2. Eleganza, Efficienza, Entusiasmo

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Fui accolta da un profumo dolcissimo, un misto di vaniglia e cannella e da una melodia classica, diffusa. L'aria condizionata mi sferzò la pelle e passai le mani sulle braccia.

Tess mi fece segno di seguirla.

Le porte girevoli ci accompagnarono in quello che mi sembrava assolutamente un sogno.

L'hotel di Tess era uno spettacolo. La hall era immensa, c'erano tre receptionist alle prese con dei clienti – una coppia di giovani, una famiglia con tre bambini che si rincorrevano per la stanza e un uomo in giacca e cravatta, al telefono – e i fattorini sfrecciavano con i carrelli pieni di valigie, uscendo ed entrando negli ascensori. Tutto era avvolto nel silenzio, le conversazioni erano impercettibili. I rumori della città si attutivano man mano che ci addentravamo nell'edificio. Il pavimento era ricoperto da enormi tappeti antichi. Vicino alle finestre che si affacciavano sulla strada erano stati posizionati diversi divanetti color panna e delle sedute in mogano coordinate a dei tavolini dello stesso modello. L'open bar serviva drink e bevande di ogni genere.

Tess, che procedeva a passo spedito, salutando chiunque le passasse accanto, rallentò in direzione del bar. Al bancone era seduto un uomo che leggeva sul suo tablet sorseggiando del vino rosso. <<Tess, eccoti finalmente!>>, disse lo stesso uomo che scese dallo sgabello per baciare mia zia sulle guance.

Guardai la scena confusa.

<<I 501 devono ancora arrivare, ma ho già avvisato tutti di tenersi pronti>>, continuò con le mani appoggiate sulle spalle di mia zia.

Lo guardai male.

<<Philip, non ti preoccupare, i dipendenti sono stati formati per rispettare le tre E>>, lo rassicurò Tess sfiorandogli una guancia.

Sbuffai, esasperata da quella situazione surreale. <<Cosa sono le tre E?>>, mi ritrovai a chiedere. Di tutte le domande che potevo porre, avevo scelto la più inutile, ma ottenni la loro attenzione.

<<Oh, ma che maleducata! Abigail, ti presento il mio socio in affari, nonché comproprietario del Winter Residence, Philip Dough>>, fece un passo indietro, staccandosi dalla sua presa.

L'uomo, alto quasi due metri, si girò a guardarmi. Anzi, mi squadrò dalla testa ai piedi, posando i suoi occhi castani sui miei capelli spettinati e appiccicosi per il caldo, sulla mia maglietta sformata, sui miei jeans sportivi e sulle mie Convers consunte.

In confronto a lui dovevo sembrare la regina della sciattezza.

Si aggiustò la cravatta blu notte, abbinata al completo elegante di Armani o Hugo Boss o una qualsiasi marca famosa e mi porse la mano, continuando a guardami con un'espressione indecifrabile. Non mi sembrava contento della mia presenza. <<Signorina Abigail, è un onore conoscerla>>.

Io mi limitai ad annuire stringendogli la mano.

Tornò a guardare mia zia. <<Tess, se vuoi scusarmi, abbiamo tanto lavoro da fare>>, si congedò con un abbraccio veloce.

Quei due non potevano essere semplici colleghi. Avrei approfondito la questione più tardi, dopotutto era l'unica famiglia che mi era rimasta.

Sapevi di questo Philip, mamma? E dell'hotel?

<<Abigail, ti faccio vedere la tua stanza>>, mi fece cenno di seguirla all'interno di un ascensore.

<<Non capisco>>.

Dove abitava Tess? Non sarei stata con lei?

<<Adesso vedrai>>, schiacciò il pulsante con il numero dell'ultimo piano.

Così Lontani, Così ViciniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora