Petricóre

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Capitolo 9

Ricordare tutto
è una forma di pazzia.

Ricordare tuttoè una forma di pazzia

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Alcune cose, dei particolari eventi, hanno la crudele capacità di scavarti dentro, di creare caverne nel tufo friabile del quale è fatto il cuore e nel quale l'eco ci riecheggia dentro, alcune volte in eterno.

Si infiltrano in profondità, partono dagli occhi per poi annerire tutto. Anche ciò che era sano un po' va a male. Le radici nere come tenebre penetrano nella ragione facendosi spazio scavando canali dolorosamente profondi. E ti puoi impegnare quanto vuoi a sradicare l'albero con tutte le sue radici e sbarazzarti delle foglie, anche di quelle verdi, togliere via tutto. E continuare ad estirpare ogni cosa all'infinito, ma arriverà il giorno in cui continuare a lottare sembrerà così estenuante che crollerai a terra a sedere con le spalle fiacche e starai lì a cercare, o forse no, la forza o la voglia di rialzarti. Sforzerai sulle gambe magre, scheletriche, deboli e consumate, imponendoti di rimetterti in piedi. Con le braccia ti stringerai così forte che quasi ti convincerai di essere riuscita a rimettere apposto tutti i pezzi, ma crolla sempre qualcosa.

Anche una piccola crepa che si sbriciola ha il potere di svuotarti.

E o ti lasci andare a quelle fottute tenebre profondamente buie o accetti quella che è la spietata verità ed impari a conviverci. Accetti i tagli freschi, quelli che vogliono ancora del tempo per guarire, accetti le cicatrici, quelle che già hanno inciso dentro di te firme oramai eterne e accetti anche quelle lacrime caldissime che devi lasciare scorrere sulla pelle per lavare via un po' di quello sporco che ti attanaglia la gola.

Non hai altre scelte, o lotti o ti arrendi.

Personalmente rassegnarmi mi sembra una condanna così triste che nonostante a fatica riesca a tenere il naso giusto quel poco per respirare fuori dall'acqua ghiacciata, non voglio smettere di dimenarmi per non farmi trascinare giù. Continuo a lottare anche se mi ritrovo in ginocchio senza forze difronte a cose più grandi di me. Anche se le lacrime che trattengo mi fanno annegare sempre di più, anche se l'ossigeno sta finendo, anche se il mio corpo è esausto e la mente ormai vuota, il cuore così abituato al peso da sembrare quasi leggerissimo, io continuo a lottare. Scaccio via il nero dalla mia pelle con le unghie e il sangue rosso vivo che ne sgorga fuori mi fa capire che non sono l'unica a lottare, non sono sola.

Però allo stesso tempo non voglio che nessuno mi aiuti.

Non so come spiegarlo, ma sento che ciò che ho dentro sia solo un mio problema. Non vedo come qualcuno mi possa essere d'aiuto e delle volte, attimi in cui sento il panico sopraffarmi e le lacrime riempirmi gli occhi, penso che sia giusto lasciarmi divorare da ciò che non so controllare. Che la colpa sia mia, che dovevo essere più forte, che devo essere più forte.

𝑪𝒐𝒎𝒆 𝒔𝒂𝒍𝒆 𝒔𝒖𝒍𝒍𝒂 𝒑𝒆𝒍𝒍𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora