Twenty Second

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È quasi ora...

Prendo un forte respiro e lancio una rapida occhiata allo schermo del telefono per accorgermi che mancano poche ore alla visita dalla dottoressa Kimberly.
Sono quasi le otto di sera, ma non potevo chiedere un appuntamento di mattina. Non so se riuscirò a prendermi entro domattina, ma sicuramente Kristen e Alison mi avrebbero riempite di domande se avessi lasciato l'intera giornata di lavoro oggi.

Al solo pensiero di dover incontrare quella donna mi vengono i brividi, mentre quella strana sensazione di pugnalata al petto riprende a tormentarmi, mentre cerco di scacciare dalla testa i sensi di colpa e l'idea di chiamare Mikael per dirgli di annullare l'appuntamento dalla ginecologa stasera.

«Ti senti bene?»-alzo la testa di scatto quando Alison schiocca due dita davanti al mio viso, costringendomi a ritornare alla realtà e sbattere più volte le palpebre, per poi riprendere a guardarla dritto negli occhi.

«Come?» -mi affretto a schiarire la voce, per poi poggiare la schiena allo schienale della sedia, mentre continuo a colpire il pavimento con la punta del piede sotto la scrivania del mio ufficio.

«Ti chiedevo del tuo uomo.» - chiede con un tono allegro,come se Kristen non le avesse già raccontato tutto di me me e Mikael, mentre si avvicina per sedersi sulla mia scrivania e cercare di attirare la mia attenzione, dato che finora non ho fatto altro che distrarmi a ogni frase che è venuta fuori dalla sua bocca.

Alla sua domanda alzo le spalle con indifferenza, schiarendomi la voce prima di aprire bocca di nuovo:

«Mikael è perfetto.»-mi limito a dire, guardandola di sottecchi per il disagio. Non ho mai raccontato una bugia ad Alison. È l'unica che sa tutto della mia vita privata e l'unica che davvero vuole vedermi felice, ma è proprio per questo che non posso dirle la verità.

Non posso dirle che quello che c'è tra me e il mio amico è solo una farsa per non destare sospetto e che sono al quinto mese di gravidanza, perché so che mi convincerebbe di non fare quello che ho in mente.

Forse non avrei dovuto dirlo nemmeno a mia sorella, ma come immaginavo non ha spiaccicato parola dopo la mia confessione. Non le ha fatto pietà nemmeno il vedermi accasciata per terra a piangere davanti ai suoi occhi.

Mi ha solo voltato le spalle per uscire dal mio appartamento e sbattere il portone d'ingresso alle spalle, mentre Mikael è rimasto con me tutta la serata, cercando di farmi credere che andrà tutto bene e che quest'incubo finirà primo o poi.

«Non parlavo di Mikael.»

Alzo la testa di scatto quando realizzo le parole della mia amica, incrociando il suo sguardo malizioso per capire che è venuta a sapere del bacio.

Porca miseria! Pensavo che solo Sharon ci avesse visti!

«Quel bacio non ha significato nulla.»-mi affretto a farfugliare tra le labbra, mentre le mie guance iniziano a surriscaldarsi per l'imbarazzo di dover affrontare quest'argomento con Alison, dato che non ho fatto altro che insultare Jason parlando con lei negli ultimi mesi.

Al solo ricordo della mattina di ieri, una strana sensazione al petto mi porta a deglutire rumorosamente, mentre mi sembra di avvertire la sua presenza alle mie spalle, con i pettorali che si contraggono contro le mie spalle e il suo profumo che sembra non voler uscire dalle mie narici, ma scuoto la testa in fretta prima di arrivare al momento in cui le mie labbra sfiorano le sue, riprendendo a guardare Alison nell'esatto momento in cui la sua voce acuta echeggia nel mio ufficio:

«Vi siete baciati?!»

Spalanco gli occhi nell'esatto momento in cui capisco di non aver dovuto aprire bocca. Maledico mentalmente me stessa, chiudendo gli occhi, per poi incrociare le braccia sulla scrivania e piegare la testa in basso per poggiare sulle mani strette in pugni, con l'intenzione di coprire la faccia per nascondere le guance rosse alla mia amica.

«Si.»-farfuglio dopo un paio di secondi di silenzio, mentre nel mio ufficio echeggia solo la risata della mia amica.

«Channelle...»- cerca di richiamare la mia attenzione, smettendo di ridere all'improvviso, ma non la lascio iniziare a prendermi in giro e mi affretto a farle capire che non sono fiera di averlo baciato, anche se la mia rabbia in quel momento mi ha impredito di ragionare lucidamente:

«Ha detto che voleva far ingelosire Sharon.»- stringo i denti per la rabbia al ricordo delle parole di Jason, mentre le mie dita rimangono chiuse in due pugni.

«È un bastardo.»-aggiungo subito dopo, senza riuscire a trattenermi e approfittando del fatto che la mia amica ha deciso di ascoltarmi seriamente, infatti cerca di farmi ritornare in me e tranquillizzarmi di nuovo, schiarendosi la voce per riprendere la mia attenzione:

«Channelle, tesoro...»-ma non la lascio finire di nuovo, stringendo le gambe tra di loro quando una ventata di aria fredda si scontra tra con la mia pelle già pallida:

«Un puttaniere.»-aggiungo con disprezzo senza pensarci due volte, per poi decidermi di alzare la testa lentamente per guardarla dritto negli occhi e farle capire che davvero provo odio nei confronti del mio ex, ma il cuore mi sale in gola e raddrizzo la schiena quando apro gli occhi e noto che davanti alla mia testa sulla scrivania sono poggiate due mani, con un piccolo tatuaggio che circonda il polso destro e un anello metallico intorno al pollice, ma mi basta vedere le dita gigantesche e gli avambracci muscolosi per riconoscere la persona che ho di fronte e capire il motivo per cui la mia amica è rimasta zitta per tutto questo tempo, per poi decidersi all'improvviso di aprire bocca nell'esatto momento in cui sollevo la testa lentamente per incrociare gli occhi scurissimi di Jason.

«A dopo, tesoro.»

La voglia di tirare uno schiaffo a quella che pensavo fosse la mia migliore amica è tanta, ma pur volendo lanciarle una lunga occhiataccia, non riesco a staccare gli occhi dalle pozzanghere nere che mi guardano dall'alto, nonostante alcune ciocche di capelli finiscono davanti ai miei occhi.
La sua espressione è indecifrabile, mentre mi continua a fissare con una smorfia seria più che arrabbiata, ma è così concentrato in questo momento che mi dimentico di respirare e l'unica cosa che riesco a fare è deglutire rumorosamente davanti ai suoi occhi attenti, per poi sobbalzare quando la sua voce rauca si diffonde nel mio ufficio:

«Alzati.»





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