45. Attenta

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Attenta, stai attenta

Che mi uccidi in questa stanza

E un bacio non conosce l'innocenza

E sei colpevole di questa notte lenta

Proprio come me non hai pazienza

Ricordati degli angoli di bocca

Son l'ultimo regalo in cui ti ho persa

[Negramaro]

***

All'inizio aveva creduto che il ritardo prolungato delle mestruazioni fosse stato cagionato dall'euforia delle fuga e dall'estasi della convivenza; dal nome di Lauren impresso sulle labbra e ovunque lungo il corpo, dalla necessità di liberarsi prima della tensione, e poi volgersi al cambiamento... Invece era ormai evidente quanto si fosse sbagliata; e mai come in quel momento della sua vita l'errore commesso appariva sinistro e deleterio.

Lo realizzò attivamente che sedeva sul fondo asciutto della doccia: tra le mani stringeva ben dieci one-step test positivi. Più li ricontrollava e più non riusciva a capacitarsi di come, che diavolo, fosse potuto succedere, in presenza delle indicazioni del dottor Capasso e della prudenza adoperata.

Alzandosi lentamente, con le ginocchia visibilmente tremanti, fronteggiò lo specchio del bagno. Appuntò l'orlo inferiore del maglione nel mezzo del petto e ruotò lievemente il bacino, così da potersi avvedere del menomo cambiamento che coinvolgeva ventre e addome. Invero, essi apparivano, in qualche modo, convessi.

- Cazzo – imprecò. Tastandosi con dolcezza, e scoprendosi più turgida di quel che si aspettava, gli occhi le si velarono di lacrime.

Colpevolezza e frustrazione collisero nel mezzo delle sue sopracciglia, inducendola a corrugarle e a storcere la bocca in una smorfia addolorata. Che faccio? si domandò, quando la disperazione prese a rotolare sulle sue guance impallidite, in veste di amare stille salate. Per quanto anche Christopher condividesse la responsabilità di quella gravidanza ormai conclamata, di quell'incidente che era essenza dell'ingenuità, proprio non riusciva a sgravarsi di metà del fardello e addossarglielo. Ora che una nuova vita pulsava letteralmente dentro di lei, si preoccupava di come avrebbe dovuto prendersene cura, in totale solitudine. Di certo, meditava, Lauren non vorrà saperne niente.

- Camz? – udì d'improvviso, dopo lo sblocco di una portiera. – Camz, sei sveglia? Possiamo andare? -.

***

La funesta notte era collocabile intorno alle calende di agosto, lo stesso mese che aveva poi conciliato l'unico appuntamento romantico con Lauren, in qualità di donna sposata.

Durante la convalescenza amorosa, per così dire, Christopher aveva cominciato a trascorrere più tempo all'interno del perimetro della propria abitazione partenopea. Dimenticava le pene sofferte per Elena dando fondo alle scorte alcoliche che Tecla gli procacciava su richiesta e, talvolta, quando era annebbiato a sufficienza, scrutava l'eterea grazia della creatura che poteva chiamare moglie.

Era occorsa come una realizzazione; una repentina presa di consapevolezza: Camila Cabello, alias Camila Jauregui, era una giovane già di per sé di bell'aspetto, ma il lusso di cui egli l'aveva circondata e vestita la rendeva quantomai... appetibile.

Così (se Christopher dovesse raccontarlo in prima persona probabilmente non sarebbe certo dei fatti; e allora, seppur a malincuore, sopperiremo noi alla sua mancanza), una sera più propizia delle precedenti, egli le rubò un bacio quasi per caso, con una scioltezza tale che pareva conseguenza di una relazione ormai consolidata.

Camila, che sulla lingua aveva colto un retrogusto liquoroso, non poté fare altro che irrigidirsi. L'ultima complicazione di cui necessitava era un rapporto intimo viziato dai fumi dell'alcol. Tuttavia, allorché egli insistette (insistette sino al punto da prenderla in collo), ella si ritrovò sguarnita di una carta vincente con cui respingerlo. Disgraziatamente, poiché a un certo punto fu preda di un pianto irrefrenabile, dimenticò di cavare un preservativo dal secondo cassetto del comodino di destra.

- Lauren – singhiozzò a fior di labbra, a mo' di scongiuro, prima di reclinare il capo sul cuscino e serrare palpebre e bocca a favore del silenzio più stoico.

***

Riscotendosi bruscamente, Camila si affannò ad alzarsi e a cestinare tutti e dieci i testi di gravidanza. Senza un controllo medico non puoi essere certa del tutto, si rassicurava, nonostante fosse ben consapevole della spicciola possibilità cui poteva appellarsi. Uscì dal bagno in fretta e furia, ancora con gli occhi gonfi di pianto, e, chiusasi la porticina alle spalle, s'imbatté subito nella figura slanciata di Lauren. D'istinto, perché non c'era evento che temesse più di un confronto verbale, le gettò le braccia al collo e la trascinò in un bacio impetuoso, poco coordinato, di quelli che coinvolgono pressoché l'intero viso.

Ella, colta totalmente di sorpresa, mugolò di un acerbo piacere. Stringendola a sua volta, intrufolò le mani al di sotto dei suoi indumenti. Quell'insolito calore che già emanava, sia dai lombi che dai fianchi, era un'autentica gioia per il tatto: un lapillo vulcanico che era possibile custodire al petto senza ustionarsi irrimediabilmente.

- Mmh, Camz - mormorò, scivolando sulla sua guancia. - Va tutto bene? -.

Mentre la cingeva con più forza, Camila annuì vigorosamente. Si sollevò sulle punte, così da sottrarre il lieve turgore del ventre dalla sua portata.

- Ora che ci sei tu... - sospirò, lasciando intendere il resto.

La custodia del nuovo segreto non durò tuttavia più di qualche ora, anzi; durante il corso del pranzo poté giovare di un micidiale innesco: il vivace sfrigolare di quattro uova strapazzate.

Lauren, priorità della quale era ormai il totale e costante benessere di Camila, si era offerta di cucinare ancora una volta; e il relativo motivo di fondo era facilmente riconducibile al fatto che sapesse gestire in sicurezza il fornelletto da campeggio. Aveva preparato una caprese, e poi uno splendido spaghetto rosso.

Innanzi alla mozzarella, la giovane gestante aveva percepito lo stomaco contorcersi appena, ma quando alle narici accolse un penetrante odore di olio di oliva e albume croccante, impallidì sensibilmente. Animata da un bisogno impellente, scattò in piedi. Si precipitò fuori dall'abitacolo e, piegandosi sul muretto che divideva il parcheggio da uno strapiombo, prese a rigettare violentemente. Quando terminò, ormai svuotata di ogni alimento, e tornò eretta, per il poco che la debolezza delle gambe le consentì, a sorreggerla, trovò con gran sollievo Lauren. Armata di un fazzoletto umido, ella le nettò con premura la bocca. Lasciò che si voltasse e, notandola barcollante, tentò di guidarla verso il Transporter.

- No - protestò Camila, contenendo i brividi dovuti alla bassa temperatura esterna in un irrigidimento sistematico. - Ho bisogno di una boccata d'aria -.

La corvina annuì, grave, e rientrò in solitudine. Quando poco dopo ridiscese, l'avvolse nel proprio cappotto, e le allungò uno spazzolino da denti. Aveva ben pensato volesse cancellare la sgradevolezza del vomito, quindi si preoccupò anche di distribuire la giusta quantità di dentifricio sulle setole.

- Quando sei a posto me lo dici, uhm? -.

Depose un lieve bacio sulla sua fronte pallida e risalì a bordo del camper. Realizzò di non provare più alcuna fame, dunque stipò gli avanzi nel frigorifero. Una volta che, lavati i piatti, volle chiudere i sacchi della spazzatura, per poco non ebbe un malore a sua volta. Dovette sorreggersi sulla porta del bagno, mentre, incredula, esaminava ben dieci test di gravidanza; e per giunta tutti positivi!

- Camz? - chiamò con voce tremante, avviandosi verso l'uscita. - Camila? -. Invero, la sorprese già seduta in cabina di guida, raggomitolata sul sedile del passeggero; in viso cupa, negli occhi stravolta. Avrebbe voluto proseguire con qualche domanda che accertasse il suo stato di salute ed emotivo, invece, a bruciapelo, interrogò: - Sei incinta? -.

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