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Capitolo quarto.

Cercai di passare inosservata tutta la giornata perché non sarei stata in grado di affrontare la situazione con l'imbarazzo che provavo in quel momento. C'era molto trambusto quel giorno, stetti tutto il giorno alla mia postazione di lavoro insieme a Deva, dovevamo lavorare sul design della campagna ma nonostante la giornata importante l'aria era comunque abbastanza tranquilla. Erano circa le 18:00 quando lo vidi passare.

I nostri sguardi si incrociarono, come la prima sera. Sentii un brivido inspiegabile, il suo sguardo era davvero in grado di metterti in totale soggezione. Lo salutai distintamente ma vidi che al posto di andare via venne verso la mia postazione. Io e Deva ci guardammo incredule, lei non stava capendo ma io stavo capendo ancora meno di lei.

Salutò Deva che si alzò per andare via.

"Vado a casa ragazzi." Disse, mi diede un abbraccio, prese la sua borsa e si diresse verso l'ascensore. Sembrava tutto fatto apposta.

"Ciao, come stai?" mi chiese sorridendo.

"Bene dai. Tu? Com'è andata oggi?" Risposi ricambiando il sorriso e cercando di sembrare il più normale possibile ma devo ammettere che ero abbastanza nervosa.

"Tutto bene grazie, anche se sono un po' stanco infatti ora volevo andare a mangiare qualcosa e mi chiedevo se volessi venire, conosco un posto qui sotto abbastanza buono. " Non sapevo davvero cosa rispondere, ma di certo non potevo rifiutare, quando mi ricapitava?

"Perché no? Sto morendo di fame." Mi alzai, presi le mie cose senza sembrare troppo nervosa, visto che stavo per far cadere tutto.

"Prendiamo l'uscita posteriore, qui fuori ho visto che ci sono alcuni fotografi."

Prendemmo l'ascensore insieme al suo manager, loro parlarono e io per farmi gli affari miei guardai un po' il telefono. Arrivammo al piano terra verso l'uscita dal retro che non sapevo nemmeno esistesse.

Camminammo per 5 minuti e arrivammo al posto, fortunatamente la strada era abbastanza deserta quindi non trovammo fotografi o altre cose di questo genere.

"Mi piace venire qui, è una zona tranquilla e non mi sento costantemente osservato."

Era un posto che faceva sopratutto hamburger e cose di questo genere, molto tranquillo con poca gente. Prendemmo un tavolo e ordinammo da mangiare.

"Parlami di te, sono troppo curioso di sapere." Pauline aveva ragione, era davvero gentile.

"Beh sono qui da circa 10 giorni. Prima vivevo a Milano ma sono originaria del Veneto, in un piccolo paesino vicino Venezia che nessuno conosce. In realtà sono nata a Zurigo in Svizzera perché mia mamma è di lì." Sorrise e mi chiese "Quindi anche tu sei bilingue?"

"Sì, sono andata a vivere in Italia all'età di 2 anni, anche tu sei bilingue vero?"

"Sì, nato e cresciuto qui, ma ogni estate andavamo dai parenti in Francia. Ho dei bellissimi ricordi." mi sentii davvero capita.

"Anch'io ogni estate vado in Svizzera a trovare la mia famiglia. Così da tutto questo è nata la mia passione per le lingue. Ho studiato lingue all'Univesità di Venezia. Ah e ho studiato francese." Ridacchiai.

"Quindi mi capisci se parlo in francese?" sembrò illuminarsi appena accennai di questa cosa.

"Ti capisco benissimo ma forse per risponderti potrei fare qualche gaffe." Scoppiai a ridere.

"Beh, cosa ti ha portato qui?"

"Ho lavorato per un anno in un agenzia di comunicazione e moda a Milano, mi avevano offerto tantissime posizioni all'estero ma nessuna mi aveva mai spinto a provarci fino a quando non mi hanno proposto New York."

Gli parlai ancora un po' di me ma poi interessata gli chiesi della sua vita. Viveva in un Loft nell'East Village, era il posto perfetto per lui, lontano da tutta la mondanità che non faceva per lui, il rifugio perfetto.

"Sai, molte volte mi hanno proposto di spostarmi a Los Angeles per il mio lavoro, ma non ho mai voluto. Nonostante faccia parte di quel mondo sento che non mi appartiene, a parte alcune occasioni. Sono una persona molto discreta, preferisco starmene per i fatti miei e odio venire fotografato quando magari ho appena avuto una giornata di merda. Amo il mio lavoro, ogni giorno mi gratifica sempre di più ma la fama non fa proprio per me, mi piace vivere normale anche se magari dall'esterno può non sembrare."

Parlammo per almeno 2 ore, sembrava ci conoscessimo da una vita, due persone così diverse con due vite completamente opposte.

Quella sera ci scambiammo il numero di telefono.

Ci salutammo ed entrambi andammo verso casa con un Uber.

Tornai a casa, incredula di tutto ciò che era appena successo. Era da tempo che non stavo così bene e riuscivo ad aprirmi così con qualcuno.  Quella notte non riuscii a chiudere occhio e ripensai a tutto almeno migliaia di volte.

From strangers to friends, friends into lovers and strangers again. - t.c.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora