Capitolo Undici

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"Non pensavo che la serata sarebbe andata in questo modo...non penso lui volesse farmi male, perché quando se ne era andato era sconvolto." Disse Jackie dopo essersi ripresa un attimo. Io la guardai, con la voglia irrefrenabile di scuoterla per bene e farle capire che inizia sempre così...come un incidente. E poi diventa sempre peggio e l'unica che non se ne accorge è la vittima.

"Jackie...in questo momento non mi interessa delle sue intenzioni. Voglio solo sapere come sono andate le cose, e poi vedremo cosa fare okay?" le dissi cercando io stessa di mantenere la calma. Lei annuì e poi iniziò a raccontare.

"Abbiamo bevuto un po' troppo ieri sera, siamo andati ad una festa e penso che lui avesse preso qualcosa prima. Era molto agitato. Siamo andati in camera verso mezzanotte e poi lui è andato in bagno per ricomporsi. Io ero come sono sempre no? Un po' stronza, ma nel senso simpatico. Di solito non era un problema. Ho fatto qualche battuta sul fatto che non riuscisse a fare sesso in quel momento, lui ha cambiato completamente espressione. Non me ne sono neanche accorta, fino a quando non ho riaperto gli occhi qualche secondo dopo. Mi ha solo tirato uno schiaffo, ma questa volta non era uno dei nostri giochetti sessuali. Poi si è agitato... ha iniziato a scuotermi, tenendomi per le braccia ed è per quello che ho male." Si fermò un attimo e singhiozzò. Le diede dell'acqua e poi riprese il racconto di ciò che era avvenuto.

"Poi quando gli ho detto che mi stava facendo male, mi ha spinta ed essendo poco lucida, sono caduta ed ho sbattuto sul comodino." Alzò la sua gonna e vidi un grosso ematoma poco sotto il sedere. Stavo trattenendo il respiro e non me ne ero neanche accorta. Ero nera. In quel momento vedevo solo lui schiacciato a terra.

"Se ne è andato subito dopo, ed io non sapevo cosa fare. Mi sono fatta una doccia ed ho provato a dormire. Ha provato a chiamarmi un paio di volte, ma mi ero dimenticata di mettere in carica il telefono e non gli ho risposto." La feci alzare e con una salviettina le asciugai le lacrime.

"Okay. Facciamo così. Adesso noi stiamo tutto il girono insieme okay? Andiamo a lezione e poi dopo ti porto da qualche parte così ti fai una dormita tranquilla. Non rispondergli se ti chiama chiaro? Blocca il numero e poi cancellalo dalla rubrica." Lei cercò di obbiettare. Finisce sempre così: se si da una possibilità per ritornare, poi sarebbe successo un'altra volta.

Tutta la lezione non riuscii a concentrarmi. Non riuscivo a darmi pace. Avrei voluto esserci, perché in quel caso non sarebbe successo nulla forse. Ma poi mi ricordai come una sera valeva l'altra in quei casi. Magari va tutto bene per un po', e poi le botte arrivano più di quanto una persona possa reggere.

Mi ricordai di tutti i cocci di vetro che dovetti raccogliere da adolescente quando mio padre dava il peggio di se. Mi ricordai di come lo facevo quasi in automatico dopo un paio di volte che era successo. Non mi turbavo neanche più. Mi chiudevo in una bolla, cercavo di insonorizzare la stanza in cui stavo e poi quando vedevo mia madre mi sembra di ricevere tutto in un colpo solo dritto nello stomaco.

Scrissi un messaggio a Elijah, chiedendogli se per favore poteva far stare sul divano Jackie per un paio d'ore. Lui sembrò stranito, ma rispose di sì senza fare troppe domande.

Quando lo dissi a Jackie, lei non voleva venire. Non voleva essere trattata come una vittima, ma avevo bisogno di saperla al sicuro prima di lasciarla da sola. Lei capì che non aveva possibilità di vincere quella discussione, e mi seguì senza discutere sempre.

Arrivati al loft, Elijah aprì, e ci fece entrare. Jackie corse in bagno e mentre era via, mi assicurai che avesse fatto quello che le avevo detto. Aveva bloccato il numero ma non lo aveva cancellato. Purtroppo conoscevo il rapporto che si instaurava in quei casi: non essendo lui in grado di chiamare lei, dopo qualche ora sarebbe stata lei a contattarlo, e allora tutto sarebbe andato in fumo.

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