Capitolo 26
"Le nostre paure sono molto più numerose dei pericoli concreti che corriamo.
Soffriamo molto di più per la nostra immaginazione che per la realtà."
-Seneca, lettere morali a Lucilio🏛
Mi ritrovai a scivolare per qualche metro su una superficie perfettamente liscia. Quando i miei piedi toccarono terra improvvisamente la poca luce che entrava dalla botola sopra la mia testa fu risucchiata di colpo. Seppur mi fosse impossibile vedere alcunché, l'istinto mi portò ad alzare il capo in su. Cercai di adattare gli occhi alla nuova condizione di cecità e presi e tastare intorno.
"Giulio?" Provai a chiamare mio fratello ma fu nuovamente l'eco della mia stessa domanda l'unica risposta. "Giulio ma dove sei? Che cazzo di posto è questo?" Girai su me stesso senza la minima idea del da farsi.
Incerto feci due passi in avanti con le mani tese e mi resi ben presto conto di trovarmi in un vicolo stretto e freddo, senza però poterne avere la certezza.
"Ele?" Avanzai ancora, un rumore mi arrivò dalle spalle così mi girai di scatto ma finii per sbattere contro una parete. "Eleonora? Sei tu?" Ascoltai la mia voce ritornare indietro, gli occhi sgranati e il corpo in tensione.
Uno spostamento d'aria mi mise maggiormente in all'erta. Poi avvertii un respiro e ancor prima di pensare il mio pugno destro si scontrò contro un volto.
"Ahi! Ma porca puttana! Che cazzo ti prende, amico!?"
Finalmente una luce fioca smosse il buio che finora mi aveva circondato e grazie ad essa riuscii a vedere i contorni dell'amico di Eleonora. Si reggeva una guancia con una mano imprecando sottovoce probabilmente in spagnolo.
"No, ma che cazzo fai tu. Perché non hai risposto!?" Lo spintonai dal petto facendogli sbattere le spalle contro il muro.
"Ero andato a richiudere la botola prima che ci beccasse qualcuno!" Scacciò le mie mani da dosso incazzato.
La luce sfarfallò nuovamente ed io scorsi i miei occhi riflessi poco sopra la sua testa. Lo lasciai perdere e inclinai la testa di lato osservando la mia immagine fare lo stesso. Osservai sia il mio volto che quello aggrottato dal dolore dello spagnolo nello stesso specchio al quale lui dava le spalle. Per questo rapido mi voltai e finalmente mi fu chiaro dove fossi.
"È un labirinto di specchi..." Riflettei ad alta voce osservando le tre ramificazioni che ero in grado di scorgere da quel punto. "Proprio come quella giostra dei bambini..."
La luce finalmente si stabilizzò e le ombre smisero di nascondere la presenza di altre due persone.
Il panico mi attanagliò lo stomaco quando vidi la testa di Eleonora abbandonata fiacca contro il petto di mio fratello, entrambi seduti per terra. Giulio la reggeva stretta a sé con le spalle poggiate contro uno specchio e lei seduta tra le sue gambe.
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𝑪𝒐𝒎𝒆 𝒔𝒂𝒍𝒆 𝒔𝒖𝒍𝒍𝒂 𝒑𝒆𝒍𝒍𝒆
Teen Fiction𝐶𝑖 𝑟𝑒𝑠𝑡𝑎𝑚𝑚𝑜 𝑑𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑖𝑙 𝑚𝑎𝑟𝑒 𝑟𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑑𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑙𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑐ℎ𝑖𝑔𝑙𝑖𝑒, 𝑝𝑒𝑟 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒, 𝑛𝑒𝑠𝑠𝑢𝑛𝑜 𝑎𝑣𝑟à 𝑚𝑎𝑖 𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑓𝑎𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑚𝑒 𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑠𝑒𝑛𝑡𝑖𝑟𝑒 𝑢𝑛 𝑝𝑜' 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑡𝑒. Due fam...