1. Uno Sconosciuto, Tess, Chicago

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Ero a Chicago esattamente da un'ora e stavo aspettando che zia Tess venisse a prendermi alla stazione dei pullman. Osservavo le persone seduta su una panchina. Accanto a me, una signora anziana stava parlando al telefono con il marito, per ricordargli di prendere le medicine.

Non vedrai mai i tuoi genitori invecchiare.

Dei ragazzini mi passarono davanti e le loro voci urlanti e allegre costrinsero la signora a tapparsi un orecchio per sentire quello che le diceva il marito.

Non vedrai mai più il sorriso di tuo fratello, se non nei tuoi ricordi.

Niente zio Joel per Fagiolino.

Chiusi gli occhi e deglutii a fatica. Una fitta di dolore mi trafisse il petto. Mi stavo di nuovo facendo prendere dal panico. Le mani erano sudate e il battito cominciava ad accelerare. Stava arrivando. L'ennesimo attacco di panico. Respira. Respira. Avevo le pastiglie nella borsa, ma non riuscivo a muovermi. Mi voltai verso la signora al telefono, ma non c'era più. Feci vagare lo sguardo davanti a me, a destra, a sinistra, ma le persone erano troppo indaffarate, troppo veloci, non riuscivo a incrociare lo sguardo di nessuno. Il panico stava aumentando e d'istinto, come facevo sempre, pensai a Fagiolino.

Il medico mi aveva prescritto delle pastiglie che potevo prendere senza danneggiare il feto, qualcosa di omeopatico, per calmarmi quando non riuscivo a farlo da sola. "... È meglio che tu non ne prenda tante, Abigail. Quando sai che sta per arrivare un attacco, fai gli esercizi che ti ho insegnato, non prendere subito le pastiglie." Finora me l'ero cavata abbastanza bene, ma stavolta non ce l'avrei fatta.

Chiusi di nuovo gli occhi.

Uno. Due. Tre. Inspirai ed espirai.

Mi trovo in acqua e galleggio.

Quattro. Cinque. Sei. Inspirai ed espirai.

Il sole mi scalda la pelle.

Sette. Otto. Nove. Inspirai ed espirai.

I gabbiani volano alti nel cielo.

Dieci.

Aprii di nuovo gli occhi.

Niente.

Zia Tess, dove sei?

<<Cazzo! Ti richiamo!>>, sentì urlare alla mia destra. Sussultai e mi voltai, giusto in tempo per vedere il proprietario della voce correre nella mia direzione. Si inginocchiò davanti a me.

<<Calma. Respira. Respira. Va tutto bene>>, cercò di rassicurarmi.

Va tutto bene.

Me lo ripeteva sempre mia madre quando avevo la febbre. Invece di calmarmi, cominciai ad agitarmi ancora di più. Alzai lo sguardo sullo sconosciuto che mi stava fissando.

<<È la prima volta che ti capita un attacco di panico?>>, scossi la testa. Lui annuì. Aveva degli occhi incredibilmente azzurri. Mi ricordavano l'oceano.

Mi trovo in acqua e galleggio.

Inspirai ed espirai lentamente. Allungai una mano e strinsi quella dello sconosciuto. Doveva avere la mia età, forse era più grande di qualche anno. Aveva un accenno di barba e l'aria sbarazzina. Al mio contatto, non si ritrasse, né sembrò stupito. Teneva ancora gli occhi incollati ai miei e pregavo che non distogliesse lo sguardo, perché mi stava aiutando a calmarmi. Mi strinse la mano due volte. <<Respira. Respira. Così, brava>>, mi sorrise.

Dio, aveva un sorriso meraviglioso.

Tutto in lui mi trasmetteva pace.

Restammo in silenzio per un tempo che mi parve infinito, eravamo immobili mentre intorno a noi la vita scorreva frenetica.

Così Lontani, Così ViciniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora