Capitolo 18

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Erano trascorse due settimane, e Lauren e Camila non si erano incontrate. La cubana si stava sforzando di reagire, per Angy e per le sue amiche che erano davvero preoccupate per lei. Tra qualche giorno sarebbe tornata a lavoro, magari quello l'avrebbe aiutata a non pensare. O forse no, perché si sarebbe trovata di nuovo fianco a fianco con Lauren. La stessa Lauren che si era impegnata ad evitare come la peste. Come da lei espressamente richiesto.

Erano le otto di sera, Angy e DJ erano a casa della corvina ma a breve sarebbero tornate per cenare con lei, mentre Ally era uscita per un appuntamento galante. Camila aveva ordinato le pizze per cena, non avendo voglia di cucinare. Sentì bussare alla porta e storse il naso. Il fattorino era in anticipo, e ora sua figlia avrebbe trovato la pizza fredda. Prese il portafogli e aprì la porta d'ingresso.

Si congelò, vedendo quell'uomo davanti a lei. Indossava un completo elegante, una camicia bianca con l'ultimo bottone aperto, e un sorriso soddisfatto. Il ciuffo gli cadeva morbido sulla fronte, e una leggera barba ispida gli copriva la mascella.

"Camila..." La sua voce era irritata, nonostante sul suo volto restasse quel sorriso, che sembrava più un ghigno.

"M-Matthew." Disse la cubana in un sussurro, prima di riscuotersi. Provò a chiudere la porta, senza successo. Il piede dell'uomo la bloccò, e con una spallata la spalancò, richiudendosela poi alle proprie spalle.

"È così che accogli il padre di tua figlia?" Le chiese, ironico.

"Ne abbiamo già parlato, sei solo il donatore." Disse allontanandosi, agitata. Il senso di protezione su sua figlia prevalse sulla propria paura. Prese il telefono dalla tasca e rapidamente inviò un messaggio a Dinah.

- Non tornate finché non ve lo dico io. -

Sperò che l'amica leggesse il messaggio. Sentì il suono di una notifica, ma la ignorò riportando l'attenzione su quell'uomo.

"Dov'è la bastarda?" Si stava guardando intorno, mentre si avvicinava a lei. Camila cercò di ignorare sia la domanda, che la puzza di alcol che l'aveva raggiunta. Cercò di dimostrarsi calma, anche se dentro di sé l'agitazione regnava incontrastata, soprattutto a causa di quell'odore, che le ricordò dell'ultima volta che l'aveva visto.


Era sdraiata sul letto e accarezzava l'accenno di pancia con delicatezza, con un sorriso dolce sul viso. Era incinta di quasi quattro mesi e l'addome iniziava a pronunciarsi leggermente. Suonò il campanello, ed essendo sola in casa si alzò per andare ad aprire, sbuffando per il caldo afoso del pomeriggio estivo. Indossava solo dei pantaloncini morbidi e una canotta. Il seno aveva preso a gonfiarsi e a farle male, quindi non indossava il reggiseno. Pensò di coprirsi di più, ma aveva troppo caldo, era in casa sua e non aspettava visite, quindi lasciò perdere.

Aprì la porta, trovandosi davanti Matthew. L'uomo, più grande di lei di una decina di anni, era stato un suo docente all'università, ed era sempre stato interessato a lei. Era amichevole, affascinante, intelligente, disponibile, muscoloso e bello. Era sempre stato più che gentile con lei. Era l'uomo perfetto, per questo gli aveva chiesto il suo seme. Lui all'inizio aveva riso, proponendole un metodo più classico per avere un bambino. Aveva anche insistito parecchio, spingendo sempre più spesso per andare a letto con lei. Ma non aveva calcolato due fattori: il primo era che voleva portare in grembo il figlio di Lauren; il secondo era che... beh, a lei piaceva la fica.

Alla fine lui aveva accettato di donarle il suo seme, ad una condizione. Doveva essere presente al momento della donazione. E così era entrata insieme a lui in quella camera anonima, e l'aveva guardato masturbarsi mentre la fissava. Camila si era sentita sporca, e a dir poco disgustata, soprattutto quando lui le aveva chiesto di 'dargli una mano'... o la bocca. Naturalmente aveva rifiutato con decisione, e dopo quel giorno, l'aveva palesemente evitato.

"Matthew, ehi." Lo salutò imbarazzata la cubana, aprendogli la porta per farlo entrare. "Cosa ti porta qui?" Lui le fissò prima spudoratamente il seno, poi la pancia.

"Mh, quindi ci sei riuscita, eh? Speravo ti servisse un'altra...'donazione'." Il suo sguardo malizioso le fece ribrezzo, ma non lo diede a dimostrare. "Magari alla vecchia maniera."

"No, fortunatamente è andata bene la prima inseminazione. Grazie ancora, Matthew." Si avvicinò alla porta con l'intenzione di riaprirla, per fargli capire di andare via. Non si stava per nulla dimostrando l'uomo che sembrava all'inizio. Lui la bloccò prima che potesse farlo.

"Sai, ho sempre pensato che se avessi avuto un figlio, avrei almeno potuto scoparmi per bene sua madre." Le disse, parlando con voce roca vicino al suo orecchio, dopo essersi avvicinato silenziosamente alle sue spalle. Camila sentì la puzza di alcol nel suo alito, e si scostò.

"Grazie di essere passato, Matt" Lui le parlò sopra, innervosito.

"Grazie di essere passato, eh? Avresti potuto dire: grazie di essere venuto." Rise acidamente della sua squallida battuta. "Andiamo, puttanella, non ti va di provare un po' di cazzo?" Camila spalancò gli occhi quando sentì il bacino dell'uomo strofinarsi contro il suo sedere, con un'erezione palese. "Sono sicuro che ti piacerà... Poi sarai tu a chiederne ancora."

"Che diavolo fai?" Lo spinse lontano dal suo corpo, impaurita e disgustata. "Ti ha dato di volta il cervello?" Lui le bloccò le mani, prima che Camila riuscisse a schiaffeggiarlo. Si ritrovò bloccata contro la porta, con lui e il suo ghigno sul viso, a pochi centimetri di distanza.

"Io ho dato una cosa a te, e ora tu ne dai una a me."


Camila represse il senso di vomito che ancora l'assaliva quando lo risentiva dentro di lei. Fu riscossa dallo squillare insistente del suo cellulare. Dinah doveva essere preoccupata. Lo prese, intenzionata a rispondere, così magari l'uomo se ne sarebbe andato senza fare nulla di quello che aveva in mente. Aveva paura, e non sapeva come uscire da quella situazione. Matthew le strappò di mano il cellulare nel momento in cui accettò la chiamata, scagliandolo con furia dall'altra parte della stanza.

La spinse sul divano, tirandole un forte schiaffo sul viso a mano aperta, cosa che la stordì per qualche istante. Se lo ritrovò addosso in un attimo, bloccandola con il suo peso e la sua forza, mentre cercava di spogliarla. Camila iniziò a piangere e pregarlo di smettere, non voleva subire tutto quello una seconda volta.

Lui con una sola mano le teneva bloccate le sue, con l'altra la toccava rudemente ovunque, sordo alle sue parole.

"Sta zitta, puttana. Se sei fortunata, ti metto incinta di nuovo."

I Have Questions - CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora