23|«Fate in fretta, non so che cosa succederà»

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21 Novembre 2021

Lizzie.


Non riuscivo a dormire ed Emma era troppo impegnata a trastullarsi per farmi compagnia. Quegli occhi grigi erano tornati a farmi visita, quanto tempo era passato dall'ultimo incubo? Mi faceva anche un po' pena, non era in grado di trovarsi un uomo vero, riducendosi ad usare quel vecchio e rumoroso vibratore che aveva da quanti anni ormai? Scossi la testa, infilai la giacca e presi il pacchetto di sigarette con quel rimasuglio di spinello che mi avevano lasciato i ragazzi prima di farmi salire in albergo, sicura che sarebbe bastato per farmi tranquillizzare abbastanza da farmi dormire. In fin dei conti Emma distratta non era male. Scesi dalle scale, fino all'esterno dell'albergo, dai tavolini poco illuminati e mi sedetti in quelle poltroncine comode in vimini. Solo appena acceso lo spinello notai di essere osservata. Era un uomo robusto, alto con le spalle larghe e un sorriso amichevole. Ricambiai il sorriso imbarazzata: Emma mi avrebbe sentita se l'avessi chiamata? «Lizzie, sei tu vero?» L'uomo parlò e l'ansia divenne panico. «T-tu c-chi s-sei?» balbettai, lui sospirò. «Non è triste che per colpa di tua sorella non riesci a riconoscere tuo padre? Pensa quante cose avremmo potuto fare se Emma non avesse raccontato tutte quelle bugie su di me.» Una doccia fredda, gelata. Ricordavo perfettamente il discorso fatto anni prima, quando ancora c'era la mamma ed Emma era tornata a casa da lavoro con la faccia incazzata e un segno rosso-violaceo sullo zigomo sinistro: «Regalino di papà» aveva detto prima di chiudersi in cucina a parlare con la mamma. Io avevo sentito tutto. Diceva che l'aveva minacciata di farci fuori tutte e tre, che voleva dei soldi e che aveva provato a metterle di nuovo le mani addosso. Lo avevano arrestato di nuovo quel giorno. «Emma non dice cazzate» dissi seria difendendo mia sorella. Papà scosse il capo. «Piccola mia, ti hanno fatto il lavaggio del cervello. Tutto questo tempo perso quando potevamo stare insieme, come una vera famiglia: tu ed io. Emma era problematica, lo diceva sempre anche la mamma: la sua ricerca ossessiva di affetto è sempre stato un problema. Ed io ci ho provato, credimi, ho provato con tutto me stesso a dargli quella figura paterna che le mancava, che desiderava tanto, ma non era lei, capisci? Sei tu la mia bambina Lizzie, solamente tu. Non è troppo tardi, possiamo ritrovarci, vieni con me?» Tremavo, ma non era paura. Calore. Era il mio papà e voleva me. Non importava più nulla, erano passati così tanti anni e mi era mancato, avevo bisogno di lui. Mi accorsi che stavo piangendo, mentre annuivo con frenesia nel sorriso della gioia.

Voleva soltanto me.


Harry.


Parcheggiai l'auto nel vialetto di Hermione, nonostante la riserva ero riuscito ad arrivare da lei. Mi sarei messo a correre in caso la macchina mi avesse abbandonato. La porta era aperta, entrai senza troppe cerimonie. «Che cosa è successo qua?» Sussultai. La sala era completamente capovolta, con i divani e i mobili sistemati in modo perimetrale da poter lasciare più spazio nel centro, dove sul tavolo vestito da una tovaglia rosa c'erano dolcetti e salatini, con flute per lo champagne analcolico e piattini di una nuance di rosa più pastello della tovaglia e tovaglioli in pandan. Sul soffitto i palloncini gonfiati ad elio, altri per terra e poi striscioni con su scritto "Baby Harriet cooming soon". «Aveva preparato tutto lei, Lizzie.» Hermione fece capolino con il viso bianco come un lenzuolo e gli occhi di panico. «Siediti. Ti prendo dell'acqua» dissi, andandole incontro, lei scosse il capo: «No, sto bene, sono preoccupata.» Annuii, portarndole comunque il bicchiere d'acqua, facendole segno di parlare. «Lizzie mi aveva contattata diverse settimane fa, dicendo di voler preparare una sorpresa per Emma, una festa, aveva detto, per Harriet. Mi era sembrata un'idea così carina, poi sei arrivato tu e le ho detto di aspettare perché avevate bisogno di stare da soli, per ritrovarvi e poi è arrivata. Ha fatto tutto con Justin, era stato lui a proporre questo giorno perché diceva che sareste stati occupati per il tuo lavoro e quindi distratti. Io avevo solo il compito di andare a comprare i dolcetti alla cannella che le piacciono tanto, quelli che fingo di non sapere che siano nascosti, ma che in realtà vado sempre a sostituire con altri più freschi» disse tirnado su col naso, mentre gli occhi lucidi trattenevano il pianto. «Hermione, avevi la cassetta dello scarico bloccata, te l'ho sistemata.» Una voce maschile familiare fece capolino dalle sue spalle, attirando su di sé l'attenzione. «Grazie Dottor Matthew, non era necessario. Sì, avevo anche il compito di andare a recuperare il Dottor Matthew che non trovava la strada. Sempre un'idea di Lizzie», aggiunse, Matthew le appoggiò una mano sulla spalla: «Niente dottore Hermione, chiamami Matt» la corresse, poi si girò verso di me. «Che sta succedendo Harry? Dove sono le mie figlie?» Come si dice a un padre che sua figlia è una delinquente? Che sta mettendo in pericolo l'altra? «Ho chiamato il numero della sua assistente, quello che mi hai lasciato, ma scatta la segreteria telefonica. Dov'è Emma?» chiese ancora Hermione. Un cappio stretto intorno al collo, c'era qualcuno che stava tirando, ma non era una corda erano mani. Non riuscivo a respirare, la vista era offuscata e davanti a me riuscivo a vedere solo Emma sorridermi, vestita di bianco con una bambina dalla pelle chiarissima e un cespuglio di capelli rossi in grembo. Sorrideva anche lei. Il telefono vibrò dalla tasca dei pantaloni. Era un messaggio, una foto, Ally. Aprii il messaggio con le mani tremanti e per un attimo sentii quelle mani togliermi l'ultimo briciolo di vita: c'era Emma nella foto, spogliata, legata e imbavagliata, proprio a fianco ad Ally, conciata allo stesso modo. E poi una frase prima di un indirizzo: i minori non dovrebbero assistere alla violenza. Prima che potessi reagire, il telefono vibrò ancora, chiamata in arrivo: Roger. «Harry testa di cazzo, che cazzo fai da solo, cazzo! Dove cazzo sei finito, qui è un cazzo di problema e tu prendi e te ne vai via? Stai fermo sei, Emma, l'ha presa, ma sappiamo dov'è, Ally...» Chiusi la chiamata, sapevo cosa voleva dire, avevano preso anche lei e non avevo tempo di stare a sentire i suoi schizzi: gli inoltrai il messaggio, la foto e l'indirizzo e guardai fuori. «Sono in riserva cazzo» bofonchiai, vedendo poi le chiavi della macchina di Emma nel cestino delle chiavi all'ingresso, ma Matthew mi bloccò prima che le prendessi. «Vengo con te» disse. Mi girai verso Hermione, era persa. «No. Stai qua con lei Matt per favore, fai in modo che non le succeda niente, io vi aggiorno non appena posso» affermai con sicurezza, tentando di nascondere l'agitazione in un sorriso. Presi le chiavi e mi avviai all'uscio, fermandomi sulla porta: «Siete la mia famiglia e nessuno fa del male alla mia famiglia».

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