Proposte pericolose

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Capitolo 20

Desiderava qualcosa,
ma cosa di preciso
non lo sapeva nemmeno lei.
Di fatto non desiderava niente,
sebbene le paresse
di desiderare tutto.
-Turgenev.

-Turgenev

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☀️

Fuori da quella bolla che ci eravamo creati, da soli nella nostra stanza, fatta di tensione, sentimenti pericolosi e argomenti spigolosi, il mondo non aveva mai smesso di continuare a girare, contrariamente a quello che mi parve, una volta ritornati tra i "normali" la giornata mi scivolò tra le dita fulminea e la sera venne più rapida di una cattiva notizia.

Come già avevo predetto, una volta detto a mia madre del ritorno della famiglia di Massimo, i fornelli si erano accesi e le cose erano già state decise.

Sospirai, il marasma dentro la testa non mi permetteva di focalizzarmi su un'emozione che passavo velocemente all'altra finendo con lo sprofondare nell'angoscia e in un malessere che mi si era aggrappato dentro lo stomaco.
Battei il piede davanti allo specchio a tutta figura che avevamo in camera, indecisa su cosa mettere. Saremmo andati noi da loro, su questo la signora Raffaella, la madre di Massimo, era stata irremovibile.

Elia uscì dal bagno portando con sé una nube di profumo che mi avvolse e si insinuò con prepotenza in ogni antro del mio cervello ricamandoci sopra il suo nome. Lo osservai sottecchi, dopo quella mattina, dopo averlo visto sporco di sangue e aver avuto un assaggio di ciò che albergava nella sua mente, mi sembrava si muovesse come una creatura pericolosa sul punto di accattare da un momento all'altro.

Riportai l'attenzione sul mio riflesso, sul volto truccato emergevano in primo piano i miei occhi che quella sera mi parvero più azzurri del solito. Una linea di eyeliner li affilava rendendomi lo sguardo più importante e una buona dose di mascara invece li faceva apparire ancora più grandi e profondi. Avevo deciso di legare le ciocche davanti, dietro la nuca in due treccioline che finivano con l'incontrarsi e diventarne una sola, poi gli avevo dato un po' di volume creando delle onde morbide che mi ricadevano lungo tutta la schiena spiccando sul semplice vestitino nero che continuavo a guardare storcendo le labbra.

"Che c'è?"

Al mio riflesso si aggiunse anche il suo. Per un attimo mi persi, riflessa nei suoi occhi, avvolta dal suo profumo, soffocata da uno strano sentimento che mi invase il petto.

"Che problema hai?"

Si piazzò dietro di me a gambe aperte e braccia incrociate. Indossava una semplice camicia bianca di lino con le maniche arrotolate sui gomiti, lasciando scoperte una serie di vene in rilievo e una leggera peluria sulle braccia poco abbronzate. Le gambe invece erano nascoste da un pantalone nero morbido, legato in vita da una cinta anche essa nera ma dai lineamenti eleganti. Eppure era impossibile non notare come le braccia si gonfiassero sotto al tessuto leggero o come i bottoni della camicia tirassero leggermente, la collana che svettava in mezzo al petto, o ancora i pettorali ben definiti, i quadricipiti massicci che sembravano essere rimasti quasi offesi dall'essere stati celati e di poter farsi vedere solo quando camminava. Impossibile...

𝑪𝒐𝒎𝒆 𝒔𝒂𝒍𝒆 𝒔𝒖𝒍𝒍𝒂 𝒑𝒆𝒍𝒍𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora