22| La mia famiglia

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NOTA: Questo capitolo lascia sottintendere scene crude e pesanti.



Harry.

Quante ore erano passate, tre, quattro? Ci avevano lasciati nella sala d'attesa della stazione di polizia, senza dirci niente. «Nessun aggiornamento, deve rilassarsi», ripetevano ogni volta che provavo a chiedere qualcosa. Stavo perdendo la pazienza e Roger era al limite della sopportazione. «Io non resisto» sbottai, tornando dal team C.S.I. «Ancora lei? Senta. La sua ragazza sta bene, stiamo facendo il possibile per concludere questa faccenda» affermò il tizio più vecchio sbuffando. «Senti tu, sei un cantante, no? Ecco. Pensa a cantare che al resto ci pensiamo noi» Sospirai, girandomi per uscire dalla porta, quando il mio sguardo cadde sulla busta di plastica ermetica con dentro il telefono di Lizzie, abbandonata sopra una pila di carte. M'irrigidii, guardando di sottecchi i due lanciarsi sguardi d'intesa e poi non ragionai: approfittai del momento di distrazione per prendere il telefono e infilarlo nella tasca della felpa, tornando come se nulla fosse da Roger. «Ha chiamato l'uomo, mi ha mandato la posizione del posto dove si è nascosto» «Ottimo, perché da qui dobbiamo andarcene il prima possibile» sussurrai facendogli cenno con il capo verso la porta. Roger sussultò, poi notò il rigonfiamento nella tasca della giacca e sospirò. «Devo dire a mia moglie di preparale doppie le torte» commentò tirandomi dal braccio fuori dalla stazione di polizia. «Speriamo che l'uomo riesca a risolvere tutto alla svelta, altrimenti finiamo veramente nei casini Harry» «Non ha un nome 'sto tizio? Non mi sento molto rassicurato a pagare un tizio senza sapere il suo nome» commentai guardando dallo specchietto, al telefono con Roger, seguendolo mentre girava per una viuzza sperduta. «Sandy» rispose con un mezzo sorriso. «Sandy?» «Sandy. Non si è sentito di cambiare il nome perché era lo stesso della sua amata nonnina, ma non essendo una donna, si fa chiamare l'uomo» aggiunse Roger senza distogliere gli occhi dalla strada. «Figo.»

L'uomo si era apparecchiato in una baracca nei pressi di una discarica di rottami, una di quelle che se non conosci l'indirizzo esatto, non riesci a trovarlo, ma d'altra parte lo scopo era quello: non essere trovato.

Era un tipo bassino e minuto, con la barba incolta e i capelli a spazzola. Portava una t-shirt nera e dei pantaloni della tuta dello stesso colore, senza nessuna marca visibile o particolare evidente come tatuaggi piercing o altro. Era un normalissimo uomo sui trent'anni che in mezzo alla gente non avresti notato. «Ciao uomo, lui è Harry, quello del quale ti ho parlato» affermò Roger, prendendo un'altra sigaretta. «Bene. Iniziamo?» domandò andando subito al sodo. «Mi piaci» commentai tirando fuori il telefono dalla tasca. L'uomo guardò prima il telefono, poi me ed infine Roger. «Mi piace, è un impulsivo» disse con un ghigno, feci spallucce. «No, ma qua stiamo parlando della mia famiglia che è in pericolo» affermai serio. L'uomo annuì, infilando dei guanti di lattice prima di aprire la chiusura ermetica. «Tranquillo, dopo lo ripulisco e lo faccio sparire» mi rassicurò, anche se quello era l'ultimo dei miei pensieri. Attaccò il telefono spento da un cavo al pc, senza dire nulla, digitando sulla tastiera codici velocemente e lo schermo nero si riempì subito di scritte verdi. «Non è proprio furba 'sta ragazza» borbottò ridacchiando. «Cosa succede?» domandai. «Sto entrando nella testa del telefono, con molta più facilità di quello che mi aspettassi: la protezione in questo telefono è inutile. A quanto pare non sono il primo a farlo» rispose sogghignante senza staccare gli occhi dallo schermo. «Posso anche riuscire a vedere le ultime immagini prima che venisse conciato così male» aggiunse, girandosi di scatto verso di me, non appena il telefono iniziò a suonare. «Ti avevo detto di tenere i telefoni in modalità aereo quando sei qui, Roger» ruggì severo. «La mia fidanzata è stata minacciata di morte. Faccio in fretta, è solo Hermione» affermai allontanandomi da loro per rispondere. «Hermione, scusami, adesso non posso parlare» «Non mi risponde al telefono» m'interruppe lei preoccupata, sospirai, mentre l'uomo stava esultando. «Il telefono di Emma è alla polizia, devi chiamarla al telefono della stanza d'albergo è la 707» affermai, attirato dall'imprecazione di Roger: «Cazzo, questo cambia tutto.» «Hermione, devo proprio andare ora che» «Non mi risponde nessuno in quella stanza e anche il concierge dice che non c'è nessuno. Harry, dov'è Emma?» Strabuzzai gli occhi, gelato nel sangue dalla paura. L'avevo lasciata con Ally, non poteva essere stata tanto stupida da portarla dalla sorella psicopatica, non dopo che le avevo detto espressamente di non farlo. Cazzo. «Sto arrivando» dissi prima di mettere giù il telefono, correndo verso la porta. «Harry, che cazzo fai, fermati. Il telefono. Emma. Ally.» tentò di fermarmi Roger, ma non ormai non lo stavo più ascoltando: nella mia testa risuonava la risata di Emma, tra le coccole di un vecchio sabato mattina.

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