3. Il principe voglioso e la principessa sospettosa

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Emma.

Dietro al menù che conoscevo a memoria del solito caffè vicino al lavoro, mi sentivo protetta. Specialmente dopo aver rinunciato al foulard per respirare nei 40 gradi dentro la sala. Harry non aveva smesso un secondo di guardarmi ed ero sicura che se avesse continuato così, mi sarei spogliata davanti a tutti inneggiando un rito d'accoppiamento indigeno che finiva con sedermi sulla sua faccia. Dio mio quanto avrei voluto farlo. Schiarii la voce, sperando vivamente di non avere le ascelle pezzate. «Dunque Emma, dopo aver scrutato così bene lo stesso menù degli ultimi due anni, hai deciso cosa vuoi?» chiese quel simpaticone del proprietario, sorrisi in modo tirato. «Una birra media gelata, signor barista dell'anno» risposi stizzita facendolo sorridere in modo malizioso. Alzai gli occhi al cielo. «Anche per me» prese parola Harry facendo congedare il barista. «Potrebbero anche aggiornarlo ogni tanto» commentai cercando di giustificarmi, Harry sorrise. «Hai tagliato i capelli, mi piacciono. Stai molto bene» disse allungando la mano per toccare un boccolo vicino alla guancia. «Lo so, stavo meglio prima, non sono riuscita a fermare la parrucchiera. Lizzie faceva troppe domande su, uhm» «Me?» domandò passando dal boccolo ad accarezzarmi la guancia e le labbra. Dio, quanto avrei potuto resistere? «Che cosa ci facevi sotto il mio ufficio?» chiesi, senza muovermi dalla sua mano. «Ci sono capitato, stavo andando a trovare un amico e mi sei capitata tu» «Proprio mentre stavi chiamando la rivista per parlare con me, certo è proprio casuale» commentai leccandomi le labbra, lui rise lievemente toccando ancora la superficie umida della mia bocca, per poi portarsi le dite alla sua. Giusto per farmi impazzire. «Uno dei due doveva pur farlo, no?» Commentò retoricamente facendomi l'occhiolino. Mi schiarii la voce. Non ero mai stata così tanto agitata davanti ad un ragazzo, ma suppongo derivasse dalla tensione sessuale. «Ho letto il tuo articolo per caso e c'era scritto dove contattarti. Non sono riuscito a farlo prima di ritrovarmi qui. Il mio amico ha una galleria d'arte poco più avanti del tuo ufficio» spiegò con l'arrivo delle due birre. «Sì, certo, ha senso. Sei un cantante, avrai un sacco d'impegni» aggiunsi al posto suo, bevendo la birra. Lui rise in imbarazzo, corrugai lo sguardo. «No, sono in ferie. Non sono riuscito a farlo prima perché non smettevo di pensarti nuda sotto di me» affermò abbassando la voce, facendomi andare di traverso la birra, e rovesciare di poco il boccale sulla camicetta bianca. «Cazzo» imprecai appoggiando la birra sul tavolo per cercare di asciugarmi con i tovagliolini stupidi del bar, Harry si godeva la scena. «Ti diverte la situazione?» chiesi sbottonando la camicia per facilitare l'asciugatura. «No, Emma. Sono particolarmente eccitato, ma non penso sia il caso di mollare tutto qua e scoparti in bagno» disse rauco. Sussultai. «No?» chiesi in falsetto, mordendomi il labbro, con la mano che teneva il tovagliolo ferma sul seno. Si strofinò il viso con la mano, sospirando rumorosamente. «No. Sì. Cazzo. No. Non è il caso. Giusto?» Ridacchiai riprendendo a strofinare il tovagliolo sulla camicetta, cercando di ricompormi. «Sono a piedi, ho il bus e la metro da prendere per arrivare in tempo per la cena di famiglia. Lizzie vuole presentare un nuovo fidanzato al nostro patrigno, non posso fare tardi» dissi evitando appositamente di guardarlo. «Non è andato bene quindi il brunch in California?» domandò, alzai le spalle. «Va sempre tutto bene quando c'è Lizzie, in mezzo alle persone. Va un po' meno bene quando poi rimaniamo solo noi e tocca a me raccogliere i cocci» risposi con sincerità abbottonando la camicetta. «Da che parte abiti Emma?» «Vuoi irrompere in casa mia stanotte Harry?»

Rise, lo feci anche io. «Ti vorrei accompagnare a casa, senza farti fare mille giri. E poi vorrei evitare di farti guardare ancora con la camicia trasparente e quel reggiseno viola di pizzo che urla di essere osservato. Ha senso quello che ho detto? Mi mandi in confusione Emma. Voglio conoscerti. E fare ancora l'amore con te.» Non c'era lussuria nelle sue parole, era agitato, sembrava sincero. Inghiottii la saliva, poi un altro sorso di birra. Il freno a mano tirò la leva del sospetto e frenai con lui. «Non mi vuoi conoscere veramente Harry, pensi di volerlo perché siamo stati bene. Molto bene. Ma se entrassi in tutto il casino che c'è in me, credimi, ti pentiresti ed io con te. Stiamo ad Hampstead, con il nostro patrigno, ti è di strada? Un passaggio non mi farebbe obiettivamente schifo. Devo inquadrare quel tipo prima che i modi gentili di Matthew interferiscano» conclusi dando l'ultimo sorso. «Mi è di strada, andiamo ho più o meno mezz'oretta per convincerti ad invitarmi a restare» affermò alzandosi dal tavolo per mettere la giacca e una banconota sul tavolo. «E ti prego, in macchina non metterti quel coso nero. Voglio guardarti» concluse affiancandomi, ancora seduta sulla sedia. Mi porse la mano, la presi e mi alzai. «Un'altra cosa Fiorellino: non cercare di trovare strane scuse per evitare la mia presenza» sussurrò ad una spanna dal mio viso, sussultai. «Sei scorretto, le mie non sono scuse. È la realtà» tentai di tenere il punto, seppur traballante sotto il suo sguardo, dal capo chinato sul mio viso. «Voglio entrare dentro di te Emma. Voglio sapere cosa c'è lì. E ti voglio, ancora. E ancora.» Morsi il labbro cercando di frenare il tremolio delle mani congiunte. «Voglio amarti anche io Emma.» Aveva vinto lui. Chiusi la distanza che ci separava con un bacio e me ne pentii immediatamente, eh, ma non riuscii a staccarmi. Un po' perché una parte di me sentiva che quello era il posto giusto dove stare e un po' perché Harry mi cinse i fianchi, abbracciandomi con calore. Lo stesso calore che cercavo muta, senza nemmeno saperlo. Me ne resi conto solo quando si staccò dal bacio e per un attimo mi sembrò di respirare anidride carbonica. Poi mi accarezzò il viso in un sorriso e lasciò un altro lieve bacio sulla punta delle mie labbra dischiuse. Tornai a respirare. «Mi sa che stiamo dando un po' spettacolo, Fiorellino. Ti porto a casa» affermò dolce subito dopo, aiutandomi ad infilare la mantella e portandomi fuori dal locale senza slacciare l'intreccio delle nostre mani, strette l'una nell'altra.

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