Wake Me Up

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"Si è svegliata!". Sento delle voci rincorrersi in urla di spiacevole gioia, almeno per la mia testa.

Cosa succede? Avevo visto quel ragazzo, così simile allo Stranger del mio sogno e l'avevo seguito, e poi... mi avevano assalita una montagna di ricordi fasulli.

La luce è troppo forte per i miei occhi. Li richiudo, forte, e metto di nuovo la mano sul cuore. Le urla di gioia si trasformano in affanno e sento qualcuno correre via per chiamare il dottore, completamente dimentico del pulsante d'emergenza di cui ogni camera d'ospedale è dotata.

Ma stavolta non m'importa. Dopo quell'assalto dei miei pensieri, questa è la cosa più importante. Un vuoto colossale che non riesco a colmare, ed è ancora lì, per mia sfortuna.

Cosa devo fare per liberarmene?

I miei pensieri tornano alla paura che l'incidente abbia fatto qualcosa al mio cervello. E se invece... e se fossi depressa? Questo è quello che sentono le persone con la depressione? Io non lo voglio sentire, non lo voglio. La mano, involontariamente o meno, inizia a fare dei gesti come a voler scacciare quella sensazione dal cuore. Ma, ovviamente, è inutile.

Sento qualcuno che la ferma, all'improvviso, e la stringe. Il suo tocco è... beh, stranamente confortante. Gli occhi ancora chiusi, mi lascio stringere la mano da questo familiare o amico, chiunque esso sia e, pian piano, sprofondo di nuovo in un sonno profondo.

Quando mi risveglio, le luci forti sono scomparse e faccio meno fatica ad abituare gli occhi; credo sia notte fonda. Su una poltrona in fondo la stanza, c'è mia madre che dorme, la testa appoggiata al muro, le mani unite come se si fosse addormentata pregando. Sorrido lievemente al pensiero.

Chissà, forse è stata davvero la sua fede a farmi risvegliare. I misteri dell'universo, su cui non ho nemmeno tanta voglia di rifletterci come Gaia o Raf; che matti d'amici che ho, pieni di passione per la filosofia, a sua volta piena di pensieri che a volte solo a decifrarli viene l'ulcera.***

Guardo la finestra sul muro di lato, la Luna alta e chiara in cielo... strano. Non me la ricordavo lì, la finestra. E la stanza ora che ci penso sembra un po' diversa. Forse mi hanno spostato per l'ennesima volta di camera. Chissà.

Mi stiracchio lievemente e noto il cellulare di mia madre sul comodino; quando accendo lo schermo, l'ora segna le due di notte. Chissà dov'è finito il mio, di telefono. Mi guardo un po' intorno ma non lo vedo. Come dovrei passare il tempo, allora? Non ho affatto sonno, né ho bisogno di chiamare un dottore perché mi sento male; anzi, a dispetto delle mie condizioni di prima, quando ho infastidito quel paziente ed ho fatto la parte della pazza, ora sto davvero bene.

Forse... mi torna in mente la stretta di prima, e fisso la mia mano come se davvero potesse rivelarmi i segreti dell'universo. Ora mi pento di non aver avuto la forza di aprire gli occhi e vedere chi fosse quella persona; la vorrei ringraziare, e a lungo, perché mi ha fatto sentire bene e fatto sparire quella sensazione di vuoto per un po'. Ha fatto tantissimo.

Inizio a guardare la Luna, perdendomi in pensieri di ogni tipo di banalità possibile, per non portare la mente verso acque pericolose. All'improvviso, però, sento aprire la porta e mi giro di scatto, facendo finta di dormire. Boh, forse mi avrà già visto chiunque esso sia, ma spero di no; soprattutto se é un dottore, non voglio che mi dia dei farmaci perché devo riposare.

Dei passi leggeri si avvicinano al letto, ed io chiudo ancora più forte gli occhi; ok, diciamo pure che non sarei mai una fantastica attrice. Recitare non é proprio il mio forte, e non credo lo sarà mai.

La persona entrata, però, non sembra essere un dottore... a meno che non sia un pervertito. O qualcun altro sempre pervertito. Mi accarezza la guancia e mi vengono i brividi. Forse, se resto così se ne andrà e mi lascerà in pace, no? Ma subito dopo averlo pensato, sento che avvicina qualcosa al letto, probabilmente una sedia per sedersi.

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