CAPITOLO 17

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Elizabeth strappò la gonna, rivelando un attillato paio pantaloni di tela, e tirò uno degli anelli sul bracciale multiuso destro. Da quest'ultimo fu sparato un rampino che si agganciò al cornicione dell'edificio su cui era salita Natasha, quindi compì un salto e cominciò a correre sul muro. Will la osservò sparire come aveva fatto la semi-automa qualche secondo prima.

- Ugh... Però, ne ha di grinta da vendere. - commentò Brown mettendosi seduto.

- Può ben dirlo... -

L'agente si trovava su un ampio spiazzo illuminato dalla luna. A qualche metro di distanza da lei c'era la semi-automa, intenta a sistemare la mano precedentemente recisa. Non appena la vide fece per darsi alla fuga, ma Elizabeth tirò nuovamente l'anello del rampino, che andò a impigliarsi tra le sue gambe e la fece schiantare a terra. Tirando nuovamente l'anello il cavo cominciò a riavvolgersi, trascinando l'assassina che si dimenava. Ad un certo punto riuscì finalmente a divincolarsi da quella stretta, si mise in piedi ma non scappò.

Ora erano a poco più di due metri l'una dall'altra; Elizabeth, nei cui occhi celesti bruciava la fiamma dell'odio e della vendetta, e Natasha, immobile, statuaria, congelata nell'espressione data dalla maschera di ottone. L'agente tirò su i pugni in posizione di guardia. La semi-automa fece lo stesso. Calò per un istante il silenzio, poi scattarono l'una verso l'altra.

Grazie alla superiorità dei suoi riflessi fu Natasha a sferrare il primo colpo. Il suo pugno sinistro si scontrò con l'avambraccio destro di Elizabeth. Nonostante le fasce metalliche attutissero la maggior parte dell'urto l'agente avvertì un tremendo dolore. Strinse i denti e tentò di colpire con il pugno libero la presa d'aria sul ventre della semi-automa. Prevedendo un simile attacco, Natasha le afferrò il polso a pochi centimetri dal suo corpo, dopodiché lo torse con estrema rapidità, spezzandolo. L'aria fu squarciata dal grido di sofferenza di Elizabeth. La semi-automa approfittò di quel momento di debolezza per colpirla con il dorso della mano metallica in pieno viso. L'agente fu scaraventata a terra e rotolò sul pavimento polveroso. Cercò di rialzarsi, sfruttando il braccio ancora buono. Sputò sangue e si pulì con il dorso della mano.

Nel frattempo Natasha era rimasta al suo posto, fissandola con quello sguardo impassibile.

- Che c'è, non fuggi più? - domandò Elizabeth mettendosi in piedi.

Silenzio.

- Ah, ho capito; vuoi darmi la possibilità di vendicarmi, come hai fatto tu. -

Silenzio.

- Beh ti ringrazio, cercherò di non farmela sfuggire. - Elizabeth tirò con l'indice destro un piccolo anello sul bracciale opposto. Da questo fuoriuscì il pugnale per il corpo a corpo, che scivolò nella sua mano. Con un urlo carico di rabbia si scagliò addosso a Natasha, agitando l'arma con estrema abilità. L'assassina era però troppo veloce per lei ed evitava con precisione tutti gli attacchi. Con un mezzo giro schivò un affondo, quindi afferrò nuovamente Elizabeth per il polso. Per tutta risposta l'agente portò il piede dietro la gamba dell'avversaria e lo tirò indietro, sbilanciandola. Natasha cadde all'indietro con un frastuono metallico. Elizabeth cadde sopra di lei e la strinse al livello dei fianchi con le cosce. Divincolò la mano dalla stretta e con un movimento fulmineo, le piantò il pugnale nella fessura tra le due lastre di ottone che coprivano la spalla sinistra. Facendo leva con lo stiletto, l'agente scoperchiò una delle due piastre, scoprendo i cavi che permettevano il movimento del braccio, quindi li recise con precisione chirurgica. Estrasse il pugnale e tentò di affondarlo all'altezza del cuore. La semi-automa la bloccò, afferrando la lama con la mano ancora funzionante. Nonostante la sua superiorità in fatto di forza fisica faticava a resisterle.

Con un movimento improvviso del bacino, Natasha riuscì a destabilizzare Elizabeth, quindi la colpì di nuovo sul viso con un poderoso pugno. La donna si riversò su di un lato, permettendo a Natasha di sfuggire alla presa. Saltò in piedi e si portò istintivamente la mano alla spalla ferita, nonostante non provasse dolore. Sentiva tuttavia una strana sensazione; il cuore metallico le batteva più forte, il respiro le si era fatto più pesante. Era passato così tanto tempo dall'ultima volta che aveva provato qualcosa che quasi non capiva cosa le stesse succedendo. Poi, d'un tratto, nella sua mente balenò la parola che stava cercando:

ERGO ESTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora