CAPITOLO 18

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12 gennaio 1877

- Ahia, mi hai pestato il piede! - la vocina stridula di un bambino di poco più di dieci anni riecheggiò in una strada deserta di San Pietroburgo, attutita dalla coltre di neve che lentamente si inspessiva.

- Ma se ti ho solo sfiorato. - rispose un'altra vocina stridula, questa volta di una bambina - sei proprio una femminuccia Luka. -

- Femminuccia sarai tu! - ribatté il bambino con un smorfia.

- Lo sono già, stupido. Vuoi che ti faccia vedere? - rise lei facendo per sollevare la gonna di tela grezza.

- No! che schifo. - gridò Luka ridendo a sua volta e coprendosi gli occhi con le mani. In quel momento suonò in lontananza una campana - Andiamo Natty, o faremo tardi. Chi arriva per ultimo è un somaro. -

- Luka! Ti ho detto che non mi devi chiamare in quel modo. Aspettami! -

I due bambini corsero a perdifiato lungo la strada, affondando fino alle caviglie nella neve. Ad un certo punto svoltarono in uno stretto vicolo per poi sbucare in una via parallela. Di fronte a loro si innalzava una cancellata semi arrugginita e leggermente storta, la quale racchiudeva un palazzo altro tre piani. All'ingresso della cancellata era posta una cassetta della posta grigia, sulla quale era inciso: "Orfanotrofio della Santa Misericordia"; entrambi entrarono nel minuscolo cortile antistante l'edificio, salirono i gradini del portico e fecero per aprire il pesante portone, quando quest'ultimo si spalancò con impeto tale da farli sobbalzare. In piedi di fronte a loro si stagliava la figura austera di una donna di mezza età. Indossava un lungo abito nero, e sopra di esso un grembiule bianco. Due occhi grigi, infossati nel viso dai tratti spigolosi, scrutavano con severità i due piccoli. I suoi capelli, di un castano scuro striato qua e là di grigio, erano raccolti in due trecce, che dai lati della testa si congiungevano con uno chignon dietro la nuca.

- Natasha, Luka - esordì con tono di rimprovero - in nome del Cielo, dove vi eravate cacciati?! Dovrei spedirvi nelle vostre camere senza pranzo. -

- Ci scusi signora Manilov. - cantilenarono all'unisono i due bambini.

La donna sospirò: - Ringraziate che oggi è un giorno speciale. Su su, a lavarsi le mani, tra poco si mangia. -

Il refettorio dell'orfanotrofio consisteva in un enorme stanzone, con al centro tre lunghi tavoli disposti ad U ed imbanditi a festa per l'occasione. Alcune dipendenti stavano finendo di posizionare l'argenteria, quando un'orda di bambini scalpitanti fece irruzione nella sala e si distribuì lungo la tavolata. L'aria si riempì delle risa e degli schiamazzi acuti degli infanti, entusiasti di vedere la tavola apparecchiata in quel modo per una ricorrenza che non fosse Natale o Pasqua. Nonostante fossero entrati dopo rispetto alla maggior parte dei loro compagni, Natasha e Luka riuscirono comunque a trovare due posti vicini.

- Sai perché hanno messo la tovaglia della festa? - chiese Natasha alzando di molto il tono di voce per sovrastare le urla.

- Emma mi ha detto che sarebbe venuto un ospite importante, ma non ho capito chi. - rispose gridando a sua volta Luka.

Improvvisamente si udì un forte scampanellio e nel refettorio calò il silenzio. La signora Manilov si alzò dal suo posto, situato sul lato orizzontale della tavolata, e prese la parola: - Buon giorno bambini. -

- Buon giorno signora Manilov. - risposero in coro gli infanti.

- Oggi è un giorno davvero speciale per tutti noi; è giunto infatti a farci visita un ospite molto importante: il signor Damian Nevskij. - indicò la persona alla sua destra, un gentiluomo di mezz'età dai capelli brizzolati e dai folti baffi grigi - Suvvia, non siate timidi, salutatelo a dovere. -

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