14. PIOGGIA

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Non era facile descrivere quello che successe qualche minuto dopo. Per niente.
Vedere il nome di Derek mi aveva sconvolta sì, ma la cosa che mi lasciava di sasso era il modo in cui quella scoperta era letteralmente scivolata sulla mie spalle. Ci ero davvero così abituata? Guardavo gli altri nomi sulla lista mordendomi le unghie e pensando che quella non fosse altro che la normalità a cui mi sarei dovuta assuefare.

Quella serata si era conclusa con Lydia che dormiva sul letto di Stiles con gli occhi gonfi e le guance bagnate dalle lacrime. Avevamo ricevuto una telefonata. Lydia non l'aveva presa bene, mentre Stiles... ecco di sicuro nemmeno lui. Non lo dava a vedere, come sempre.

Stava sistemando i fogli sulla sua scrivania cercando di fare il meno rumore possibile, mentre io le accarezzavo ancora le braccia e la guardavo dormire. Sapevo che non poteva più sentirmi, ma volevo stare comunque con lei. "Jane è tardi, dovresti tornare a casa." Disse lui raggiungendomi di fianco al suo letto.

Il rumore della pioggia era l'unica cosa che copriva quel silenzio infernale. Le gocce cadevano sul vetro della finestra e i lampi illuminavano la stanza semibuia di tanto in tanto. Recuperai la felpa che avevo lasciato a penzoloni sull'angolo della lavagna e guardai Stiles che si stava già preparando per mettersi il pigiama e dormire sul divano.

"Vieni con me, facciamo un giro." Abbassai la maniglia e sospirai portandomi il cappuccio sulla testa. "Ma piove." Corrugò le sopracciglia alzando la zip della felpa nera e pesante che aveva ripescato a caso dal cassetto. "Non hai mai camminato sotto la pioggia?" Pensavo fosse scontato. Io adoravo camminare sotto le gocce fredde, sentire ogni singola parte del mio corpo rilassarsi sotto il tocco dell'acqua.

"Quando ci provavo da piccolo mia madre mi diceva che avrei preso la polmonite o che poi sarei diventato gigante, come gli alberi praticamente. E sinceramente non ci tengo sai?" Gli presi la mano ed uscii dalla sua stanza trascinando il suo corpo stanco dietro di me.

Ed eravamo di nuovo punto da capo. Troppe notizie in una volta e troppa esperienza con quel tipo di cose. Parrish ci aveva chiamati nemmeno due minuti dopo la scoperta della password. Due minuti che avevamo passato in religioso silenzio a contemplare il presagio di morte a cui avevamo appena assistito.

Meredith.

Non conoscevo Meredith, nessuno lo faceva, nessuno se ne preoccupava, nessuno teneva conto della sua fragilità. E così eravamo venuti a sapere che si era impiccata nella sua stanza poche ore dopo la visita di Stiles e Lydia. La nostra amica aveva subito iniziato a darsi la colpa, mentre il mio ragazzo la guardava seduto sulla sedia a gambe incrociate. Come se non fosse successo niente.

Per poco non ero andata nel panico vedendo Lydia agitarsi così. Non avevo mai visto la maschera di Lydia Martin rompersi.

E mi era rimasto quel senso di angoscia addosso. Sentivo ancora la ragazza singhiozzare con la testa sulla mia spalla.

Scesi i gradini del portico e mi ci sedetti guardando la scena con gli occhi socchiusi e il respiro pesante. L'aria mi accarezzava la pelle e faceva muovere le ciocche di capelli che sfuggivano dalla stoffa del cappuccio. Stiles si mise nella stessa posizione, solo con la schiena più ricurva e il viso completamente oscurato dall'ombra.

"Mentre eri di sotto a prendere da mangiare, Malia mi ha chiamata." Annuì, me non proferì parola. "Brett faceva parte del branco buddista di Satomi, sai ti ricordi la storia della madre di Kira? Tutti morti. Hanno trovato Braeden ferita poco distante, ora è in ospedale." Ma perchè glielo stavo dicendo? Erano delle notizie terribili. In genere non facevo così schifo a consolare le persone, ma con Stiles era tutto più complicato.

Il mio cellulare vibrò per la millesima volta ma lo ignorai. Non lo avevo più preso in mano dopo la chiamata di Malia. Tanto sapevo che era solo James.

𝓗𝓲𝓼 𝓕𝓪𝓾𝓵𝓽 //𝓢𝓽𝓲𝓵𝓮𝓼 𝓢𝓽𝓲𝓵𝓲𝓷𝓼𝓴𝓲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora