9•capitolo -Lei è lei-

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Inseguo Claudia, cerco di fermarla ma lei ha già preso il volo. Tento di chiamarla, urlo il suo nome come un pazzo ma lei continua a camminare infischiandosene di me.

«Claudia, fermati» finalmente riesco ad afferrarle la mano ma lei non si volta, credo stia piangendo. Sbuffo tutta l'aria che ho in corpo e cerco sicurezza che perdo quando i suoi occhi si schiantano sui miei. Ha il viso rigato dalle lacrime ma non è la prima volta che la vedo piangere. «Che ti prende!?» sbotto tutta la mia frustrazione, sinceramente non le capisco né le accetto queste lacrime.

«Che mi prende?» ritorna in sé e gonfia il petto, tenta di sovrastarmi dalla sua stazza minuta ma non mi lascio scalfire. Non ho fatto nulla di male, tuttalpiù è lei che non dovrebbe minimante interessarsi alla mia vita. «Cioè volevi scoparti quella lì...» indica con l'indice verso il ristorante, «proprio nel ristorante dove abbiamo fatto l'amore così tante volte»

Ne segue un sorriso amaro da parte mia, tento di frenare la mia lingua ma ormai è partita e va per i fatti suoi.

«Claudia» alzo il tono di voce, stringo le sue braccia per fermarla e trema al mio tocco. «Ma ti rendi conto quanto quello che dici è ridicolo constatando questo...» indico la pancia appena accennata che si intravede dalla sua maglietta rossa. «Non sei un cavolo di nessuno per dirmi quello che devo fare, per farmi piazzate inutili, per scappare così come se io fossi lo stronzo traditore. Perché tu ci provi sempre a far passare me come quello che non riesce a prendersi un impegno e mantenerlo, come quello che pensa solo a scopare, e si... probabilmente hai pure ragione, ma almeno io non fingo di essere ciò che non sono. Sono quello che vedi e non mi nascondo dietro a un dito come te»

Ed eccola che torna a rigare le sue guance con le lacrime, storce le labbra per trattenersi ma non è capace. Claudia è emotiva e io ho appena minato la sua sensibilità, come sempre poi.

«Cosa piangi!» esasperato dico strofinandomi il viso e, al tono di queste mie parole, singhiozza.

«Sei un insensibile, Umberto. Io ti odio, te lo giuro. Non so perché perdo tempo con te, da quando ti conosco mi riduci sempre in questo modo ma io mi ostino a venire da te come se potessi cambiarti. Ma tu non cambi e non cambierai mai, ecco perché non potevi essere il padre di mio figlio» me la sputa addosso questa sentenza, e avverto ogni coltellata che mi infligge rimanendo fermo a guardarla, come se nulla dalle sue labbra stesse uscendo. Mi sento disarmato e incredulo di fronte alle sue parole, incapace di reagire perché infondo un po' penso che sia vero quello che dice. Che si, lei non ha il diritto di trattarmi così perché non è stata migliore di me, ha continuato a tradire il suo fidanzato, ma ha fatto bene a non scegliermi alla fine perché non so prendermi un impegno vero e proprio. «Adesso me ne vado e non voglio più vederti!» si volta per lasciarmi alle spalle, trattengo il fiato mentre la vedo allontanarsi, ma questa volta sono io a dire la mia.

«È troppo facile cercare un capro espiatorio, forse dovresti imparare a chiederti se sei migliore di me!»
Si ferma, la vedo respirare a fatica, ma continuo.
«Odiami pure, fai come ti pare, tanto come hai detto tu sono uno stronzo insensibile e tutto quello che dici non mi tocca minimamente»

Le sue mani si stringono in due pugni, sto per dire altro quando vedo che comincia a toccarsi la pancia. È un attimo e la vedo accasciarsi, mi avvicino a lei preoccupato

«Claudia... che hai? Stai bene?»

«Sto... non ce la faccio» si lamenta dal dolore, «ti... ti prego, non voglio perdere il mio bambino» piange mentre lo dice e mi sento vulnerabile difronte a questa scena. Perde conoscenza un attimo dopo e me la stringo addosso, poi molto in fretta vado verso la sua macchina e la porto all'ospedale. Il tempo del tragitto è un'agonia, sembra di non arrivare mai. Claudia continua a lamentare dolori e io mi sento in colpa per il suo stato, ho paura e so di non poter far nulla per aiutarla. Non appena fermo la macchina, la prendo nuovamente tra le braccia e in fretta entro dentro l'edificio, ad accogliermi due medici che portano una barella e cercano di allontanarsi, ma tengo stretta la mano di Claudia, le faccio capire chiaramente che non ho intenzione di lasciarla sola. Aspetto novità per almeno una mezz'ora, ho chiamato Riccardo per avvisarlo dell'accaduto e mi ha detto che avrebbe parlato anche con Giancarlo. Lui è il padre del bambino che aspetta e anche il fidanzato di Claudia, era giusto che sapesse, e io non ho potuto ribattere perché non ha detto altro che la verità delle cose.
Dopo un po' finalmente mi lasciano entrare, Claudia ha gli occhi aperti e sta guardando verso la finestra, ho paura di chiederle se c'è ancora il suo bambino. Ho provato a domandare ai medici ma anche loro mi hanno ricordato che in questa scena non c'entro niente e che non sono io il padre del bambino che ha in grembo.
Tento di aprire bocca per parlarle, ma i suoi occhi mi cercano prima e il mio nome viene fuori dalle sue labbra bianche.

The last Day (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora