17. CLARA

2.5K 94 77
                                    

Mentre camminavo a fianco di Stiles per i corridoi affollati della scuola, un punto in particolare attirò la mia attenzione. Il coach stava sistemando delle carte nel suo ufficio con la porta aperta e la sua solita espressione disgustata in viso. Ricordai del momento in cui mi vomitò addosso. Era ubriaco marcio e tutti inquella scuola sapevano dei suoi precedenti, visto che ci minacciava ogni due per tre di avere una ricaduta se lo avessimo fatto arrabbiare.

"Jane, su andiamo a casa." Stiles mi accarezzò la schiena lentamente. Sapevo che cercava ancora di consolarmi dopo la storia di Malia. "Mi aspetti alla jeep?" Chiesi senza spostare mai gli occhi dal professore di economia. "D'accordo."  Non dissi altro e mi diressi immediatamente verso l'ufficio del coach.

Bussai a lato del muro anche se la porta era spalancata. "Montgomery, a cosa devo questa visita? Non ti alzerò il voto in educazione fisica solo perché mi stai simpatica, sappilo." Mi avvertì puntandomi il dito contro con tono giocoso. Sorrisi, o almeno ci provai.

"Ho bisogno di un consiglio." Mi appoggiai allo stipite con le braccia incrociate. Forse cercavo di mostrarmi più sicura di me, anche se sapevo che il tono malinconico della mia voce mi avrebbe tradita. "Non sono uno psicologo. Vai a casa Jane." Mi aspettavo una risposta del genere. Infondo il coach è sempre il coach.

"Devo aiutare una mia amica e non so come fare."

"Ripeto: non sono uno psicologo."

"Dirò a tutti della sua ricaduta sul lavoro."
Sbarrò gli occhi terrorizzato e un angolo della mia bocca si alzò. "È per questo che mi piaci Montgomery, dimmi cosa ti turba." Mi fece cenno di sedermi sulla sedia davanti alla sua oltre la scrivania, e così feci.

"Come si è ripreso? Dall'alcolismo intendo."

Non riuscrivo più a togliermi dalla testa la conversazione che avevo avuto con il coach qualche ora prima. Perseguitava anche i miei sogni. Per una volta mi sentivo come una persona normale, con preoccupazioni che non fossero fuori dall'ordinario e incubi che seguivano un filo logico. Ho bisogno di una vacanza.

Mi girai su un fianco trovando Clara nella stessa posizione con gli occhi chiusi e i capelli biondi sparsi sul cuscino. Perché stava così male? Perché aveva tradito Sam? Pensai che mi somigliasse così tanto. C'era stato quel periodo in cui avevo perso me stessa, in cui non mi importava di nessuno se non di Stiles. Forse la capivo.

"Dovresti ricordarti dei miei superpoteri." Le labbra della bionda si erano mossero in modo riduttivo. E fu lì che capii a cosa si riferisse. Clara aveva questa strana capacità: ogni volta che qualcuno la guardava mentre dormiva, se ne accorgeva e si svegliava. Era incredibile davvero. Mi sono dovuta accertare tante volte che non possedesse nessuna abilità soprannaturale.

"Jane?" Aprì i grandi occhi di ghiaccio ed io la guardai in modo interrogativo. "Perché non mi hai mai detto niente?" Non riuscivo a capire a quale delle tante cose che le avevo tenute nascoste si riferisse. "Riguardo a cosa?" Domandai mettendomi seduta con la schiena appoggiata alla testiera del letto.

"Riguardo a cosa sei."

Il battito del mio cuore accelerò e mi strozzato con la saliva. Potevo sentire le mie tempie pulsare e improvvisamente mi venne un gran mal di testa. Era andata ormai. Mi chiedevo per quanto ancora avrei dovuto rimandare quel momento.

"Perché è pericoloso sapere troppe cose. Mio padre è stato ucciso, te lo ricordo." Avevo sempre raccontato loro di una rapina finita male. Clara non sembrava arrabbiata ed era questo a preoccuparmi. Lei sapeva, ma per chissà quanto tempo non aveva detto niente. Era la ragazza più intelligente che avessi mai incontrato, insieme a Lydia Martin. Non era un vero e proprio asso nella matematica e odiava la lingua francese, ma in astuzia non la batteva nessuno.

𝓗𝓲𝓼 𝓕𝓪𝓾𝓵𝓽 //𝓢𝓽𝓲𝓵𝓮𝓼 𝓢𝓽𝓲𝓵𝓲𝓷𝓼𝓴𝓲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora