2. ABITUDINE

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"James cavolo, ti avevo chiesto solo una cosa!" Esclamai non appena mi accorsi di quello che c'era nella borsa della spesa, che il mio patrigno aveva appena appoggiato sul tavolo della cucina.

"Mi hai chiesto di comprarti gli assorbenti."

"Sì, James, assorbenti non salvaslip."

Lui aggrottò le sopracciglia facendo formare delle rughe sulla sua fronte.
Decisi di lasciar perdere e mi rimisi la felpa, con l'intenzione di uscire per andare a comprare quello che qualcuno non era riuscito a trovare.

Ero tornata a Beacon Hills da quattro giorni e già sentivo la mancanza di tante piccole cose che una volta mi sarebbero sembrate insignificanti. Io non sapevo cucinare neanche della pasta, mentre a James era stato vietato categoricamente di avvicinarsi ai fornelli prima di far esplodere qualcosa. Risultato? Abbiamo mangiato Mcdonald's e pizza per una settimana intera, e non voglio immaginare cosa avesse ingerito mentre ero a Seattle. L'assenza di mamma iniziava a farsi sentire sempre più forte.

Il giorno dopo sarei ritornata a scuola e non ero per niente pronta a rivedere loro tutti i santi giorni. "Torno fra mezz'ora, non mandare a fuoco la casa." Lo avvertii puntandogli il dito contro. "Sì mamma." Rispose alzando le mani.

Feci appena in tempo ad uscire dalla porta, che sentii un forte rumore provenire dall'interno della casa. "Ah cavolo le uova!" Alzai gli occhi al cielo e mi incamminai verso il piccolo supermercato dietro l'angolo.

Durante la strada provai per la millesima volta a chiamare Derek, ma aveva risposto solo la voce robotica della segreteria. Ero passata al loft non appena ero tornata, ma lui non c'era e stavo iniziando a preoccuparmi. Alla fine non è poi così strano da parte sua, ma c'era qualcosa che non mi convinceva di tutta quella storia.

Il sole stava tramontando e mi arrivava direttamente in faccia. Mi ero abituata al freddo del nord e in quei quattro giorni ero andata in giro per casa in pantaloncini come se fosse estate. In realtà non faceva poi così caldo, ma quando si passa da zero gradi a venti in poco tempo, la differenza di temperatura si fa sentire.

Qualche casa aveva ancora le decorazioni natalizie in giardino ed iniziai a sentirmi in colpa per aver lasciato James da solo durante le vacanza. Aveva insistito così tanto e alla fine avevo ceduto, solo che l'immagine di lui che passava il Natale sul divano a mangiare pizza surgelata, mi faceva sentire una merda.

I miei pensieri vennero interrotti da un rumore acuto. Era corto, ma aveva fatto eco per tutta la strada vuota. Ne sentii un altro e un altro ancora. Cominciai a chiedermi come mai le persone in casa non se ne accorgessero. Pensai che magari potesse essere un qualche cacciatore di cervi, visto che mi trovavo sul ciglio della riserva, ma quando un proiettile mi sfiorò il fianco a facendo bruciare la pelle come il fuoco, decisi di ricredermi.

Cominciai a correre più veloce che potei. Non potevo tornare a casa, se no chiunque avesse cercato di spararmi sarebbe arrivato anche a James.
Perché non si poteva restare tranquilli un secondo? Mi coprii il fianco con la mani quando sentii uno strano dolore irradiarsi il tutto il mio corpo.

Alzai di poco la maglietta e mi accorsi che quel taglio, non molto superficiale, aveva uno strano colorito violaceo.
"Merda." Sperai con tutta me stessa che non fossero tornati i cacciatori a Beacon Hills, perché davvero ci mancavo solo quello. Ma un normale civile come avrebbe fatto a procurarsi dei proiettili allo strozzalupo?

Continuai a correre finché le gambe non iniziarono a farmi male. Sentii un sonoro fischio e qualcosa colpirmi alla spalla. Caddi a terra miseramente tenendomi la spalla con una mano. Non mi importava più dei possibili inconvenienti, decisi su due piedi di andare alla clinica veterinaria. Sembrava che mille schegge di vetro mi si fossero conficcate in tutto il braccio, nonostante il proiettile avesse colpito solo un punto preciso.

𝓗𝓲𝓼 𝓕𝓪𝓾𝓵𝓽 //𝓢𝓽𝓲𝓵𝓮𝓼 𝓢𝓽𝓲𝓵𝓲𝓷𝓼𝓴𝓲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora