Capitolo Ventisei

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Avere Elijah a casa mia era strano. Una parte di me era pronta a mettere su delle barriere inutile, perché sentivo come se avesse invaso un'altra piccola parte di me e ne ero terrorizzata. Ma poi quando ci stendemmo nel mio letto, e rimanemmo abbracciati, capii quanto fosse inutile avere di nuovo paura. Avevamo costruito qualcosa insieme che non poteva essere distrutto di nuovo e non sarei stata io a far crollare tutto. Mi sarei odiata se lo avessi fatto. Così, quando non riuscivo a prendere sonno, lo guardai mentre invece lui era crollato.
Era diventato parte di me senza che io avessi alcun controllo sulla cosa. Aveva distrutto ogni mia barriera, con insistenza e tenacia e non potevo non ammirarlo per quello. Non so se io avrei fatto un passo indietro dopo l'ultima volta. Non mi vergognavo a dirlo a me stessa. Quanto ero stata cretina a lasciare l'orgoglio entrare a gamba tesa in quello che era il rapporto più vero che avessi mai avuto con una persona sconosciuta.

"Non sei riuscita a dormire?" mi chiese lui verso le sei del mattino. La luce stava entrando a fatica nella stanza, attraverso le fessure delle serrande. Per la prima volta vidi i suoi occhi illuminati dal sole del primo mattino. Era come vedere per la prima volta un'opera d'arte. C'era un qualcosa di magico nei suoi occhi, l'avevo sempre detto. Sarei potuta rimanere a guardarli senza mai distogliere lo sguardo.

"No, perché dici così?" gli chiesi io sapendo che aveva regione.

"Ti sentivo agitata...c'è qualcosa che non va?" mi chiese lui accarezzandomi la guancia, ma tenendo gli occhi socchiusi.

"No no...tutto bene." Dissi io, poi pensai che non era giusto mentirgli. C'erano troppe cose che meritava di sapere e che non gli avevo detto e forse erano proprio quelle che mi tormentavano.

"Non è vero...devo dirti una cosa." Gli dissi e lui aprì completamente gli occhi sentendo il mio tono mutare e diventare più serio.

"Okay...ti sei pentita di ieri sera?" mi chiese lui e io sorrisi. Non potrei mai pentirmi di ieri sera. Sarebbe la cosa più stupida ed inutile che avrei potuto fare.

"No, ma forse te ne pentirai tu quando ti dirò questa cosa." Lui si tirò su, appoggiando la schiena alla testiera del letto.

"Mentre io e te ci siamo presi questa pausa, o come la vogliamo chiamare, ho passato molto tempo con Ryan." Dissi io e lui sembrò confuso. 

"Chi è?" mi chiese lui.

"Il ragazzo del tuo ultimo incontro. L'ho incontrato per caso quando cercavo l'appartamento, perché il fratello è il proprietario e lui ci viveva in quel posto. L'ho aiutato ad allenarsi quel giorno che avevamo litigato e poi mi ero ripromessa di non vederlo più." Gli dissi io e lui rimase in silenzio, guardando in basso.

"Però poi lui è passato spesso da noi, e abbiamo parlato tanto e penso che lui sia interessato a me...e penso che una minuscola parte di me ricambiasse quell'interesse." Aspettai che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, ma non disse nulla. Rimase muto. Non sapevo cosa stesse pensando e la cosa mi stava uccidendo.

"Elijah...dì qualcosa ti prego." Lo supplicai. Lui alzò finalmente lo sguardo, ma ancora una volta era indecifrabile.

"Non so perché te l'ho detto..." dissi io scendendo dal letto. Avevo appena rovinato tutto? Sì. Era il mio talento più grande.

Stavo per uscire dalla porta quando la sua mano avvolse il mio polso e mi tirò a lui.

"Lo capisco. Capisco il suo interesse per te, perché sei la cosa più fottutamente bella che possa esistere e neanche te ne rendi conto, e questa cosa non fa che renderti ancora più fottutamente bella." Disse lui ad un centimetro dal mio volto, tenendo gli occhi chiusi. Poi li aprì e finalmente capì che quello che stava provando non era rabbia, né disgusto o gelosia. Era rimorso o senso di colpa.

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