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La porta si apre con un cigolio familiare e vedo mia zia che appare sulla soglia. "Ce l'hai fatta," mi dice, con un sorriso che riesce a farmi sentire finalmente al sicuro. Mi abbraccia e, per un attimo, posso dimenticare tutto il caos che mi ha perseguitato fino a quel momento. Entro in casa e, senza perdere tempo, andiamo subito in cucina. La pasta sta per raffreddarsi e non voglio rischiare di perdere quella che sembra una delle poche cose normali in questa follia. Mangiamo tranquillamente, o almeno cerco di farlo, quando sento il campanello suonare.

La zia si alza per aprire la porta e, istintivamente, mi alzo anch'io. "Disturbo?" una voce che odio sentire, un tono che mi fa gelare il sangue. No, ti prego, non è lui.

Ma naturalmente, è proprio lui. Tom entra senza nemmeno bussare, con quella spavalderia che mi fa venire voglia di urlare. Mi si avvicina, come se fosse a casa sua, come se potesse decidere tutto. "Ora. Torniamo. A. Casa," mi dice, senza alcun accenno di esitazione, con la stessa arrogante calma di sempre.

"Non ho intenzione di seguirti," rispondo, cercando di liberarmi. Ma lui è veloce, mi blocca il polso con una presa che sembra d'acciaio, e io, nel mio tentativo di liberarmi, cerco di colpirlo con uno schiaffo. Ma non serve a nulla, mi tiene ferma, guardandomi con quell'espressione che non cambierà mai. "Lo sai che non ti lascerò andare," mi dice, senza cambiare nemmeno un muscolo del viso.

Non sopporto più quella superiorità che lui crede di avere, così con tutta la forza che posso, gli do un calcio. Lui si piega in due, ma non dice niente. Lo guardo, con la sensazione che questa sia l'ennesima battaglia che perdo, ma almeno mi sono liberata, per un attimo, di lui.

La zia arriva di corsa, il suo sguardo è un misto di preoccupazione e determinazione. "Zia, stai bene?" le chiedo, con un filo di voce preoccupato. "Sì, vai a mangiare o la pasta si raffredda," mi risponde, con una dolcezza che mi lascia perplessa, come se non fosse successo nulla. Ma mentre torno in cucina, sento dei rumori provenire dal salotto. Oggetti che cadono. Voci più forti. La zia sta urlando, e il rumore di una lotta che non voglio vedere mi fa correre fuori.

Mi trovo davanti a un'immagine che non avrei mai voluto vedere: Tom, a terra, con il sangue che gli scorre dallo zigomo, mentre la zia, con una determinazione che non le avevo mai visto, gli lancia addosso oggetti con una precisione che mi fa rabbrividire. "Zia, così lo uccidi!" urlo, cercando di fermarla, ma la zia non sembra ascoltarmi. È come se fosse posseduta da una furia che non si può fermare.

Alla fine, lei si calma, e con un passo incerto si avvicina a me, abbracciandomi con tutta la sua forza. Non so se è per la paura, per il sollievo, o per il fatto che finalmente lei sia riuscita a proteggermi, ma mi sento un po' più al sicuro. "Datti una mossa, Elisabeth, non ho tutta la sera," mi dice Tom, ma la sua voce è più debole, meno minacciosa.

"E stare di nuovo chiusa in casa? Grazie, ma no grazie," ribatto, cercando di far capire quanto questa situazione mi stia sfuggendo di mano.

"Lo odio dirlo, ma forse dovresti andare con lui," dice la zia, con un tono che mi lascia perplessa. "Perché?" le chiedo, non capendo dove voglia arrivare. "Preferisco prima pensare a me," dico, più egoisticamente di quanto avrei voluto.

"Al contrario della tua famiglia, tu saresti al sicuro, Elisabeth. Stando con me, non ucciderò nessuno dei tuoi, altrimenti potrebbe sfuggirmi una maledizione mortale," interviene Tom, e la sua frase, così diretta e inquietante, mi fa sentire una nuova morsa stringermi il cuore.

"Va bene," dico, sbuffando, anche se so che sto facendo la scelta sbagliata. Abbraccio la zia per l'ultima volta e poi esco da casa, con Tom che mi segue come un'ombra. Il cavallo è legato alla carrozza, insieme a un altro, e Alec ci apre la porta senza dire una parola. Salgo, mi siedo, e Tom mi segue senza farci caso.

"Perché sei scappata?" mi chiede, senza nemmeno guardarmi. La sua voce è più morbida, ma non per questo meno fastidiosa. "Perché non ne posso più di ricevere ordini," rispondo, cercando di non sembrare troppo furiosa.

"Prometto che proverò a lasciarti più libera," dice, e per un attimo mi fa pensare che forse, davvero, qualcosa potrebbe cambiare. Ma non ci credo nemmeno io.

"Perché mi hai cercato?" chiedo, curiosa. E quando mi prende la mano, i suoi occhi incontrano i miei con una sincerità che non mi aspettavo. "Perché ti amo," mi dice, con una calma che sembra fuori luogo in quel momento.

Mi guardo nelle sue profondità, cercando di capire se possa davvero essere sincero o se, come sempre, ci sia qualcosa di più dietro alle sue parole. Ma non trovo nulla che possa rassicurarmi, solo il suono della carrozza che avanza, mentre un altro capitolo della mia vita si apre davanti a me.

Riddle's: A Strange LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora