Chapter Forty seven

251 19 1
                                    

"Signorina? Signorina, si svegli" disse una voce lieve e gentile, scuotendomi leggermente.

Aprii a fatica gli occhi e mi accorsi che nel corso della notte dovevo esser crollata poiché tenevo ancora tra le mie la mano del mio compagno ed avevo la testa poggiata su di esse. Mi misi dritta e mi stiracchiai, scoprendomi tutta contratta a causa della posizione scomoda in cui avevo dormito per quelle che alla fine si erano rivelate essere due ore e mezza: l'orologio da muro segnava quasi le sei del mattino.

"La prego di scusarmi, devo esser crollata" mi giustificai, ma ben presto mi accorsi dello sguardo con cui stava passando in rassegna il mio vestito. Ammetto non fosse l'abito giusto con cui presentarsi in ospedale, ma non pensavo di doverle in alcun modo delle spiegazioni.

"Non si preoccupi, ma ora dovrebbe andare. Dobbiamo sottoporlo ai soliti esami, può tornare tra un paio d'ore" mi spiegò la ragazza per poi far entrare altre due infermiere per svolgere il loro lavoro.

A quel punto uscii dall'edificio con le scarpe vertiginosamente alte della sera prima in mano e mi diressi verso casa, avevo bisogno di cibo, una doccia e qualche altra ora di sonno. Arrivata a destinazione parcheggiai la macchina nel vialetto della mia nuova abitazione e quando infilai le chiavi nella toppa della serratura mi accorsi che era aperta.

Eppure avevo chiuso a chiave...

Presi il pugnale dalla mia pochette e rimanendo sulla difensiva, analizzando tutto con sguardo circospetto, avanzai all'interno della casa alla ricerca di qualche presunto assassino. Varcata la soglia adagiai le scarpe a terra e avanzai scalza, così non avrei fatto rumore e non avrebbero potuto scoprirmi. Controllai il piano terra e non vi era nessuno, passai in rassegna il piano di sotto che avevo adibito a palestra: libero anch'esso. Prima di salire le scale per monitorare anche il piano superiore recuperai una pistola che ero solita tenere in una fondina posizionata al centro del tavolo della cucina. Dopo essermi accertata che fosse carica ed essermi procurata un caricatore di riserva, accuratamente riposto nella fondina precedentemente recuperata e legata intorno alla mia coscia, avanzai per le scale tenendo tra le mani l'arma da fuoco pronta a sparare. Arrivata alla fine della rampa avvertii un rumore provenire da camera mia, così lentamente e silenziosamente avanzai verso la porta socchiusa. La spostai leggermente non emettendo alcun suono, ma l'uomo davanti a me doveva essere un lupo perché si girò di scatto: era nella sua forma di metalupo, non era umano ma nemmeno trasformato del tutto.

Con un calcio aprii la porta e gli sparai alla gamba, quello emise un verso di dolore ma non sembrava pronto a tirarsi indietro. Era pronto ad attaccarmi, ma lo bloccai sparandogli due colpi alla spalla sinistra.

"Fermo o il prossimo colpo finirà in mezzo alla tua fronte" lo minacciai. Quello capii che sarebbe successo davvero, soprattutto perché la mia fama come suo solito mi precedeva.

Riprese la sua forma umana: era Xander.

Scossa dalla sua presenza li, istintivamente mirai con la pistola alla sua testa "Che diavolo ci fai qui?" chiesi, la mia rabbia non era quantificabile.

"Devo portare a termine una missione, il capo è stato chiaro: o tu o io"

"Aspetta un momento" lo bloccai ancor prima che potesse attaccarmi "entrambi sappiamo che questa cosa non si concluderà bene per te. In qualsiasi tipo di scontro vorrai affrontarmi finirai per perdere e morirai comunque. Io non voglio ucciderti, ma posso salvarti"

"E come pensi di poter fare? Tuo nonno mi cercherà e ucciderà"

"Semplice, partirai con la tua famiglia, andrai lontano, in un posto sicuro e sconosciuto dove non potrai essere riconosciuto e io, da qui, inscenerò la tua morte e quella dei tuoi familiari appiccando un incendio nella tua casa. Vi posizionerò dei cadaveri che possano somigliarvi fisicamente e che comunque non potranno riconoscere perché li troveranno abbrustoliti" gli spiegai impassibile.

"E come sai che funzionerà?" mi domandò timoroso.

"Perché non è la prima volta che lo faccio, e non sarà l'ultima" asserii "Vai nella camera degli ospiti, dammi le coordinate di dove si trovano tua moglie e tua figlia così che potrò trasferirle in un posto quanto più lontano dopo aver realizzato nuovi documenti per tutti. Non temere, saranno scortate da persone fidate, e tu allo stesso modo" dissi prendendo il telefono "Devo fare diverse telefonate" gli porsi dei moduli in cui avrebbe dovuto inserire tutte le informazioni di tutti e tre, così da permettermi di aiutarlo.

"Allison?" mi richiamò mentre compilava i vari moduli e mi porse i loro documenti attuali "Perché mi stai aiutando?"

"Perché so cosa vuol dire agire contro la propria volontà e non avere scelta, voce in capitolo, ma solo ultimatum. Ti sono debitrice per tante cose che hai fatto per me e sono disposta ad aiutarti" dissi prendendo i moduli e i documenti "ma non osare a fare un passo falso oppure vi ucciderò tutti, a partire da tua figlia, e sarai l'ultimo a lasciare questo mondo dopo aver assistito allo spettacolo più agghiacciante che potrai anche solo lontanamente immaginare. Sono una brava persona, ma non approfittarne, andrà a tuo discapito" lo avvertii prima di lasciare la stanza.

Effettuai le varie telefonate ed organizzai la fuga, affidai tutto a degli uomini fidati del branco di Matt che seguivano i miei ordini benché non vi fossero state cerimonie di unione, matrimoni, gravidanze o altro.

Quando tornai nella mia camera lo trovai ad aspettarmi sulla porta, mi ringraziò. Gli spiegai il piano e si diresse verso la camera degli ospiti: stanotte avrebbe avuto inizio il piano e sarebbe stato meglio che si preparasse a partire.

***

Dopo aver fatto una lunga doccia ed essermi data una riassettata riempii una tazza di caffè e mi preparai, pronta a tornare in ospedale. Ero quasi a destinazione quando il mio telefono squillò.

Risposi. "Dottor Green, è un piacere sentirla"

"Buongiorno cacciatrice, porto buone notizie: Matthew si è svegliato e sta bene. Ora dorme ma può passare appena le è possibile"

Scesi dalla macchina "Sono già qui, mi dia cinque minuti" attaccai e mi precipitai nella sua stanza. Dopo un breve colloquio con l'uomo, che dopo aver salvato la mia vita ora aveva salvato anche quella del mio ragazzo, entrai nella camera di ospedale e mi sedetti vicino al lettino.

Forse per la stanchezza caddi in uno stato contemplativo, del tutto assorta e persa con lo sguardo sulla figura del ragazzo davanti a me. Persa nei miei pensieri istintivamente gli afferrai la mano ed iniziai a giocarci con cautela, non volendo svegliarlo.

Non so quanto tempo fosse passato, ma ad un certo punto, mentre ero intenta ad osservare la bella giornata che si stagliava fuori dalla finestra, sentii una pressione sulla mia mano, una stretta.

Di scatto mi voltai verso di lui e lo trovai li a fissarmi con i suoi occhioni azzurri. Rimasi impietrita a fissarlo, gli occhi che mi si riempirono di lacrime senza alcun preavviso.

Era vivo.

The Ruthless HunterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora