Capitolo XXIX - Una giornata particolare (R)

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Anno VII - Parte V 

Scorpius

Non è ancora tornata. Sono quattro giorni che non la vedo e la cosa mi sta facendo impazzire. So che non dovrei avere pretese su di lei, ma è più forte di me. Sono preoccupato che con quello che è successo tra di noi, lei non mi voglia più vedere. Probabilmente non avrei dovuto costringerla ad ammettere i suoi sentimenti qualche sera fa. I suoi occhi mi parlavano, ma la sua bocca era chiusa, a protezione di sé. So che ha paura, perché ce l'ho anche io. Siamo stati scottati in passato e fidarsi è difficile. Non sono riuscito a dormire molto, continuo a pensarla, a sognarla...e poi mi ricordo che è con i Potter, con James Sirius Potter, e devo trattenere la rabbia.

Non so cosa fare.

Probabilmente la cosa giusta è aspettare.

Eppure questa casa sembra vuota senza di lei.


Le mani di Scorpius si bagnarono di rugiada mattutina quando mise piede all'alba nel grande giardino all'inglese di casa Malfoy. Anche quella mattina si era svegliato molto presto, era salito al piano superiore per vedere se Andromeda fosse rientrata in casa ma non c'era. Sapeva dov'era e la cosa lo faceva star male. Il grande maniero era ancora silenzioso, così decise di andare a fare una corsa per schiarirsi i pensieri. Ma non servì a molto. Improvvisamente si ritrovò davanti alla serra di sua madre. All'inizio non gli piaceva andare lì dopo la morte di Astoria, aveva troppi ricordi. Con il tempo, invece, fece di tutto per portare avanti il passatempo della madre, che era diventato anche il suo. Curare le piante e tutti quei fiori diversi lo facevano rilassare. Quella mattina, dopo aver corso per un'oretta, si sedette fuori dalla serra a mangiare una mela e a guardare il cielo. Si tolse la maglietta bagnata di sudore per farla asciugare. Diede un morso alla mela e chiuse gli occhi, godendosi il tepore del sole mattutino.

Crack! Scorpius aprì gli occhi. C'era un cane nero dietro, la cui testa spuntava da dietro il tronco di un albero. In principio si spaventarono entrambi e si fissarono per qualche secondo. Poi il ragazzo notò che gli occhi del cane erano rivolti alla mela tra le sue mani.

"Ehi, ti sei perso?" - disse Scorpius al cane - "Hai fame? Tieni, prendi". E lasciò rotolare la mela verso il cane, che fece qualche passo in avanti. La annusò e le diede un morso, poi un altro, finché non la finì in poco tempo. Scorpius sorrise, poggiando la schiena sulla parete della serra. "Anche tu solo, eh" - continuò a parlare Scorpius, come se il cane potesse rispondergli - "Anche io. Ultimamente non mi vuole nessuno". Il cane alzò la testa e fece un passo avanti. Si sedette lì vicino. "Però, ehi, possiamo stare soli in due se ti va" - continuò Scorpius - "Non ho mai avuto paura di rimanere solo prima d'ora". Chiuse di nuovo gli occhi.

Quando li riaprì il cane era scomparso. Era quasi ora di pranzo quando rientrò in casa. Quasi come fosse un movimento istintivo, andò verso la camera di Andromeda e la trovò nuovamente vuota. Chinò la testa sconsolato.

"Ritornerà". Il ragazzo si voltò verso suo padre che stava passando per il corridoio.

"E se non lo facesse? Se avesse trovato qualcosa di meglio?" - domandò Scorpius.

"Tu dici?" - domandò ironico Draco, poi gli mise una mano sul volto e disse nella maniera più dolce che conoscesse: "Hai il cuore di tua madre". Scorpius accennò un leggero sorriso. "Lei adorava le sorprese" - disse Draco prima di andarsene. Scorpius torno a guardare la camera vuota di Andromeda. E gli venne in mente un'idea.



Andromeda era rimasta nella forma di un cane per tre giorni. Aveva bisogno di pensare e di schiarirsi le idee, ma nonostante tutto non poté fare a meno di finire nel grande maniero dei Malfoy. O meglio, nel loro giardino. Una mattina, poi, l'aveva visto: Scorpius. Seduto, baciato dal sole, che si infrangeva sul suo muscoloso petto bianco. Il corpo e il viso imperlati di sudore. Doveva aver corso. Aveva un'espressione preoccupata... era in pensiero per lei? Quando lui le diede la sua mela, quando disse quelle parole aveva capito che era ora di affrontarlo, e di dirgli tutto.

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