Partenza

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Capitolo 6

Ti porterò sempre con me dentro, fuori, sulla punta delle dita e alle estremità del mio cervello.

Charles Bukowski

Charles Bukowski

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☀️

Giuro che non so proprio cosa avessi fatto di male nella vita per avere la sfiga attaccata al culo. Probabilmente, sempre ammettendo che la reincarnazione esista, nella mia precedente vita dovevo essere stata una persona orrenda per meritare una successione infinita di merda.

Mugugnai frustrata sbattendomi una mano sulla fronte per cercare di combattere il sonno. Erano le cinque e mezza di mattina, ed io ero nel giardino di casa seduta con il culo appuntellato sulla mia valigia fucsia, in attesa di salire sulla mia maledetta macchina per tornare a dormire e risvegliarmi solo una volta arrivati a destinazione.

Avevo già fatto le scale per portare giù delle borse, un paio di valigie e persino uno scatolone almeno sette volte. Adesso ero esausta, sveglia dalle cinque meno venti e terribilmente assonnata.

Lottavo contro il bisogno di chiudere gli occhi e quello di alzarmi per andare a lavarmi nuovamente la faccia con l'acqua gelata. Non che le altre venti volte che avessi messo il viso sotto l'acqua mi avessero fatto sentire più sveglia.

"Ah che vita..." Sussurrai a me stessa per poi sbadigliare.

Un soffio di vento fresco mi diede la forza di riaprire gli occhi e rimasi con la testa sorretta dalle mie braccia poggiate entrambe sulle cosce a fissarmi le scarpe per un lasso di tempo che mi parve infinito.

Non c'era niente da fare, avevo il cervello staccato.

"Eleonora! Muoviti a scendere, ti stiamo aspettando tutti in giardino." Mia madre fece la sua comparsa mentre dietro di sé trascinava una valigia e due borse. Al sentire il frastuono della valigia trascinata per la scala e poi il suo delizioso urlo, aprii un occhio e la guardai impassibile, muovendo lentamente il mio sguardo assonnato da lei alle altre borse di cui aveva evidentemente bisogno.

"Mamma." La chiamai per attirare la sua attenzione, ancora seduta sulla valigia mentre la guardavo con solo un occhio aperto. "Sono qui che aspetto da dieci minuti buoni. Esattamente da quando mi hai detto di scendere tutte quelle- indicai un paio di borsoni e borse varie già sistemate nel bagagliaio della macchina- e aspettare in giardino così che non vi avrei fatto fare tardi." Parlai lenta e svogliata.

Partire un'ora più tardi no? No, svegliamoci all'alba insieme alle galline.

"Ah sì, hai ragione." Mi rispose distratta segno che neppure aveva dato ascolto a ciò che avevo appena detto. Poi la sentii borbottare che si fosse dimenticata qualcosa e la vidi nuovamente sparire su per le scale.

𝑪𝒐𝒎𝒆 𝒔𝒂𝒍𝒆 𝒔𝒖𝒍𝒍𝒂 𝒑𝒆𝒍𝒍𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora