Cap. 22

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-La prima parte contiene smut, scriverò appena sarà finito in caso non vogliate leggere-

<Sei sono una bambola per il sesso, un giocattolino da usare e buttare via una volta che ti sei rovinato. Non hai diritto di parlare senza permesso o prendere decisioni. Quindi sta zitto e fa qualcosa di utile!> Disse. Mi arresi al pensiero di non contare effettivamente nulla,forse quando ero un principe era diverso, sono stato uno stupido. È solo colpa mia se sono diventato un oggetto, non sono stato forte abbastanza da prendere delle decisioni autonome. È tutta colpa mia, sono una delusione, è colpa mia.

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Mi risvegliai dai miei pensieri a causa di Dabi, il quale era appena venuto dentro di me, sporcandomi completamente di sperma e sangue. Uscì da me e mi abbassò quanto bastasse per arrivare al suo membro, ero talmente deluso da me stesso che non batteì ciglio, per un momento non mi resi nemmeno conto di cosa stessi facendo. Mi spinse il volto verso il suo membro incitandomi a fare il mio lavoro, così non dissi nulla e lo presi in bocca. Iniziai a fare su e giù, con Dabi che mi spingeva la testa per dirmi cosa fare per procurargli piacere; Leccai, succhiai e mi mossi come mi capitava, ma dai gemiti del moro capìì che ne era soddisfatto, quindi non mi colpì. Dopo qualche minuto venne nella mia bocca e posò la sua mano su di essa per non farmi sputare nulla. Il liquido usciva dai lati della mia bocca a causa della grande quantità, infatti qualcosa cadde a terra, ma ingogliai il resto. Tossì violentemente prima che il moro mi afferrò per i capelli e mi sbattè la faccia a terra, facendomi colpire la guancia e causandomi dolore ai denti. <Pulisci dove hai sporcato> ordinò, controllai dove avevo sputato tutto poco prima e iniziai a leccare il pavimento per ripurile. C'era molta polvere, sangue e sperma e mi sarei beccato chissà quale infezione, ma eseguì comunque l'ordine.




-Fine scena smut-

Una volta finito Dabi mi prese il mento incitandomi a guardarlo negli occhi, ma non disse nulla per qualche secondo. Mi immaginai volesse colpirmi, ma non lo fece, anzi si alzò andando a prendere il cappotto che aveva lasciato qualche ora prima sul tavolo. Rimasi a terra a guardarlo avvicinarsi, finchè non mi prese la vita per alzarmi e mi tolse le ultime manette rimaste. Lo guardai interrogativo, ma non avevo la forza di camminare per provare a scappare. Ero ancora nudo, infatti Dabi mi diede la sua giacca da mettere: Era molto lunga e arrivava fino a terra senza terminare, così chiuse i bottoni necessari al coprirmi le parti intime e arrotolò le maniche. Una volta finito di "vestirmi" mi prese in braccio a sposa e aprì la cella iniziando a camminare per i corridoi. Ogni cella aveva una o due persone: Bambini con i genitori, anziani, ibridi tra specie; c'era di tutto, tutti schiavi. Avevano tutti numerose ferite e gli occhi spenti, i bambini erano terrorizzati e cercavano di stringersi il più possibile ai genitori. Ognuno dava l'impressione di essere lì da diverso tempo, a vivere in codizioni disumane, mangiando pochissimo e lottando contro la morte. Finito il lungo corridoio c'era una piccola stanza, sembrava un ufficio: Aveva le pareti grigie, con una scrivania e una sedia, su cui sedeva Shigaraki, mentre al lato sinistro della stanza c'era una porta in legno. Shigaraki alzò gli occhi dai fogli su cui stava scrivendo e ci osservò per qualche secondo, poi sorrise e si alzò prendendo delle chiavi nel cassetto della scrivania e passandole al moro. <E' ora eh? Dì a Toga di chiamare tu sai chi per il vestito, io avviso l'asta che ci sarà un oggetto in più da vendere. Tu portalo al posto prestabilito, il vestito è già pronto ma levagli quei lividi prima. Tra qualche ora ti raggiungiamo> disse. Capiì si riferisse alla mia vendita, Dabi annuì e prendendo le chiavi, oltrepassò la porta in legno entrando nell'ennesima stanza. Questa stanza era vuota se non per 2 porte ai lati, ci dirigemmo alla porta a destra e scendendo delle scale arrivammo in un garage. C'erano diverse macchine, molti furgoni, delle macchine sportive e una macchina nera molto lunga ed elegante. Dabi si diresse a un furgone nero, mi posò al sedile del passeggero mettendomi la cintura e si sedette alla guida. Non si mise la cintura, inserì le chiavi, mise la marcia e partì. La porta del garage si aprì automaticamente e uscendo ci ritrovammo su una strada deserta in mezzo al nulla. Una volta allontanati di qualche metro dalla struttura, vidi che era una vecchia fabbrica, abbandonata da tempo e lontano dalla città. Sentendo un conato di vomito ricominciai a guardare avanti, osservando la strada rovinata; Dabi non parlava, ogni tanto mi lanciava occhiate strane o osservava poco più su delle mie ginocchia. Avevo ancora la giacca di Dabi e vista di fronte probabilmente si vedeva la mia intimità, per questo chiusi le gambe più che potessi e posai le mani sul corpo per coprirmi. Durante il viaggio non volò una mosca...

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