Capitolo 15
Che siano le mani mie
le lenzuola che stringi
con tanto accanimento
durante gli incubi
la notte.
Teo Caraiman.🏛
Elia
Avrei dovuto smetterla di preoccuparmi così tanto per lei. Non avrei dovuto nemmeno guardala o cercare il suo sguardo come bisognoso delle sue attenzioni. Eppure non potevo fare a meno.Avevo così tanti problemi che su una scala di gravità richiedevano la mia attenzione con maggiore urgenza da avere l'imbarazzo della scelta, ma lei, ai miei occhi, sembrava sgomitare per averne la precedenza.
Durante le otto ore di viaggio, mi ero convinto che alla fine dei conti quello che per me erano le sue sorelle, sarebbe stata anche lei.
Ciononostante vederla accoglierci con quella faccia assonnata e imbronciata, i capelli lunghi e biondi tutti spettinati, vestita semi elegante, stranamente non ancora abbronzata, era stato il primo segnale che nonostante i due anni in cui ci eravamo messi d'impegno per evitarci, non era cambiato nulla."Elia, che cazzo, mi stai ascoltando!? Ma porca troia io ti dico che Schizzo sta dando de matto e tu stai a pensa' agli impicci tua quando qua manca poco e finisce male. "
Mi riscossi dai miei pensieri e con violenza tornai al presente. Ero seduto sul bordo del letto sfatto e stavo fingendo di ascoltare il mio amico Flavio lasciandolo però parlare al vento, con ancora addosso solamente i pantaloncini che usavo per dormire. I capelli tutti arruffati e le labbra gonfie. Alzai lo sguardo dalle mie gambe lunghe e osservai il suo letto.
Aveva parlato nel sonno per tutta la notte ed io ero rimasto sveglio con la testa incasina a pensare e osservare il cielo farsi giorno ogni qual volta il temporale delineata il contorno delle nuvole.
La forma delle sue labbra non aveva smesso di tormentarmi per un solo secondo. I suoi occhi limpidi, la sua sensibilità... Dannazione se ero con la merda fino al collo.
"Che cazzo ha fatto adesso, sentiamo?" Gli chiesi scoglionato.
Luigi Alberti, anche detto "Schizzo", era il più grande attacca brighe che avessi mai potuto avere l'onore di conoscere in vita mia. Alto un metro e novantasette, era un colosso di puri muscoli e cervello vuoto.
Su di lui si poteva dire di tutto, che fosse una testa di cazzo, un donnaiolo, arrogante e troppo sicuro di sé stesso. Ma se avevi le palle per essergli amico, allora per te avrebbe dato pure la vita. E poi eravamo cresciuti insieme, dal condividere i giocattoli alle scazzottate causate dalla sua lingua lunga. Ma d'altronde io non ero un santo o tantomeno una testa posata ed eravamo amici soprattutto per questo. Ci spalleggiavamo ad occhi chiusi in qualunque situazione.
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𝑪𝒐𝒎𝒆 𝒔𝒂𝒍𝒆 𝒔𝒖𝒍𝒍𝒂 𝒑𝒆𝒍𝒍𝒆
Ficção Adolescente𝐶𝑖 𝑟𝑒𝑠𝑡𝑎𝑚𝑚𝑜 𝑑𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑖𝑙 𝑚𝑎𝑟𝑒 𝑟𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑑𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑙𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑐ℎ𝑖𝑔𝑙𝑖𝑒, 𝑝𝑒𝑟 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒, 𝑛𝑒𝑠𝑠𝑢𝑛𝑜 𝑎𝑣𝑟à 𝑚𝑎𝑖 𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑓𝑎𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑚𝑒 𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑠𝑒𝑛𝑡𝑖𝑟𝑒 𝑢𝑛 𝑝𝑜' 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑡𝑒. Due fam...