Capitolo Nove

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Terminato l'imbarazzo iniziale per l'aver appena conosciuto la sorella di Elijah, passai delle ore con lei, bevendo vino rosso e chiacchierando. Era così strano sentirla parlare di lui in quel modo, perché non sembrava la stessa persona. Lei dipingeva un ragazzo che non avevo conosciuto: sorridente, a volte stupido, che amava fare pazzie con i suoi amici. Mi sembrava ci stessimo riferendo a due persone diverse, ma per quanto fosse strano la lasciai parlare perché era piacevole scoprire cose nuove su di lui. Cose che probabilmente lui non mi avrebbe mai detto, neanche sotto tortura. Mi sentivo vicina a lui anche se nella vita reale eravamo distanti.

"Forse è meglio che vada. Non vorrei che la prendesse male...insomma, vedermi qui." Dissi ad un certo punto, finendo il bicchiere di vino e lasciandolo sul tavolino di vetro davanti a noi. Lei scosse la testa.

"Assolutamente no, eri venuta per parlargli no? Rimani. E credimi che prendere più male la mia presenza che la tua." Mi disse lei insistendo. Io però mi alzai comunque. Non volevo che sembrasse una sorta di imboscata. Perché non voleva esserlo. Man mano che le ore erano passate quel coraggio che avevo provato nel venirgli a parlare si era trasformato in esitazione e poi in dubbio. Forse non era la cosa migliore. Forse le nostre strade era meglio tenerle così com'erano: parallele, che non si incontrano mai.

Fu proprio in quel momento, mentre mi stavo alzando che la porta si aprì e lui entrò, con la sua felpa nera ed il cappuccio in testa, il borsone sulla spalla. Non potei fare a meno di notare che aveva legato al borsone la mia bandana nera, probabilmente perché si era fatto la doccia in palestra. Quando mi vide rimase confuso ma il suo sguardo cambiò quando vide la sorella. Per un attimo pensai che lei avesse ragione, e che forse era successo qualcosa tra i due che li aveva messi in cattivi rapporti.

"Ehm, ciao, in realtà me ne stavo andando, vi lascio parlare." Dissi io un po' impacciata, non sapendo se guardarlo in faccia o cercare qualcosa di indefinito nella stanza.

Lui non disse nulla e mi superò trovandosi faccia a faccia con la sorella.

"Che ci fai ancora qua Trisha? Ti ho già detto che stai perdendo tempo. Digli di lasciarmi perdere." Lei incrociò le braccia davanti a lui. Sembrava avere davvero un carattere forte, che sicuramente riusciva a tenergli testa.

"Sai bene che prima o poi dovrai affrontare le cose che sono successe. Vieni a cena a casa una volta." Lui sbuffò cercando probabilmente di prendere tempo.

"Magari lo farò...più o meno tra vent'anni... come avete fatto voi no? Ora per favore vattene." Lei abbassò la testa rassegnata e poi, prese le sue cose e si diresse verso la porta.

"Tara...è stato un piacere conoscerti." Poi uscì lasciandoci sole. In quel momento la tensione si poteva tagliare con un coltello. Lui era evidentemente scosso ed arrabbiato e probabilmente non aveva alcuna voglia di parlare con me. D'altronde mi sembrava quasi non avesse più senso cercare di chiarire il nostro rapporto, o qualsiasi cosa fosse.

"Forse è meglio se me ne vado." Dissi tutto d'un fiato. Mi girai e feci due passi quando sentii la sua mano avvolgere il mio braccio. Mi fermai di colpo, come se avessi preso una scossa trasalii, chiusi gli occhi e respirai. Non volevo lasciarmi trasportare da delle sensazioni che io stessa non riuscivo a capire, ma allo stesso tempo cosa c'era da capire? Quella vibrazione l'aveva sentita anche lui forse?

"Non devi andare via. Dammi qualche minuto." La sua voce era calda, ma allo stesso tempo mi provocò un brivido, come quando la mattina presto esci sul balcone e l'aria pungente ti accarezza ed è bello ma strano allo stesso tempo.

Rimasi ferma lì e lo aspettai, cercando di calmare il battito del mio cuore che sentivo andare a mille. Se in quel momento avessi indossato il mio fitbit, probabilmente sarebbe completamente impazzito più di quanto vado a correre per sfogarmi e non controllo il mio respiro. Passarono alcuni minuti e poi lui uscì con gli stessi pantaloni ma con una canotta nera che metteva in risalto ogni singolo muscolo del suo corpo. I tatuaggi spuntavano da ogni parte e io rimasi imbambolata a guardarli come se fosse stata la prima volta che li vedevo.

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