19 Settembre 2021
Le mie gambe mi fanno alzare di colpo al gol del mio migliore amico.
Le mie mani si scontrano l'una contro l'altra mentre io e Martina urliamo il suo nome.
Il ragazzo corre verso la tribuna, dove noi siamo sedute, e ci fa un cuore con le mani, indicandoci subito dopo.
Io e la castana ridiamo e ricambiamo il suo cuore «era diretto a te, non a me» la guardo male con il sorriso ancora sulle labbra «vuoi smetterla? Ci conosciamo da una vita, non può avere una cotta per me» le tiro uno schiaffo leggero sul braccio mentre prende il cellulare per registrarci.
«e comunque io non ho una cotta per lui» sottolineo girandomi verso il telefono «ma l'hai avuta» mi mordo il labbro cercando di interrompere quel sorriso «avevo quindici anni» alzo un braccio cercando di coprirmi «e comunque glielo dissi» faccio il broncio «non ricordo neanche con quale coraggio» scoppio a ridere portandomi entrambe le mani vicino alla bocca «Ginevra la temeraria» annuisco con ancora le risate che non si fermano.
Ricordo benissimo quel giorno, una totale bambina che cerca di fare colpo su un quasi diciannovenne.
Ero riuscita a convincere Matteo a portarmi a Cagliari e partire in aereo con la scusa di dover vedere Martina che aveva avuto una febbre molto alta.
Mi vergognavo a raccontare della mia stupida cotta da ragazzina al fratello maggiore, mi sentivo ridicola.
Arrivammo a Cagliari, lui era agli allenamenti di calcio mentre noi venivamo ospitati dai genitori.
Quando tornò a casa rimase un po' sorpreso e ci corse ad abbracciare.
Ad un certo punto lo presi per un braccio e lo portai nel giardino, nonostante facesse un po' freddo, ma avevo preso coraggio, un coraggio credo di aver perso un po' nel tempo.
Gli rivelai cosa provavo per lui, tutto. Erano dei sentimenti che erano rimasti dentro di me per quasi un anno ed ero arrivata alla conclusione di dirgli tutto, nonostante mettessi in gioco la nostra amicizia.
Lui non disse nulla, ma mi abbracciò e mi strinse forte a lui.
Non ha mai rimesso in mezzo quella situazione imbarazzante e siamo rimasti migliori amici come sempre.
Strano che per un ragazzo di diciannove anni essere amico (che dico?), migliore amico, di una quindicenne. E la cosa positiva è che siamo ancora così tanto legati oggi, nonostante tutto.
«perché non parli più?» mi giro verso la mia amica spalanco gli occhi «pensavo» mi tira una gomitata «a quando sei venuta a Cagliari per dirgli tutto?» sorrido e annuisco «esattamente»
Martina è come il fratello. Mi capisce subito, ma nonostante questo non siamo migliore amiche.
Non siamo migliore amiche, anche se abbiamo la stessa età, perché da piccole non avevamo gli stessi gusti, preferivamo due cose totalmente diverse. Lei è l'estate ed io sono l'inverno, lei il sole ed io la luna.
Insomma, siamo sempre andate d'accordo, ma non ci siamo mai spinte allo stesso modo in cui Nic ed io ci siamo spinti.
E comunque è stato Nicolò ad avvicinarsi a me, non io ne lei, quindi è più che giusto che io sia la migliore amica di suo fratello.
I miei pensieri vengono interrotti quando l'arbitro fischia la fine della partita. Neanche mi sono resa conto che erano gli ultimi minuti di gioco.
Delle volte mi rendo conto di essere una pessima amica, ma le persone continuano a girarmi intorno anche se non ne capisco il motivo.
Martina mi prende per il polso e insieme ci dirigiamo verso gli spogliatoi «no, io preferisco tornare a casa» dico alla mia amica mentre lentamente mi allontano «Ginevra se è per la chiacchierata di prima-» alzo la mano e poi la muovo leggermente «no, non è per quello, ma mi sento in imbarazzo con Lautaro» sorrido forzatamente.
La castana annuisce e poi si dirige da me «va bene, se per te è meglio tornare a casa, vai a casa» annuisco e poi esco dallo stadio dirigendomi al più presto vicino la mia auto.
Ci entro dentro e poi metto in moto, dirigendomi verso la mia amata casa e verso il mio adorato gatto.
Non è vero, non è perché mi sento in imbarazzo con Lautaro, abbiamo parlato e tecnicamente ci dovremmo vedere questa sera, ma non per quello che Martina e Nic pensano.
Ma per una semplice cena tra due amici.
Non che io voglia uscirci, non voglio iniziare nessuna relazione, ma voglio conoscere meglio Lautaro. Mi ha fatto molto piacere quella sera parlare con lui, soprattutto per il ritorno a casa.
È stato simpatico e dolce, non me lo sarei mai aspettata in realtà, sembra così arrogante.
Spalanco la porta di casa. La prima cosa che faccio è dare delle carezze sulla testa di Felix e poi vado subito in doccia per togliermi l'odore da stadio che ho addosso.
Abbiamo deciso di andare a mangiare sushi in un ristorante non molto lontano da casa mia. In realtà l'ha deciso lui, non io, però a me il sushi piace, quindi ho accettato subito.
Ho optato di indossare un vestito non molto lungo e non troppo vistoso con una scollatura quadrata, molto carino.
Ai piedi indosserò delle Air Force , si mi rendo conto che non è la massima eleganza con il vestito, ma sono troppo stanca per indossare dei tacchi.
Sono un'essere umano e comunque, vorrei precisare, che le Air Force sono molto belle e per nulla volgari, quindi vado benissimo.
Come al solito non esagero con il trucco perché non ne vado molto pazza, giusto un po' di mascara e illuminante, e poi mi vado a sedere sul mio comodissimo divano aspettando il ragazzo.
L'orologio del mio cellulare mi segna che sono le otto meno venti.
Lautaro mi ha detto che sarebbe passato per le otto e venti o poco più. Spero non sia stato trattenuto troppo, altrimenti potrei piangere per la mia troppa puntualità che, stranamente, ho deciso di avere oggi.
Il mio cellulare cominciare a suonare a causa dei tremila messaggi che mi stanno arrivando.
Sospiro accendendolo e osservando tutti i messaggi di Nic in cui mi dice "stronza" "puttana" "potevi restare" "ti voglio bene anche io" "vaffanculo" "sto arrivando a casa tua"
Circa cinquanta messaggi così.
«senti Nic è inutile che vieni, devo uscire» mando il messaggio vocale mentre butto il cellulare sul divano.
Si, in realtà io e Lautaro potremmo aver deciso di non dire nulla a nessuno, insomma, non è nulla di serio.
Nicoló mi risponde subito con un messaggio vocale che, con molta paura, decido di ascoltare «che cazzo significa che devi uscire? Alle otto e mezzo di sera? No Ginevra cara, con chi? Dimmi dove» guardo male il cellulare come se avessi lui davanti a me «esco con una ragazza del corso di filosofia, nulla di che, poi ci sentiamo, ciao Nicolò» gli mando quest'ultimo messaggio vocale prima di dirigermi verso la porta a causa del campanello.
Prendo la borsa che si trova vicino l'entrata buttandoci dentro il cellulare.
Faccio un grande sospiro e poi apro la porta.
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Sei sempre stato tu! || Nicolò Barella ||
RomantizmLa vita va vissuta appieno, senza perdersi in piccole parti insignificanti. Lei, Ginevra, lo avrebbe sempre pensato e nessuno potrebbe mai toglierle questo suo punto di vista. Ginevra sembra un po' una bambina sognatrice, nonostante i suoi quasi ven...