Per sempre

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Okay, Giacomo due respiri profondi!

Uno.

Due.

No, non ci riesco, non ci riuscirò ne sono sicuro!

<<Dai ma che ci vuole! Ti muovi!>> esclama Daniel davanti a me infastidito mentre mio fratello sembra troppo distratto. Io controllo ancora una volta cosa ho nelle mani e finalmente trovo le forze per fare quella mossa a discapito di mio fratello.

<<Ti voglio bene>> dico mentre mio fratello mi fulmina con lo sguardo.

<<Io no!>>

La porta si apre rivelando Emily con mia sorella e altri due dottori.

<<Ancora cosi siete?>> esclama vedendo prima me con ancora il camice dell'ospedale seduto sul letto e mio fratello seduto sulla sedia come Daniel.

<<Stavo vincendo!>> dico sbuffando mentre le carte che avevo in mano finiscono sopra il comodino.

<<Ecco, hai rovinato la nostra partita a uno!>> esclama Daniel rimettendo le carte nell'apposita scatola. Mio fratello si avvicina a Emily ringraziandola, perché stava perdendo, mi metto a ridere per poi afferrare i vestiti che Emily mi ha tirato.

<<Vestiti e una volta finito presentati in segreteria io insieme ai dottori ti aspettiamo là per firmare i documenti di uscita>> infine esce seguita dai due dottori, io li guardo male e inizio a vestirmi.

Finalmente dopo mesi lascerò questo posto. Ho contato i giorni in quel calendario fissato sopra il mio letto, che fra poco non sarà più mio. Tra controlli e accettazioni finalmente posso rimettere piede fuori di qua, stavolta per sempre. Tutto ciò che devo fare e presentarmi in qualsiasi ospedale una volta ogni tre mesi per vedere se il cuore è in ottime condizioni e devo prendere ogni settimana delle pillole che mi hanno lasciato sul comodino. Mi vesto rapidamente e, prese le ultime cose, vado in segreteria. Firmo quelle carte, incrocio la mano di Emily con la mia e insieme andiamo verso la macchina.

Appena capisco che sono fuori faccio un sospiro di sollievo. Finalmente i miei occhi vedono la vera luce del sole e respiro un'aria diversa, più pulita o forse. I miei fratelli ci aspettano già in macchina insieme a Daniel.

<<Ora che facciamo?>> dice Paolina.

<<Andiamo a casa e poi vedremo dove andare>> le rivolgo un sorriso per poi guidare. Mi è mancato tenere tra le mani un volante e mi è mancata la mano di Emily sopra la mia gamba, mi rassicura sempre, non ne avrò mai abbastanza. Quando rientro a Recanati i miei mi aspettano davanti la nostra casa, tutti eccetto mia madre, come sempre. A quanto pare abbiamo ripreso le vecchie abitudini e tutto quello che è stato detto all'ospedale è rimasto all'ospedale.

<<Bentornato>> dice l'autista, gli sorrido abbracciandolo, cosi come altri domestici della casa. Appena entro dentro non riesco più a riconoscere quest'abitazione. Le pareti sono diverse, non sono più decorate come se fossero del 1300 con dei ghirigori, ma bensì di un unico colore. I mobili antichi non ci sono più e sono stati rimpiazzati da mobili moderni come le altre abitazioni. Nella biblioteca i libri sono rimasti tutti com'erano, è stato aggiunto solo un computer, "per fare delle ricerche" come ha detto mio padre. Perfino i suoi abiti e quelli di mia madre sono diversi. Finalmente gli occhi di mio padre si sono aperti. Lo abbraccio con tutto l'affetto che ho verso di lui.

<<Ti voglio bene>> gli sussurro.

<<Anch'io figliolo, ora va>> dice indicando dietro di me.

<<Dove?>> domando curioso. Mi giro verso Paolina che ha tra le mani cinque biglietti.

<<Si va a casa!>> esclamano tutti eccitati intendendo Seattle.

<<Per quanto?>>.

<<Per sempre>> dice Emily venendo verso di me e lasciando un leggero bacio sulle mie labbra. Non posso fare altro che ringraziare tutti e partire verso una nuova vita.

L'indomani ci svegliamo tutti di fretta e furia perché l'aereo che dobbiamo prendere lo stiamo perdendo. Tra lamenti, discussioni e fretta siamo riusciti a entrare in macchina e partire verso l'aere porto. Salutati per l'ultima volta i miei genitori e ringraziandoli ancora c'imbarchiamo e finalmente saliamo su quell'aereo. Mi sembra tutto cosi surreale, finalmente avrò di nuovo la vita che sogno.

Dopo ore di volo arriviamo in America, in quella casa che mi è mancata come il pane. Tutto è come l'ho lasciato eccetto la polvere, quella non mi è mancata. Insieme a Emily sistemiamo tutto e guardiamo fieri la nostra casa, mentre gli altri tre si sono sistemati nell'appartamento di Emily sopra di noi.

Passano i giorni, le settimane, mesi e niente può essere più perfetto di cosi, ho ripreso a scrivere, Emily ha ripreso gli studi e il suo lavoro al supermercato. Mio fratello e Daniel lavorano come segretari in un ufficio importante mentre mia sorella ha intrapreso gli studi per diventare dottoressa.

<<Sei pronta?>> dico abbracciandola da dietro mentre lei sta cucinando.

<<Per cosa?>> domanda rimanendo ferma dov'è.

<<Per questo>> le metto due biglietti di fronte la faccia e lei non può fare altro che saltare tra le mie braccia.

<<Come ci sei riuscito? Parigi! Stai scherzando?>>.

<<Posso mai scherzare su cose cosi serie? Parigi solo io e te!>>.

A Parigi è stato tutto perfetto, abbiamo visitato la Torre Effeil, il Louvre, L'Arco di Trionfo, Notre Dame e altre meraviglie che la Francia ci offre. Un giorno è stato particolare il 20 gennaio 2018 è stato in quel momento, sopra la torre di Parigi che le ho chiesto di rimanere mia per sempre e lei ha detto di Sì. L'anno dopo quello che abbiamo sempre desiderato è diventato realtà. Lei era bellissima, aveva un vestito bianco ampio, il velo che copriva il suo viso e i capelli raccolti lasciando due ciocche che le ricadevano nel viso coperto. Quando è arrivata davanti a me ho scoperto il suo viso guardandola negli occhi e non potevo credere che lei sarebbe stata mia per sempre. Appena pronunciate le parole "Lo voglio" ho capito che il dado era tratto e finalmente potevo stare con lei, non ci sarebbe stato niente che ci separasse o almeno "finché morte non ci separi".

<<Tesoro, hai visto la giacca di Clara?>> domando alla mia bellissima moglie.

<<E' in soggiorno>> esclama preparando le ultime cose. Insieme alla mia bambina andiamo in salotto dove le metto la sua giacca.

<<Ricorda cosa ti ha detto papà...>>

<<Di non dare retta agli sconosciuti e soprattutto ai maschi!>> ripete la piccola affermando il suo zainetto mentre Emily mi fulmina con lo sguardo.

<<Brava bimba, ora va insieme alla mamma, ti aspetto qui!>> Oggi la mia prima figlia incomincia la scuola elementare e io non sono stato cosi fiero di vederla correre con quello zainetto più grande di lei. Assomiglia tanto a me, tranne per il carattere quello l'ha preso da sua madre, avere due Emily in casa non è facile, ma è un piacere. Una volta accompagnata Clara a scuola, Emily e io ci prendiamo la mattinata libera e andiamo a fare una passeggiata, farà bene a entrambi, in particolare a lei.

<<Come sta il mio ometto?>> dico appoggiando l'orecchio nella pancia di Emily.

<<Fa il monello>> ride addentando il suo panino.

<<Ha fatto capricci Clara?>> domando immaginando il peggio.

<<No, è entrata serenamente>> le rivolgo un sorriso per poi continuare a camminare.

Quando arrivo finalmente alla nostra panchina mi accorgo di stare parlando da solo, perché Emily è ancora rimasta indietro. Ad un certo punto tutto si fa buio, la mia testa inizia a girare e io inizio a perdere il controllo.

<<Emily!>> la chiamo, ma lei non risponde.

<<Emily, guardami ti prego!>> la tengo stretta tra le mie braccia mentre cerco di afferrare il cellulare per chiamare qualcuno.

<<Luce dei miei occhi, avevamo detto per sempre>>

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