178- Sangue e neve

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L'inverno quest'anno è arrivato in anticipo.


Il calore molle del sole ha arso l'estate in una fredda poltiglia di fango bruno

E ora ciò che ne resta sul mio manto lucente è solo la concrezione delle parole logore,

quelle tritate insieme a credenze d'infanzia, sogni giovanili, terrori senili.


Le mie zampe nel fango lasciano una scia

una traccia rossa scarlatta e pregna di vita, di morte,

come se pesassi troppo per la terra stessa, come se fossi solo pelle delicata e già lisa al primo sguardo


Pesante di urla affogo nel mare di sangue che mi tiene in vita dentro me

e come quelle urla mi sento salire al cielo, alta e finalmente libera 

dispersa in miliardi di particelle irrecuperabili e sottili per non essere mai più trovata


C'è chi direbbe che questa è la morte,

ma quando mi muovo come una fiamma tra gli alberi spogli lo vedo nei loro sguardi

che non sono più un urlo o un pianto, 

sono l'ululato del branco del quale appartengo:


Sono il suono della ruvida vita selvaggia che risuona di morte nella foresta 

e allo stesso tempo ti fa voltare verso i fiori inaspettati nel fitto del tuo terrore da umano.


é con questo sentimento di vuoto abbandono nel cuore che arrivo dove nella foresta l'eco del mio ululato è più forte

il mio lupo, di fronte a me, mi corteggia nella sua antica danza


Ci annuseremo i mantelli nuovi 

cercando sulle nostre pelli tracce si sangue marcio che qualcun altro ha lasciato su di noi, 

segni del tempo che solo i nostri tartufi di lupo sanno riconoscere 


Perchè noi, 

noi siamo i licantropi che nessuno si aspetta.


E i segni rossi d'inchiostro che lasceremo sulla neve di quest'inverno

non ci condurranno a casa,

perchè "casa" è un posto che non esiste.


Raminghi gireremo mostrandoci le zanne

e da lì, cadrà altro sole.








Non c'era, nemmeno una voltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora