CAPITOLO 22

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9 aprile 1877, ore 04:30

Natasha si alzò dal letto senza fare rumore; era già vestita per uscire, quindi si allacciò le scarpe ed indossò il soprabito. Si chinò ed estrasse da sotto il letto uno zaino con dentro cibo, acqua e qualche vestito di ricambio. Avrebbe lasciato il resto delle sue cose lì, altrimenti il bagaglio sarebbe stato troppo pesante. Uscì dal dormitorio, dopo aver guardato per l'ultima volta le sue compagne. "Torneremo a prendervi, lo prometto" pensò. Con passo felpato discese la scalinata che dava sull'atrio principale. Ai piedi di questa trovò Luka; come lei, portava uno zaino, anche se molto più grande. Senza dirsi una parola si diressero verso la cucina e vi entrarono, silenziosi come ombre. Servendosi di una piccola lanterna portatile a olio, i due attraversarono il locale fino a raggiungere la parete opposta, dove si trovava la porta di ferro. Natasha tirò fuori dalla tasca della giacca la pesante chiave, la inserì nella serratura e girò, pregando che fosse quella giusta. Si udì uno scatto metallico; i due bambini si guardarono, dopodiché Natasha tirò la maniglia. La porta si aprì senza cigolare, rivelando un corridoio coperto in parte dallo strano tappeto mobile nero. Una lampada a gas illuminava dall'alto, allungando sul pavimento della cucina le ombre dei due bambini. Natasha e Luka attraversarono la soglia, chiudendola piano alle loro spalle. Il corridoio era freddo e leggermente ventilato; in fondo vi era un varco che si apriva verso l'esterno, verso la libertà. Dopo un momento di esitazione, Natasha e Luka si mossero, camminando con passo impaziente ed incerto allo stesso tempo. Il rumore dei mattoni sotto i loro piedi fu sostituito da quello della ghiaia, dopo tanto tempo. L'odore di aria fresca riempì i loro polmoni, scivolò sulla loro pelle come una carezza leggera. Di fronte a loro si estendeva un immenso paesaggio montano; dietro alcune delle cime più lontane si intravedevano le prime luci dell'aurora, che tingevano il cielo di un turchese intenso. Rimasero immobili per qualche istante, come incantati, ad osservare quel panorama, quindi Luka si guardò intorno ed indicò delle casse ammassate poco distante da loro; badando che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, i due bambini si spostarono lungo il muro, quasi appiattendosi contro, e si accovacciarono dietro la catasta. Le dimensioni delle casse la rendevano un ottimo nascondiglio, da cui avrebbero potuto scorgere l'auto-carrozza senza essere visti.

- Posso sapere che cosa hai messo nel tuo zaino? - chiese Natasha una volta che si furono sistemati - Credevo dovessimo portare lo stretto ind...indi... insomma, poche cose. -

- Mappe. - disse Luka, estraendo un grosso volume rilegato - Dovremo saperci orientare una volta lontani da qui, secondo te perché ho passato tutto quel tempo sui libri? -

- Tutto questo solo per trovare la stazione di polizia più vicina? -

- E chi ha mai parlato di fermarsi alla stazione di polizia? -

- Cosa vorresti dire? -

- Pensi che mi farò scaricare di nuovo all'orfanotrofio quando questa storia sarà finita? Neanche morto. -

- E dove vorresti andare? -

- Voglio girare il mondo, senza nessuno che mi dica cosa fare. -

Natasha emise una risata sommessa: - Tu? Girare il mondo? Ma fammi il piacere. -

- Perché non vieni con me? - replicò Luka - Insieme possiamo risolvere qualsiasi problema, nessuno ci può fermare. -

La ragazzina rimase in silenzio per qualche secondo, poi scosse il capo: - Luka, abbiamo solo dieci anni. Non ce la faremmo mai da soli. No, io voglio tornare all'orfanotrofio, e dovresti anche tu. -

In quel momento entrambi udirono un ronzio provenire da lontano. Si sporsero oltre le casse e notarono un puntino luminoso, che si avvicinava sempre più.

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