21| Nella tana del lupo?

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Lizzie.

Avevo cercato il telefono dappertutto quella mattina. Non sapevo quanto tempo avessi a disposizione per organizzare tutto, prima che Emma tornasse dagli impegni relativi al suo fidanzato e aver perso il telefono non aiutava di certo. continuavo a vedere l'immagine di questa mattina: lui che l'abbracciava e lei che dormiva beata. Che schifo. Ero appena arrivata e già me ne stavo pentendo. Scossi la testa, cercando di levare dalla testa l'immagine di Harry mezzo nudo rifiutarmi ancora. No. Avevo troppe cose da fare, organizzare, trovare e soprattutto capire come gestire la vecchia. «Toc, toc» Mi girai di scatto verso la porta, tirando un sospiro di sollievo trovando Justin sul cornicione, con un sorriso smagliante. «Il tuo autista è arrivato, pronto per le commissioni ordinate» disse, alzai gli occhi al cielo. «Tu ti salvi perché hai un bel faccino oltre che un corpo sexy, ma altrimenti saresti già stato depennato» affermai, con sicurezza, prendendo la borsa abbandonata sopra lo scatolone. Lui sbuffò, ma non disse più niente, fino all'auto: «Mi devo fermare solo un attimo all'hotel per prendere la bustarella, poi ti porto nel primo posto della lista.» Sbuffai: «Non lo potevi fare dopo? Ho mille cose da fare e non ho tempistiche precise. Lo sai quanto sia importante che le cose vengano fatte nel modo giusto, altrimenti salta il piano e noi non lo vogliamo fare saltare, giusto?» domandai, Justin alzò gli occhi al cielo. «Sia mai vostra maestà» bofonchiò, lo guardai male: «Ci metto un attimo a farti fuori.» Justin scosse la testa. «Lo sappiamo entrambi che non ti conviene. Mi chiedo ancora com'è che fai tutto questo, quando hai una sorella come lei» commentò girando verso una stradina sperduta. Sospirai pensando al sorriso di Emma, poi mi lasciai andare: «Non ho tanti ricordi di quando eravamo piccole, se non di Emma che aveva le attenzioni di tutti, mio padre soprattutto: sembrava che il mondo dovesse girare intorno a lei. Però c'è un ricordo che è rimasto indelebile e credo che sia da lì che abbia le basi il mio egoismo. Emma s'inventava sempre la trama dei nostri giochi, avevamo solo due Barbie perché i soldi per tanti giochi non ci sono mai stati, ma lei faceva sempre in modo che bastassero. Una volta stavamo giocando in sala, mentre papà strimpellava con la chitarra, Emma faceva la mamma ed io ero la figlia come sempre, perché lei era la sorella più grande, però quella volta mi ero ribellata e avevo iniziato a fare i capricci, solitamente funzionava con mamma, ma lei non c'era. Eravamo da sole con papà ed era il periodo in cui si arrabbiava con nulla: prese la mia Barbie e le staccò la testa, dicendo che le bambine che vogliono fare le grandi muoiono prima. Piansi così tanto che alla fine Emma mi diede la sua Barbie e per dispetto le staccai la testa e la nascosi, in modo tale che non potesse più attaccarla, a differenza della mia.» Persa nei ricordi non mi ero resa conto che Justin aveva già parcheggiato la macchina, ma non c'era nessun hotel, solo un deposito deserto. «Quindi sei sempre stata una psicopatica» disse beffardo lui, prendendo lo zaino dal sedile di dietro. Lo guardai interrogativa, scrollando la sigaretta fuori dal finestrino. «Una sorella di merda, sì, da sempre e porca troia, Emma ha sempre continuato a venirmi dietro, eh, mai una volta che mi abbia mandato a quel paese» affermai scuotendo la testa. «Lo farà anche questa volta?» domandò trafficando dentro lo zaino. «Come scusa?» chiesi non capendo dove volesse andare a parare, ma lui non mi rispose, sogghignò tirando fuori un fazzoletto di stoffa e per poi spingerlo sul mio viso. L'odore era troppo forte e non riuscivo a respirare altro che quello, poi sentii la pressione scendere, le palpebre pesanti e poi il buio. Sprofondai nell'incoscienza, dove solo una voce rimbombava, grave, burbera e divertita: «La bambina che gioca a fare la grande, muore prima di tutte le altre.»

Harry.

Emma si era addormentata. Russava serena sotto le coperte e non l'avrei svegliata. Chiusi la porta della stanza da letto a chiave, vestendomi nel salottino per non disturbarla. Roger mi aveva detto di raggiungerlo alla stazione della polizia da solo, facendo leva sul mio senso di responsabilità, come se ce ne fosse stato bisogno. Ci avevo messo esattamente cinque minuti per vestirmi e piazzare Ally in camera come babysitter. «Mi raccomando Ally, non farla uscire da qui. Ti chiederà sicuramente di portarla da Lizzy, ma ti prego non farlo. Almeno non fino a quando saremo certi che non ci sia lei dietro tutta questa storia» le dissi serio, notando la preoccupazione nei suoi occhi. «Tranquilla, non succederà nulla neanche a te» continuai addolcendo il tono, lei annuì. «Stai tranquillo anche tu Harry, a lei ci penso io.» Mi rassicurò con una carezza, indugiando sulla guancia il tocco nel tentativo di trasmettermi più calore possibile. Le sorrisi, ringraziandola con lo sguardo.

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