ragazza che ho sempre amato" maledico mentalmente quella ragazza, chiunque sia, non sarei in questa situazione ora se non si fosse dimenticata di questo ragazzo.

"Ti starai chiedendo chi è quella ragazza" fa un passo verso di me e io ne faccio a mia volta uno in dietro. "Sei tu baby Brooke" dice con gli occhi lucidi e un sorriso inquietante in volto.
Come ho fatto a non accorgermene? Come ho potuto ignorarlo dopo quella notte? Alla fine è tutta colpa mia.

"Sei tu baby Brooke" dice adesso con tono più arrabbiato, si protrae verso di me e mi mette una mano al collo. Faccio fatica a respirare ma non riesco a liberarmi, provo a chiedergli scusa ma invano, dalle mie labbra escono flebili suoni incomprensibili.

Mi prende in spalla come se fossi un sacco di patate, provo a tirargli dei pugni sulla schiena ma non gli ho fatto niente se non il solletico.
Le lacrime scorrono ormai ininterrottamente sul mio viso, mi sento uno schifo ma è colpa mia, me la sono cercata.

Arriva nella mia stanza e mi butta sul letto come se lanciasse una giacca, cado giù dal bordo e mi rialza tirandomi per il collo della felpa. "È colpa tua se mi hanno cacciato!" urla a pochi centimetri dal mio viso, non posso dargli torto. Un pungente dolore si insinua sulla mia guancia. Mi ha appena tirato uno schiaffo?

Butto indietro la testa e mi tengo la guacia con dolore, chiudo gli occhi sperando sia solo un brutto sogno oppure che così facendo possa scomparire tutto ciò che mi circonda.
"Guardami quando ti parlo" è fuori di se, sento una fitta acuta e istantanea alla cute, mi sta tirando per i capelli, così faccio come mi ha detto, spalanco subito gli occhi e incontro i suoi furibondi.

Dal momento in cui ci siamo sfioratiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora