Non va?

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Capitolo 18

Ciò che in fondo mi manca, è di veder chiaro in me stesso, di sapere "ciò ch'io devo fare", e non ciò che devo conoscere... di trovare una verità che sia una verità "per me", e di trovare "l'idea per la quale io voglio vivere e morire".
Kierkegaard.

Kierkegaard

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☀️

Come da nostro tacito accordo, quando lui fu di ritorno io già dormivo, o almeno fingevo di farlo, e quando invece mi alzai, dopo un'intera nottatta insonne, era lui a dormire, o per lo meno fingeva di farlo.

Non era stato tanto difficile andare nel panico dopo aver letto quel messaggio. Come non lo era stato baciare Elia o sentire il bisogno di volerne ancora. Ma quello che era stato veramente difficile fu l'incapacità di staccare il cervello. Di ritrovarmi, con i primissimi raggi di sole, seduta sul letto con la schiena poggiata al muro e lo sguardo puntato su di lui. Le mani nei capelli e i polpastrelli che distratti mi sfioravano le labbra.

Sembrava fosse tranquillo e avrei voluto poterlo essere anch'io. Ma invece mi sentivo immersa fino al collo in alto mare, nel bel mezzo del nulla, con le braccia impossibilitate di muoversi, cercando di rimanere su solo agitando freneticamente le gambe.

Uscii dalla stanza prima ancora che il sole ebbe il tempo di sorgere del tutto, in un completo sportivo, a piedi scalzi e le scarpe in mano come una ladra.

Scesi le scale silenziosa e le indossai solo una volta che mi ritrovai da sola nel grande salone vuoto. Allacciai stretti i lacci e li feci sparire dentro le scarpe. Sistemai i pantaloncini sui fianchi e strinsi un po' di più la coda.

Bevvi al volo un bicchiere di succo multivitaminico e mangiai di fretta una mela. Assicurai il telefono nella fascia da braccio e con una borraccia d'acqua in mano mi richiusi il pesante portone di legno massiccio alle spalle. Non avevo bisogno di chiavi, e nemmeno di riferire a qualcuno dove fossi andata. La mia famiglia lo avrebbe capito.

E devo dire, trovare mio padre seduto sulla panca sotto al portico non mi stupii nemmeno più di tanto.

"Buongiorno..." Lo salutai con voce roca, osservandolo dall'alto.

Era vestito come al solito, una polo blu e un paio di jeans chiari. Il fatto che non portasse le scarpe mi fece intuire che, non essendo uscito, probabilmente si trovava lì già da un po'.

Mi rivolse un sorriso lento e mormorò un semplice e asciutto "Giorno. "

Feci due passi in avanti e mi poggiai con la schiena a una colonna. Non lo guardai in faccia, mi limitai a fingere interesse verso il boschetto accanto a me.

𝑪𝒐𝒎𝒆 𝒔𝒂𝒍𝒆 𝒔𝒖𝒍𝒍𝒂 𝒑𝒆𝒍𝒍𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora