<< Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare>>Finalmente è arrivato il giorno in cui la mia vita prenderà una nuova svolta.
Oggi ci sarà la grande festa e, quando tutti non guarderanno, io e mio fratello prenderemo la macchina che ci accompagnerà all'aeroporto.
Ho già fatto domanda per un'università a Seattle e anche se la mia mente è più aperta rispetto a quella degli altri, voglio integrarmi come un vero e proprio diciottenne americano, o almeno ci provo.Sto ancora nella mia scrivania a studiare e a comporre opere,che non saranno mai lette mentre mio padre si avvicina:
<<Giacomo, va a prepararti per sta sera. Oggi hai dato il tuo meglio, sono orgoglioso di te>> mi sorride e con la sua approvazione vado in camera e prima di farmi la doccia faccio un po' di esercizi per la schiena. Quando finisco i miei pochi, ma efficaci, esercizi i miei occhi si posano sullo specchio ancora rotto, lo fisso per terra e faccio un ghigno. Prendo l'asciugamano e mi dirigo verso il bagno, dove la doccia mi attende.
Alla fine della doccia indosso il mio smoking fatto su misura, riprendo un pezzo di specchio rotto messo da parte e guardo la mia immagine riflessa, faccio un grande respiro e scendo in salotto vedendo già molta gente. Mi faccio coraggio pensando che il volo è alle 23:00 mi restano ancora due ore d'inferno per poi passare nel Paradiso.
<<Giacomo, vieni qui figlio, ti presento alcune persone>> dice mia madre fredda come le altre volte.
Mi presenta tre o quattro ragazze che iniziano a muoversi in un modo strano, noto come quelle ciglia e quel trucco troppo pensante le fanno sembrare delle bambole finte. Non ho tempo per pensare alle ragazze. Faccio un inchino in segno di gentilezza e mi dirigo da tutt'altra parte. Inizio a parlare con dei signori che sembrano troppo sofisticati e molto seri, per fortuna mia sorella mi salva da tutto questo strazio e iniziamo a ballare un lento, suonato dall'orchestra che mia madre ha chiamato per il giorno in cui suo figlio dovrebbe diventare un uomo. Mia madre, Adelaide Antici, è, purtroppo, una donna dal carattere rigido e severo. Ha un'educazione, che mira a evitare qualunque forma di vanità alle sue spalle. Mia madre è una donna interessata solo al denaro e quando si rese conto delle disastrate condizioni economiche in cui versava il patrimonio, dovute non a vizi di Monaldo, ma alla sua inesperienza, si dedicò a ripristinare tale patrimonio con tutte le sue forze imponendo a noi notevoli sacrifici e imponendo anche a se stessa una disciplina ferrea che poco spazio lasciava a manifestazioni affettuose, per questo motivo non ho mai ricevuto un abbraccio da mia madre, sapendo, però, che alla fine ci vuole bene.<<Giacomo, dove hai imparato a ballare così?>> ridacchia mia sorella, mentre la musica cerca di trascinarmi nella danza.
<<Perché? Non sono bravo sorellina?>> dico pestandole un piede.
<<No, puoi andare al ballo di corte, guarda!>> dice sarcastica per poi ridere seguita da me. Mio fratello mi chiama dicendomi che sono le 22:00, corro a prendere la valigia per andare in aereo porto ad Ancona, essendo che a Recanati non c'è nemmeno un'autostrada aggiustata per bene.
<<Giacomo, devi avere spazio anche per i vestisti non solo per le tue opere!>> mi sgrida mia sorella.
<<Lo so, lo so, i vestiti sono in quella borsa insieme ai soldi>> dico indicando la borsa dietro alla porta.
<<Okay, fa attenzione e chiama qualche volta, questo è il mio numero>> dice porgendomi un bigliettino.
Io lo prendo e in un altro bigliettino scrivo il mio numero e lo consegno a loro.<<Conservalo bene, e non farlo prendere a papà>> dico salendo in macchina.
<<Addio Giacomo>> mi saluta.
<<Arrivederci Paolina>> dico per poi partire. Ho imparato a guidare una macchina a sedici anni. Quando non avevo niente da fare, cercavo di capire come funzionasse una macchina e devo dire che mi è servito a molto. Il viaggio è lungo e l'ansia del sbagliare mi entra nelle vene. Se tutto questo fosse sbagliato? Mi levo questa domanda dalla testa accorgendomi che siamo arrivati.
<<Scendi Carlo, siamo arrivati!>> dico scuotendolo essendosi addormentato. Scendiamo dalla macchina e mi metto subito a fare il check-in. Dopo quasi venti minuti di fila è il mio turno. Porgo alla signorina carta d'identità e il tutto, dopo mi dirigo verso il mio volo.
<<Beh, Carlo ci rivedremo>> dico salutandolo con un abbraccio fraterno quando l'alto parlate annuncia il mio volo.
<<Ci rivediamo Giacomo e spacca in America>> dice lasciandomi andar via.
Salgo sul mio aereo e prendo posto vicino al finestrino, prendo delle cuffiette offerte dall'hostess e con il mio nuovo cellulare ascolto un po' di musica.
Mancano ancora 5 ore di aereo e mi sto annoiando a morte. Guardo fuori dal finestrino e prendo il mio diario per scrivere qualche verso. Per un momento alzo gli occhi dal diario per poi riabbassarli e rialzarli quando noto qualcuno che si siede accanto a me, come segno di protezione chiudo istintivamente il diario ed inizio a squadrare la persona che mi è accanto. E' una ragazza. In un secondo la guardo dalla testa ai piedi: lunghi capelli marroni, occhi dello stesso colore dei capelli e le labbra rosse a causa del rossetto che indossa.
In un primo momento l'ignoro, poi lei inizia a parlare obbligandomi a staccare la musica.
<<Scusami se mi sono seduta qui all'improvviso, ma mi devo nascondere dall'omone qua dietro>> dice la ragazza indicando un signore seduto poco dopo dietro di noi.
<<Non preoccuparti>> dico riattaccando la musica.
<<Mi chiamo Emily Williams, e tu?>> Dice togliendomi una cuffia. Quella domanda mi rimbomba in testa. Come mi dovrei presentare ora?
<<Uh beh...mi chiamo....>> non riesco proprio a pronunciare il nome che ho scelto due giorni fa, ma, per fortuna, vengo salvato da una voce dietro di noi.
<<Emily, finalmente ti ho trovata andiamo dai!>> dice trascinando la ragazza non so dove in qualche parte dell'aereo. La perdo di vista e non ci faccio tanto caso. Il suo nome però riecheggia nella mia testa. Emily. Emily. E' cosi musicale che decidono di scriverlo seguendo la melodia che sto ascoltando.
Controllo ancora una volta l'orario, mancano tre ore e mezza, decido di addormentarmi un po' visto che ancora la cosa, per me, è lunga.
Vengo risvegliato da una voce metallica che a quanto pare annuncia l'arrivo dell'aereo:
<<Gentili passeggeri, vi preghiamo di allacciare le cinture e spegnere ogni dispositivo tecnologico. Stiamo atterrando grazie mille per l'attenzione>> la voce metallica avvisa il nostro arrivo per poi ripeterlo in tutte le lingue possibili che io, ovviamente, conosco.
Apro gli occhi e ancora assonnato spengo il cellulare per poi mettermi la cintura.Guardo fuori e già l'aria americana mi invade le narici.
Finalmente sono arrivato in una Destinazione Paradiso.
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Il Giovane Favoloso.
RomanceOggi voglio raccontarvi una storia diversa. Quasi tutti noi almeno una volta abbiamo sentito parlare di Giacomo Leopardi. Sarà proprio lui il protagonista di questa storia. Vedrete un Giacomo Leopardi impegnato alla scoperta della vita nella Seattl...