Studio!

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"I fanciulli trovano il tutto anche nel niente, gli uomini il niente nel tutto"

Sono le 7:00 di mattina ed io sono già in piedi col libro in mano a tradurre queste scritture dal latino al greco.
Ieri di nascosto sono uscito con mio fratello, Carlo, e sono andato in un negozio di tecnologia per comprare un Iphone 4s, l'unico che costa meno.
Con la scusa del bagno inizio a giocare col mio nuovo aggeggio, tanto ci vuole un bel po' di tempo.

<<Giacomo, hai finito?>> urla mio padre.

<<Sì, un attimo>> replico.
Nascondo il cellulare nell'elastico delle mutande ed esco fuori dal bagno.

<<Ci hai messo un bel po' di tempo! Come mai?>> Mi parla porgendomi un libro di fisica.

<<Stavo ripassando mentalmente una poesia in inglese ed ho perso la cognizione del tempo>> dico la prima cosa che mi passa per la mente mentre mio fratello ride sotto i baffi.

<<Giacomo, devi capire che ormai hai diciassette anni e fra due giorni diciotto, non puoi perdere tempo in bagno! Lo sai che lo Studio ti offre molte opportunità>> mi mette un braccio sulle spalle e mi fa sedere nella mia postazione mentre i miei fratelli guardano la scena.

I miei fratelli sono gli unici a capirmi realmente. Sono gli unici amici che ho nella mia vita, oltre ai libri, ovvio. Io sono il più grande dei tre anche se ci dovrebbero essere altri fratelli oltre noi tre, solo che mia madre ha passato dei momenti difficili dove i nostri fratelli non sono mai nati.

Mio fratello, Carlo, è nato un anno dopo di me, i suoi capelli corvini ricadono sulla sua fronte come la pioggia che cade sulla terra. Io e mio fratello siamo molto legati intimamente sin dall'infanzia. Condivido con lui studi, giochi e progetti. Carlo si dedica principalmente allo studio delle lingue moderne. Io lo considero un altro me, mentre mia sorella è due anni più giovane di me.

Lei ha i capelli neri che le ricadono sulle spalle e gli occhi tra un blu e un marrone che ti restano impressi nella memoria. La sua intelligenza, la sua cultura e il suo carattere appassionato e generoso compongono una ragazza meravigliosa. Nostro padre non le dà tanta importanza, perché il suo pensiero è molto maschilista, ma Paolina compie seri studi, a volte più di me. Paolina, d'altronde, aiuta anche nostra madre con la macchina da cucire e le faccende domestiche.

Guardo i due intenti nella traduzione di qualche libro, che nessuno considera più, mentre io continuo a parlare con mio padre.

<<Lo so padre, ma a volte vorrei andare via da questo paese. Sa mi sono arrivate delle lettere da una casa editrice e dicono che prenderanno in considerazione le opere che ho mandato loro>> dico sorridendo, ma mio padre sembra contrario a questa cosa.

<<Non mi sembra il caso di perdere tempo per quelle poesie. Giacomo rimettiti subito a studiare!>> urla per poi sbattere la porta e uscire dalla biblioteca.

La mia mente lo sapeva, sapeva di non essere cosi frettoloso a cominciare certi argomenti con mio padre, sono solo una delusione, una delusione in tutto. Sento che questo non è il posto giusto per me. Dietro quella collina ci sarà qualcosa o qualcuno che mi aspetta, mentre io sono qua a girarmi i pollici e ad aspettare che una poesia in greco mi entri in testa.
Inizio a mettere giù qualche verso nel mio diario regalato da mia sorella, Paolina.
"Sempre così imperfetto
Via i problemi
Via le critiche
Via le ingiustizie di questo mondo.
Chiuso in me stesso con i miei demoni
Solo tu puoi portarmi alla luce contemporaneamente alla morte
Ho dormito per tanti giorni ora basta,
riportami in vita
Ora io vado,
oppure divento niente
Ho vissuto nella bugia,
Ora mi lascio cadere."

Chiudo il diario prima che mio padre entri ed inizio a studiare. Passate ore decido di affacciarmi dalla finestra e vedo una ragazza, mi sembra si chiami Teresa, figlia dell'autista di mio padre. Una donna di casa e di chiesa, ma sempre così felice e solare. Con i capelli bruni e le labbra rosee passeggia per le vie della città piena d'amici e d'amore, amore che io non ho mai ricevuto.

Perché io non sono come lei? Perché gli altri sono sempre così allegri, viaggiano e fanno amicizia facilmente ed io sono qui rinchiuso in queste quattro mura?
Perché questa vita è toccata a me?
Io sono stanco. Così stanco che immerso tra questi, inizio a pensare a quanto può costare un biglietto. Esco frettolosamente dalla biblioteca e mi reco in camera mia, cerco su Internet qualche volo e contando i soldi, che sono rimasti nel mio nascondiglio, prenoto il primo aereo per l'America. Quando fra due giorni mio padre organizzerà la festa per il mio Diciottesimo compleanno con una scusa io volerò lontano da qui.
Mi rifarò una vita, non sarò più Giacomo Leopardi figlio del Conte Monaldo.
Sarò un ragazzo diverso.

Per prima cosa devo sistemare questa specie di arco che mi ritrovo dietro la schiena. Ci sto già lavorando da tempo, ma ora è arrivato il momento di mettere ciò che mi sembra una tortura umana. Indosso con fatica il corsetto, ma è cosi stretto che faccio fatica a respirare. Penso fra me e me che è solo uno sforzo per avere ciò a cui ho sempre ambito. Mi guardo allo specchio ed in un momento quello specchio si ritrova in mille pezzi a terra mentre io mi ritrovo a terra immobile. Passano dei minuti ed io non riesco a muovermi, quando alzo la testa da terra incomincio a camminare e nei pezzi rotti riesco a trovare il mio vero aspetto. Ne raccolgo uno, lascio che la superficie tagliente scivoli sul palmo della mia mano destra per poi passarlo sulla mano sinistra. I miei occhi rossi riflettono su quel pezzo di vetro ricordandomi chi sono e chi non voglio essere.

Mi alzo lentamente da terra e sanguinante vado in bagno per medicare le ferite alle mani, come fosse naturale, passo il disinfettante nella mano destra e poi un po' dolorante nella mano sinistra infine bendo tutto con una garza più antiquata di non so che cosa. Sopporto il dolore delle ferite ed infine indosso dei guanti anche se si noteranno essendo Giugno. Alla fine mi rivesto indossando i miei occhiali enormi e m'avvio in biblioteca, dove i miei fratelli mi aspettano.

<<Giacomo, sei sicuro di quello che vuoi fare?>> dice mia sorella quando la raggiungo.

<<Sono sicuro Paolina, finalmente ho la mia occasione, fra due giorni non mi vedrete più, prenderò il primo aereo per l'America>> dico abbracciandola come se niente fosse successo.

<<America? Andrai in America?>> dice stupita mentre io annuisco.

<<Non ci credo! Tu sei pazzo>> dice dandomi uno schiaffo sul braccio e una volta dato, faccio finta di uscirne ferito, in verità è reale. Lei ride e mi abbraccia.

<<Mi mancherai un sacco, fratellone>>.

<<Anche tu mi mancherai tanto>> dico dandole un bacio in fronte per poi andare dalla nostra famiglia già a tavola come un orologio svizzero.

<<Giacomo, posso chiederti perché hai i guanti in questo periodo dell'anno?>> domanda mio fratello all'orecchio prima che il primo piatto sia portato.

<<Allergia>> alzo le spalle e accolgo il cibo che sta per essere servito. Abbasso lo sguardo verso il piatto e ne rimango deluso, è solo il solito piatto. Prima di mangiare mi sistemo la giacca attirando l'attenzione grazie alla solita sedia che scricchiola quando mi siedo mentre la solita forchetta arrugginita nasconde il vero sapore del pollo.

Sbuffo alle solite lamentele di mia madre e al solito discorso di mio padre, per quanto riguarda il mio compleanno.

Quando tutta la monotonia finisce mi rinchiudo in camera e inizio a preparare l'inizio della fine.

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