Siamo in sala d'aspetto, il cuore batte così forte da non riuscire a gestirlo. Sono spaventato a morte, Claudia sta per partorire e io, forse, potrei diventare padre. Mi fanno entrare, è lei che ha chiesto di me, vuole che le tengo stretta la mano ed è ciò che voglio anch'io. Claudia sta soffrendo, gli occhi spiritati e il sudore che le imperla la fronte. Un ultimo sforzo estremo e poi partorisce, la creatura è nelle sue braccia e lei piange lacrime di dolore mischiate a felicità, le stesse che vengono giù dai miei occhi; perché in questa stanza, non mi importa più chi sia o meno il padre, io mi ci sento. Mi sento parte di questa unione. Accarezzo con dolcezza la fronte del piccolo, lei decide di farmelo tenere in braccio e questa sensazione è quella più forte di tutti, non ho mai provato nulla di così eccitante.
Claudia si riposa ma, quando finalmente posso tornare da lei, non esito un'istante. Le stringo la mano e lei schiude gli occhi alla ricerca dei miei.
«Stai bene?» le chiedo con dolcezza, mentre lei annuisce e si vede che è ancora sofferente.
«Lui sta bene? Non doveva nascere così presto!» bofonchia, ha paura ed è normale, adesso è diventata madre e non c'è legame più forte.
«Si!» la rincuoro, «stanno facendo degli accertamenti, dovrete rimanere in ospedale qualche giorno in più, ma non ha alcun problema il bambino. Stai tranquilla!»
«Hai chiesto del test?» so a cosa si riferisce, ma a me non importa, non ora.
«No!» scuoto la testa, «non è importante adesso!» poi le bacio la fronte.
«Perché sei ancora qui?» mi riscuote questa domanda, mi fa mancare il respiro, «perché non sei da lei?»
«Non ti lascio sola, Clá, te l'ho promesso. Rimango con te, costi quel che costi!» delle lacrime scendono giù dai suoi occhi, mi appresto a consolarla stringendola a me con delicatezza.
Torno dai miei amici che mi fanno gli auguri e, mi chiedo, come sia possibile che Giancarlo non sia ancora qui. Riccardo lo ha chiamato un paio di volte, poi visto che non rispondeva gli ha scritto un messaggio per informarlo del parto imminente. Lui l'ha letto, ma nonostante ciò non ha risposto né si è presentato. Mi domando come si possa mettere davanti l'orgoglio quando c'è di mezzo un bambino. Claudia ha sbagliato e non finirò mai di dirlo, ma non è una cattiva persona e il bambino non è colpevole delle menzogne della madre.
Mi sento pieno di emozioni che vorrei condividere con Giorgia, ma quando provo ancora una volta a chiamarla risuona la solita segreteria. Riccardo mi guarda da lontano, forse sa già ciò che sto provando a fare e sa anche che non avrò una risposta. Voglio vederla, ho bisogno di lei, non voglio perderla e non ho cambiato idea sull'averla nella mia vita.
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Sono passati tre giorni da quando Claudia ha partorito, giorni in cui vengo tutte le volte che ho del tempo libero dopo il lavoro. Sono sempre più affezionato a questo bambino che Claudia ha deciso di chiamare Emanuele.
«Come sta oggi la signora Claudia?» domando, abbozzando un sorriso e stringendole la mano.
«Per fortuna un po' meglio, Emanuele cresce sempre di più.»
«È forte come la madre!»
«Ho chiesto del test!» il cuore trema a questa affermazione. Si, voglio saperlo, ma l'idea di non essere il padre di quel bambino mi atterrisce. Mi sono legato a lui benché siano passati solo tre giorni e non voglio perderlo.
«È giusto così!»«Giusto per chi? Per Giancarlo che neppure si è presentato!»
«È arrabbiato, Umberto!» quasi lo giustifica e non riesco a capirne il senso. Non c'è giustificazione nell'abbandono di un figlio!
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The last Day (Completa)
RomanceUmberto ha sempre la battuta pronta, dice la sua in maniera spontanea senza pensare ai sentimenti delle persone. Sì, perché lui non è molto empatico, non capisce che alcune parole possono ferire. Nessuno, guardandolo, penserebbe che ne ha passate ta...