Eighteenth

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«Channelle!»-alzo gli occhi al cielo quando la voce di mia sorella mi riporta alla realtà, costringendomi a smettere di fissare la macchina di fronte a me e voltare le spalle a quello che pensavo fosse un rottame di ferro da buttare.

Trattengo un sorriso, portando il labbro inferiore tra i denti mentre mi dirigo verso il grosso portone di vetro dell'azienda, ma il sorriso mi muore sulle labbra al ricordo dell'ultima volta in cui ho visto Jason.

«Hai abbandonato mio figlio con il tuo ex?!» - il suo tono di voce è così fastidioso che mi affretto a spegnerle la chiamata prima che possa continuare a insultarmi o farmi sentire peggio di quanto non mi sento già.

Porto una mano sulla pancia sotto il cappotto istintivamente, sperando che Jason non dubiti di nulla e continui a pensare che ho solo paura dei bebè.

Non so come e quando ha aggiustato la mia auto, ma quando Mark mi ha raccontato non ci ho pensato due volte prima di guidare stamattina.
A prescindere dall'odio che provo per lui non ho intenzione di continuare a disturbare il mio vicino di casa o Mikael per tutte queste settimane.

Al solo pensiero assumo una smorfia seria, rallentando all'improvviso e iniziando a sentirmi in colpa quando realizzo che è da un paio di giorni che non vedo il mio amico, né l'ho degnato di una chiamata per fargli almeno capire quanto gli sono grata per essere tornato insieme a me e aver finto di essere il mio fidanzato.

Senza pensarci due volte approfitto del fatto di essere entrata in ascensore per prendere il telefono dalla borsa e cercare tra i contatti il numero del mio amico e affrettarmi a scrivergli di venire da me stasera.

Nemmeno lui si è fatto sentire, ma non è la prima volta che Mikael si assenta e di solito succede perché rimane chiuso nel suo ufficio per ore pur di finire di organizzare le sfilate che promette ai suoi clienti.
I sensi di colpa aumentano quando realizzo che forse si sta occupando di quello che gli ho spudoratamente supplicato di fare.

Basterebbe una firma da parte di suo padre e di Jason per rinnovare il mio contratto a New York, ma per quanto suo padre sia un uomo razionale, non so fino a che punto il mio ex sarà disposto a fare un favore a me e al suo socio.

Stringo il telefono tra le dita continuando a fissare lo schermo, come se Mikael potesse rispondere da un momento all'altro, ma mi arrendo quando metto piede fuori dalla scatola metallica e inizio a incamminarmi verso il corridoio, con i tacchi alti che echeggiano a ogni singolo passo che faccio, attirando l'attenzione di quelli che un tempo erano miei colleghi in questo posto.

Alcuni di loro mi guardano dall'interno del loro ufficio, facendomi maledire per l'ennesima volta chi ha deciso di fare le mura di quest'azienda in vetro trasparente.

L'unica cosa che mi rilassa è che Jason non si trovi più di fronte al mio ufficio, avendo preso quello di suo padre, anche se ora il suo posto è occupato dalla sua fidanzata, che non perde occasione per lanciarmi occhiatacce da quando sono ritornata.

Spero solo che il pugno che le ho tirato l'ultima volta che ci siamo viste sia servito a qualcosa, oltre a farmi sentire in colpa per aver usato la  violenza.

Con la coda dell'occhio noto che non è affatto così, dato che Sharon è dietro la sua scrivania con le braccia incrociate lo sguardo omicida rivolto nella mia direzione, come se stesse tramando qualcosa con la sua mente perfida.

Costringo me stessa a non privocarla o farmi provocare dalla sua stronzaggine, quindi le volgo le spalle senza pensarci due volte ed entro nel mio ufficio a passo felpato, ma capisco che il suo atteggiamento non è dovuto solo al ricordo del mio pugno appena i miei occhi incrociano la figura di Jason, in piedi vicino alla finestra del mio officio, con la schiena imponente poggiata al muro dietro di lui e le braccia muscolose incrociate al petto, mentre il suo lo sguardo è rivolto fuori dalla finestra a guardare i palazzi di Miami, oscurati dalle nuvole nere che minacciano dell'arrivo di un temporale alle otto del mattino.

«Bella.»

Raddrizzo la schiena quando la sua voce assonnata eccheggia tra le mura di vetro dell'ufficio, menttre smetto di respirare quando realizzo ciò che ha appena detto, continuando a fissare il suo profilo contratto e concentrato verso il paesaggio di fronte a lui, senza degnarmi di un'occhiata.

«La macchina.»-aggiunge dopo un paio di secondi, facendo battere il mio cuore sempre più rapidamente quando mi rendo conto che non sta fissando i palazzi di fronte a lui, ma il parcheggio davanti alla sua azienda.

Al solo pensiero che è qui da tanto ed è rimasto a fissarmi dal momento in cui ho messo piede fuori dalla mia vecchia auto mi fa venire i brividi.
Continuo a guardare il suo profilo da lontano, come se non riuscissi a muovere un muscolo per muovermi dal posto, passando rapidamente gli occhi dalla sua mandibola definita alle sue labbra carnose e talmente rosse per il freddo che sono costretta a distogliere gli occhi per non iniziare a farmi strani pensieri.

Abbasso le sopracciglia in un'espressione confusa quando mi accorgo che i suoi ciuffi neri e lisci cadono disordinati sulla sua fronte, invece di essere leccati all'indietro come al solito, ma distolgo in fretta  gli occhi dalla sua figura quando mi accorgo che decide di girare la testa nella mia direzione.

Senza trovare il coraggio di incrociare il suo sguardo o ringraziarlo di aver aggiustato la mia macchina, mi affretto a incamminarmi verso la mia scrivania a passo felpato, schiarendomi la voce per ritornare in me al ricordo della sua fidanzata che continua a fissarci:

«Perché sei qui?» - chiedo tra i denti, prendendo posto sulla mia sedia per accendere il computer di fronte a me e sperando che non inizi a riempirmi di domande sull'ultima volta che ci siamo visti nel soggiorno della casa di mia sorella, ma alzo la testa di scatto quando lo sento sospirare alle mie spalle e decidersi di aprire bocca:

«Per far ingelosire Sharon.»





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Ex 2 // In Love With My Ex (SECONDO LIBRO) //  Sequel Di 'Ex'- New Adult Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora