28. MA HO PAURA

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48 ore prima

Jane's point of view

Due minuti. Guardavo i secondi scorrere sul timer del cellulare, seduta sulla tavoletta chiusa del water. Centoventi secondi al verdetto. Il testa segnava ancora una sola linea rosa. Se entro quei due minuti non ne sarebbe comparsa un'altra, avrei potuto tirare un sospiro di sollievo.

Il mio ciclo era in ritardo di dieci giorni e non sapevo veramente cosa pensare. Era sempre stato abbastanza regolare e se non era giusto, almeno era in anticipo. Ormai sapevo già la risposta che mi avrebbe dato il test di gravidanza, ma mi si fermò ugualmente il cuore quando apparve la seconda linea.

Ero incinta.

Rimasi per dieci minuti interi a fissare il risultato positivo senza essere in grado di muovere un dito. Volevo solo sparire per non essere costretta a portare sulle spalle quel peso. Avrei potuto prenderla bene, ma la verità era che non ero per niente pronta ad avere un figlio. Avevo appena iniziato a lavorare part time in un bar del centro e quando avevo delle ore libere mi tenevo occupata disegnando caricature per le strade di New York. Stiles aveva ancora una posizione di poco prestigio all'FBI e la casa dove abitavamo era piccola e in affitto.

Certo, James ci avrebbe aiutati, così come molti altri che magari guadagnavano il doppio di noi. Magari Lydia, visto che era  diventata un cardiochirurgo di eccellenza; Malia era una fantastica agente immobiliare e Clara era la proprietaria di un locale in centro a Seattle. Eppure non avevo intenzione di ricevere la carità di nessuno.

Sobbalzai quando il telefono iniziò a squillare.

Era Scott. Mi chiamava ogni settimana. Aveva l'enorme paura di perdere i contatti con i suoi migliori amici, così ci teneva a rimanere sempre informato. Lui era rimasto a Beacon Hills. Era innamorato di quella città, anche se doveva essere sicuramente vittima della sindrome di Stoccolma. Non riusciva a staccarsi dal posto in cui era nato e aveva preso il posto di Deaton come veterinario.

Non risposi. Lasciai che il cellulare suonasse e aspettai che finisse per mettermi a piangere. Io? Una madre? E se fossi diventata come i miei? E se volessi tenere il passato nascosto, come hanno fatto loro? No, Stiles non me lo avrebbe mai permesso.

Stiles.

Lui voleva dei figli? In fondo eravamo giovani, ma neanche troppo e avevamo alle spalle già molti anni di relazione.

Provai ad asciugarmi le lacrime, ma quelle continuarono a scendere. Bastava pensare al dolore che avevo provato alla morte dei miei, alla solitudine. Non volevo che un giorno anche i miei figli provassero quella sensazione, ma non potevo fare niente contro il ciclo della vita.

Mi portai una mano sul vetre.

Non volevo abortire. Però non ero pronta, non eravamo pronti, nessuno dei due. O almeno così credevo. Non avevo mai parlato di bambini con Stiles. Magari lui desiderava avere dei figli.

Con me? Magari lo voleva in generale, forse io non facevo parte del piano. Scossi la testa. No, non era possibile perché Stiles mi amava ed io amavo lui.

Mi dimenticai di essere chiusa in un bagno pubblico e di star occupando del tempo prezioso. Come facevo a tornare a casa da sola? Ero sicura di poter perdere i sensi da un momento all'altro. C'era un'altra persona dentro di me e quella sensazione era simile alla notte di luna piena. Come se avessi paura che il bambino potesse prendere il controllo di me stessa, ma stavo solo divagando e facendo pensieri paranoici.

Uscii dal bagno, ritrovandomi nel negozio dove lavorava la ex ragazza di Mike. Maddy, che con il tempo era sempre più simile a Megan Fox, mi passò davanti con una pila di vestiti davanti alla faccia e un'andatura zoppicante. Non ci eravamo conosciute bene in quegli anni, a malapena sapevo il suo cognome, ma non avrei potuto usare nè il mio, né il bagno di chi era ancora in contatto con io mio ragazzo. Ero sempre stata diffidente.

𝓗𝓲𝓼 𝓕𝓪𝓾𝓵𝓽 //𝓢𝓽𝓲𝓵𝓮𝓼 𝓢𝓽𝓲𝓵𝓲𝓷𝓼𝓴𝓲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora