172- Tapparelle

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Molto tempo fa ho fatto un sogno vivido

mi svegliavo in un letto bianco, grande, 

al mio fianco un uomo sconosciuto fiocamente illuminato dalle luci aranciate del mattino

mi sollevavo leggermente per guardarlo e dopo averlo baciato nel suo sonno me ne andavo. 


Quando mi sono svegliata ero più giovane del sogno di molti anni, 

ero nel letto di uno studentato di basse pretese come le mie

al mio fianco un bambino troppo cresciuto scurito dalle luci dei lampioni notturni fuori la finestra

mi sono abbassata per non vederlo e ho chiuso di nuovo gli occhi.


Sentivo di conoscere quella persona illuminata dalle tapparelle

ma avevo perso qualche particolare per dire chi fosse, 

il suo viso familiare era così rilassato da ricordarmi cosa fosse la tenerezza

e qualcosa nel suo essere lì bastava a pervadermi di un senso di sicurezza che non avevo mai sperimentato.


Quel frame si è impresso a fuoco vivo nella mia mente

costringendomi a guardare attraverso questo ogni amante steso a fianco a me

nessuno di loro è l'uomo del frame che continuo a cercare

ma nemmeno lui: il candore che lo circondava

e la pace che aveva in qualche modo riposto in me


un sentimento che non ha mai fatto parte di me,

la pace della propria casa.



Alla fine, l'ho detto:

il prezzo da pagare per aver ucciso l'uomo è di vagare eremita su questa terra

diventare un Caino apolide, nomade, contrabbandiero incapace di meritare una casa 

ed essere un Ulisse sprovveduto, che mai troverà la nè la sue terra natia nè la sua Penelope.

Non c'era, nemmeno una voltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora