3. Un Lavoro, Nausea, Juanita

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Fui svegliata da uno spiraglio di luce filtrato dalla finestra. Aprì gli occhi sul baldacchino e sorrisi. Stranamente, sorrisi. Ero sopravvissuta alla giornata precedente. Pensavo sarebbe stato un disastro, invece ero riuscita a capire abbastanza velocemente il mondo di Tess, che d'ora in poi sarebbe stato anche il mio.

Poi il mio sorriso si spense: quel giorno sarebbe stato un intero giorno a Chicago; era questa la vera prova. Mi tirai su, improvvisamente consapevole... di tutto.

In un'altra vita, la sera precedente io e Tess avremmo fatto le ore piccole per le vie della città, così mi sarei tipo... svegliata a mezzogiorno il giorno dopo; dopo un'abbondante colazione-pranzo sarei corsa al pc per chiamarli e dire loro che Tess mi aveva fatto i pancake, che in giornata avremmo fatto shopping e che ero davvero contenta.

In un'altra vita.

Guardai l'ora dal mio cellulare e decisi di alzarmi.

Erano appena le sette, ma in California ero abituata a iniziare presto la giornata. Quando non avevo il turno al bar della spiaggia, ne approfittavo per fare surf. Non sapevo se Tess fosse già sveglia, non ci eravamo accordate per fare colazione insieme. Prima di andare a dormire mi aveva dato un bacio in fronte augurandomi solamente la buonanotte.

Stavo per aprire la porta, quando mi ricordai come ero vestita. Durante il giorno aveva fatto particolarmente caldo, così per dormire avevo optato per degli shorts e una canottiera aderente e proprio non potevo presentarmi così a Tess. Perché la canotta segnava le mie forme. Mi ero informata. In realtà, fino al quarto mese la pancia non era visibile agli altri, mentre agli occhi della madre si percepiva come un bozzetto nella parte bassa della pancia. Era intorno alla sedicesima settimana che cominciava a crescere, però non volli rischiare. Tess aveva assistito alle gravidanze di mamma, magari sapeva molto più di quanto credessi su questo argomento.

E poi come avrei giustificato il passaggio da abiti "normali" a capi di tre taglie più grandi da un giorno all'altro? Decisi di mettermi una delle maglie larghe di mamma, che usava per fare i mestieri in casa. Al pensiero mi si strinse lo stomaco.

La casa era avvolta nel silenzio, così quando vidi Tess sbucare da dietro lo sportello aperto del frigo mi prese un colpo e cacciai un urlo. Anche lei si spaventò.

<<Tess, ma che hai sulla faccia?>>, le chiesi con una mano sul cuore.

<<Questa? È una maschera>>, fece un gesto con la mano, per dire di lasciare perdere.

<<Vuoi il caffè?>>

<<Hai del succo?>>, lasciò lo sportello del frigo aperto e mi indicò un ripiano.

<<Scegli quello che vuoi>>.

<<Wow!>>, mi sfuggì. Per essere una donna single, Tess aveva in frigo una quantità esagerata di cibo! E aveva cinque tipi di succo! Optai per quello all'arancia e Tess diede voce ai miei pensieri inespressi. <<Ho fatto la spesa prima di venirti a prendere alla stazione. Non pensare che io sia una di quelle false magre che si ingozzano di cibo e non ingrassano di un chilo>>.

<<Non l'ho minimamente pensato>>, sorrisi. Mi accomodai su uno degli sgabelli e versai il succo nel bicchiere che mi aveva dato Tess.

<<Stavo pensando...>>, cominciò e una strana sensazione mi salì al petto.

<<Non mi piace il tuo tono. Sembra una minaccia>>, la guardai accigliata.

Prese un sorso di caffè e scosse la testa. Forse mi sbagliavo, ma un'ombra di un sorriso le comparve in volto. <<Ragazza, prima che mi interrompessi...>>, mi scoccò un'occhiata come a dirmi che a volte dovevo stare al mio posto <<stavo per dirti che oggi potresti fare un giro della città e che domani potresti incominciare a lavorare>>, concluse.

Così Lontani, Così ViciniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora