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Apro la valigia e cerco freneticamente tra i vestiti, ma sembra che la mia scorta di reggiseni sia finita. "Riddle... dove posso lavare i vestiti?" chiedo, mentre mi sento il solito mix di imbarazzo e frustrazione. Lui non distoglie nemmeno lo sguardo dalla sua lettura. "Non lo so... la domestica viene nel fine settimana a fare il bucato," risponde, come se stesse parlando di un argomento super interessante. "E io cosa indosso oggi?" chiedo, sperando di ottenere una risposta sensata. "Che ti serve?" fa, sollevando appena lo sguardo. "Il reggiseno," rispondo, cercando di non arrossire troppo. "Puoi stare anche senza... oggi non c'è nessuno a parte me in casa."

"Assolutamente no!" scatto subito, sentendomi ancora più imbarazzata. "Se vuoi, posso fartelo comprare... che taglia porti?"

Sospirando, incrocio le braccia. "Non te lo dico."

"Allora oggi stai senza reggiseno... smettila di farti mille paranoie."

"Oh, che gioia," dico, mentre mi vesto con la felpa più grande che ho. "E cosa facciamo oggi, allora?" cambio argomento, cercando di evitare di pensare troppo alla situazione imbarazzante. "Non avevi detto che dovevo studiare?"

"Si, ma prima devo trovare l'insegnante... quindi?"

"Ah, perfetto. Ma io intanto voglio mangiare," affermo con tono distratto.

"Ci sono dei cornetti in forno," dice, con una calma che farebbe invidia a un monaco. "Tu non vieni?" gli chiedo, incuriosita dalla sua risposta fredda.

"Di solito non faccio colazione," risponde, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

"Sì, ma io non so dove sia la cucina," faccio notare.

Si alza senza dire una parola e, in un lampo, mi dà un bacio sulla guancia, come se stesse tentando di farsi perdonare, prima di afferrarmi la mano e portarmi fuori dalla stanza.

Arrivati in cucina, prendo un cornetto e Riddle si versa del succo. "Non avevi detto che non facevi colazione?" gli chiedo.

"Ho detto di solito," risponde, facendo finta che fosse una risposta completa.

E così passiamo il resto della giornata sul divano, davanti al camino acceso. Io accucciata sul suo petto mentre lui mi accarezza la schiena, un quadro idilliaco, se non fosse che lui è lui.

"Sei un mago?" gli chiedo, per spezzare il silenzio che si è creato.

"Si... sono anche abbastanza bravo," risponde con una sicurezza che, francamente, mi fa venire voglia di prendere una bacchetta e provare a farlo inciampare. "Perché ieri hai torturato mio fratello? Non è illegale usare la magia davanti ai non maghi?"

"Come fai a saperlo?" mi chiede, sollevando un sopracciglio.

"Intuito. Hai un ramoscello di legno e, se lo punti contro qualcuno e urli 'crucio', tutto soddisfatto, chi sta dall'altra parte soffre. E sono certa che far soffrire qualcuno sia illegale, Riddle."

"Non ho più la traccia ormai e non sarebbe la prima volta," risponde con un'alzata di spalle che trovo decisamente inquietante.

"La famiglia Riddle l'hai uccisa tu, vero?"

"Hai troppo intuito. Ora tocca a me con le domande," dice, interrompendo il mio tentativo di farlo ammettere. "Perché mi chiami Riddle?"

"E come dovrei chiamarti?" rispondo, facendogli una smorfia.

"Con il mio nome," dice, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

"Ok... Tom," dico, e la smorfia diventa un sorriso ironico che non riesco a trattenere.

"Odio quando mi provochi," dice, ma lo vedo sorridere comunque.

"Sei tu che ti lasci provocare. E se ti da così fastidio, perché non mi tratti come gli altri? Mi cruci e mi chiudi in prigione."

"Non sono cattivo Elisabeth, non ti farò mai del male e non permetterò a nessuno di fartelo... te l'ho già detto."

A pranzo, Bellatrix ci porta dei panini. Ma quando arriva l'ora di cena, la casa è deserta, quindi ci dirigiamo verso la cucina.

"Che cuciniamo?" mi chiede, con tono serio, come se stessimo per affrontare una questione cruciale.

"Sai cucinare?" gli chiedo, sinceramente curiosa.

"No, tu?" risponde, come se fosse una cosa che tutti dovrebbero sapere.

"No... c'è qualcosa di congelato da riscaldare al microonde?"

"No."

"Perfetto. E allora, mi tocca fare la pasta."

"Dove è il bollitore?"

"Non c'è, ma ci penso io a far bollire l'acqua," dice, prendendo la bacchetta, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Un incantesimo e l'acqua è subito pronta.

Io mi metto a preparare la pasta mentre lui apparecchia la tavola. Dopo aver mangiato, andiamo in camera. Mi cambio in pigiama e Tom mi dà un bacio sulla fronte, come se fosse una routine. "Buonanotte," dice, e si gira. Io faccio lo stesso, ma la notte non mi regala il sonno.

Mi giro e mi rigiro nel letto, incapace di dormire. Sospetto che Tom lo faccia apposta per farmi venire la paranoia. Quando sono sicura che dorme, mi alzo, metto la giacca da camera e esco.

So che mi ha detto di non andare, ma chi se ne frega? Vado dritta verso lo scantinato. Arrivo davanti alla porta, ma le sbarre non si aprono. Non c'è una chiave, quindi provo di nuovo, ma faccio rumore.

"Beth... che ci fai qui?" Wendy mi guarda, seguita da Dylan.

"Non riuscivo a dormire e volevo assicurarmi che stavate bene," dico, sperando di sembrare convincente.

"Non ti preoccupare, stiamo bene," mi rassicura Dylan.

"Pigiama party?" propone Wendy, con un sorriso che non riesco a non notare.

"E come lo fai senza letti, musica, snack e soprattutto con delle sbarre?" chiedo, incrociando le braccia.

"Ci arrangiamo... abbiamo bisogno tutti di distrarci," dice Wendy, e mi fa cenno di sedermi.

Così, ci mettiamo a parlare, come se fossimo liberi e non intrappolati in una prigione. Vacanze, regali di Natale, scuola, battute... cerchiamo di ignorare l'elefante nella stanza.

Ci appoggiamo sulle sbarre e continuiamo a parlare assonnati, finché non ci addormentiamo, senza nemmeno accorgercene.

Riddle's: A Strange LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora