17. Qualcosa di inaspettato

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Stavo riposando quando bussarono alla porta. Perché le persone mi disturbavano sempre quando dormivo? Stavolta feci come mi aveva detto Fernando e guardai dallo spioncino prima di aprire.

<<Stuart?>>, rimasi perplessa nel ritrovarmi davanti la guardia del corpo di Matt <<Cosa ci fa lei, qui?>>

<<Devo consegnarle questo>>, mi porse un biglietto.

Lo lessi e capii che ero nei guai.

Un invito.

Matt voleva andare al cinema.

Con me.

<<Cosa dovrei fare?>>, domandai più a me stessa che a Stuart, che invece mi rispose: <<Può riferire a me la risposta>>.

Spostai lo sguardo da lui al pezzo di carta che tenevo nelle mani e feci l'ennesima pazzia.

<<Non... non guardarmi così>>, lo pregai una volta giunta alla sua porta, priva di ogni briciola di coraggio che mi aveva sostenuto fino a quel momento.

<<Come ti starei guardando?>>

Uff, come se non lo sapesse...

<<Mi stai passando ai raggi X>>.

Eppure... Matt mi guardava sempre come fosse la prima volta, era come se cercasse di imprimere la mia immagine nella sua mente, memoria, eppure non si era accorto che aspettavo una bambina.

Perchè è troppo impegnato a fissarti le labbra...

Non avevo il coraggio di guardarlo. Mi sentivo stranamente indifesa sotto il suo sguardo che mi stava esaminando attentamente.

<<Ammettendo che sia vero, come fai a saperlo se ti stai fissando le scarpe?>>

Ok, non vedevo cosa stava facendo, ma Matt emanava energia, pura e semplice energia e io stavo andando a fuoco e dovetti porre una distanza tra di noi. Cercai di farmi spiegare il motivo dell'invito, ma più che darmi risposte, mi faceva domande.

<<Davvero non lo capisci?>>

Cosa dovevo capire? Che provava interesse nei miei confronti? Perfino un bambino se ne sarebbe accorto. Il punto non era quello. Non capivo perché avesse scelto me e perché saperlo mi provocava un senso di vittoria, nonostante subito dopo ripiombassi nello sconforto, ricordandomi che non ero adatta.

Che non potevamo.

Che era tutto sbagliato.

Se solo...

Quando poi se ne uscì con quella frase, mi cadde il mondo addosso. Mi ero sbagliata? Ero solo l'ennesima conquista? Una sorta di intrattenimento? Non avrei giocato al suo gioco. Non mi facevo prendere in giro, ma a quanto pareva non ero abbastanza forte da impedirgli di trattenermi, afferrarmi le mani.

Percepii la ruvidezza del suo palmo, i calli, prova del suo talento alla chitarra, il calore della sua stretta, che mi riportò a quell'ascensore e per le scale.

A mio agio.

Mi sentivo a mio agio a quel contatto, quando facevo fatica ad abbracciare Juanita o a confidarmi con Tess.

Perchè mi fai questo?

Eravamo così vicini che percepivo il suo respiro sulle labbra.

No.

Era solo un ragazzo superficiale, che pensava di avere tutto il mondo ai suoi piedi.

<<Davvero pensi questo di me?>>, domandò.

Così Lontani, Così ViciniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora