Sangue

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Capitolo 19

Ne parlai quasi tacendo.
Io sono un maestro
nel parlare tacendo,
ho parlato tacendo
per tutta la mia vita e
ho vissuto delle vere tragedie dentro me stesso
tacendo."

Fëdor Dostoevskij

Fëdor Dostoevskij

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Le avevo lasciato la scelta.
E aveva scelto.
Ma onestamente le cose non sarebbero potute andare diversamente.

Ero entrato in stanza venti minuti dopo, con la puzza di fumo che copriva il suo profumo. Dava le spalle alla porta, ma io già sapevo prima di uscire cosa mi sarei aspettato al mio rientro. E sinceramente, se non fossi uscito le cose sarebbero state due; ed entrambe prevedevano le mie mani addosso a lei.
E di dormire, credetemi, non se ne sarebbe parlato.

Non avevo chiuso occhio nemmeno per sbaglio. E lei non aveva emesso fiato. Niente incubi, niente urla. Il bisogno di finire l'intero pacco di sigarette era tanto, ma non riuscivo a voltarle le spalle dopo la notte precedente e il risveglio di quella mattina. Non quando era più vulnerabile.
Perciò quando verso le cinque si era alzata ed era uscita in punta di piedi dalla stanza, scattai a sedere scazzato e con un nervoso che mi stava mangiando vivo.

Per distrarmi e cercare di deviare la mente chiamai Giotto per sapere come stesse Luigi e sicuramente sarebbe stato meglio se non lo avessi fatto. Altri dannati problemi. Mirko aveva accettato le "scuse" ma comunque pretendeva delle scuse personali da parte di Schizzo. E per scuse non si intendeva l'umiliarti e fingerti dispiaciuto per qualcosa che certo rifaresti, no, un suo cavallino era stato messo dentro, ovviamente per possesso di stupefacenti, e gli serviva un sostituto. Ecco cosa voleva per appararla. Che Schizzo gli piazzasse mezzo chilo d'erba a interessi zero.

E con il cazzo che uno dei miei vendesse per conto suo. Ma con il cazzo, dannazione!

Non riuscivo a gestirla da qua, non riuscivo a controllare la situazione. Da quando me ne ero andato era scoppiato il caos. Verso l'anarchia assoluta. I miei, se non per la svista di Schizzo, stavano rigando dritti. Ma la mia assenza ormai si era notata e Mirko e i suoi si stavano rotolando nel fango come dei dannati maiali.

Cristo, stavo per esplodere.

Voltai la testa verso il suo letto, con la sigaretta incastrata tra le labbra, mi passai una mano tra i capelli ormai fin troppo lunghi, li strattonai e quasi non mi rimase una ciocca tra le dita.

"Cazzo..." La mia voce mi arrivò graffiata alle orecchie. Un'ondata di calore improvviso mi prese dal petto e il respiro divenne pesante. Mi si spezzò nella gola. Incastrai la sigaretta tra le dita della mano destra e con la sinistra mi strinsi le meningi. Cercai di espandere il petto, cercai di contare.

𝑪𝒐𝒎𝒆 𝒔𝒂𝒍𝒆 𝒔𝒖𝒍𝒍𝒂 𝒑𝒆𝒍𝒍𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora